Marlene Kuntz – Lunga Attesa

Genere: alternative rock.

Protagonisti: la formazione della band è la stessa dal 2007 a questa parte, è composta dallo storico trio Godano (chitarra e voce), Tesio (chitarra) e Bergia (batteria) e da Luca ‘Lagash’ Saporiti (basso).

Segni particolari: decimo, e dico decimo, disco in studio per la band di Cuneo che ormai non ha bisogno di alcun tipo di presentazione. Tornano a calcare le scene a distanza di neanche due anni, dalla pubblicazione dell’Ep Pansonica (Columbia/Sony, 2014) che li ha visti protagonisti di un tour tiratissimo e sudatissimo in giro per l’Italia e non solo. Belle cose, in altri termini, che rendono un gruppo immensamente grande.

Ingredienti: Lunga Attesa si apre con Narrazione, un brano grazie al quale è possibile concretizzare la speranza (maturata senza dubbio da tanti dei marleniani negli ultimi anni) di poter risentire quelle chitarre come sempre intrecciatissime ed elegantissime di Godano e Tesio, quei testi che fanno dello stesso Godano una punta di diamante nella scena alternativa italiana e un po’ tutto il resto che ha reso, negli anni, questi quattro bei “giovanotti” (non me ne vogliano se virgoletto!) dei compositori, mi si conceda, con i controcazzi senza mezzi termini. Andando avanti nella tracklist si trova La Noia, titolo ipersuggestivo ed emblematico se si considera la tendenza di tanti a vivere la propria vita all’insegna di sbadigli e nullafacenze (riprendendo indirettamente il ritornello del brano) e trasudante letterarietà per il richiamo al brillante romanzo di Alberto Moravia che propone una morale analoga, sempre vertente sulla rabbia che scaturisce nel vedere chi vive le proprie giornate con inerzia. Chitarre ben forti e come sempre ben collaudate previste nello step subito successivo, Niente Di Nuovo, del quale ogni parola riporta con estrema lucidità un po’ tutto quello che ci ha colpito nell’ultimo anno, dai fattacci di Charlie Hebdo ai “migranti in fuga su dei barconi” e via dicendo, giungendo alla conclusione che non è una novità che accadano cose del genere, osserviamo e ci indigniamo ma nostro malgrado ammettiamo che niente cambierà mai. La titletrack Lunga Attesa rispecchia la fase stilistica più recente della band, dai primi due minuti di forte melodia (sulle orme di Paolo Anima Salva per intenderci) si passa alle “schitarrate” rumorose in stile Due Sogni, brano di Che Cosa Vedi. Leda è esattamente quello che non ti aspetti, non solo dai Marlene in termini generali ma senz’altro da un disco raffinato come quello in questione: sembra un pezzo dei Prozac+ scritto da Cesare Cremonini (nulla togliere ai due, sia chiaro, ma sembra strano stando al fatto che si parla di idee musicali per nulla complementari). La Città Dormitorio e Sulla Strada Dei Ricordi, invece, sono tra ciò che di più affascinante c’è in Lunga Attesa, la prima con quei suoni palesemente affini, all’intro perlomeno, a L’Inganno, memorabile brano di Bianco Sporco, la seconda con quel noise ruggente che tanto rende i Kuntz piacenti. Entrambi lenti, potenti e che lasciano il segno.

Densità di qualità: è esagerato parlare di un ritorno alle origini per la band di Cuneo attiva da quasi un quarto di secolo, è appurato, nonostante questo, ci si trova dinanzi ad un disco che può piacere per più e più motivi e che da prova del fatto che i Marlene ci sono ancora e continueranno ad esserci, si spera, per sempre. Ci sono chitarroni, spesso molto pesanti, c’è un basso che gracchia non appena ne ha occasione, c’è la solita voglia di stupire di Bergia da dietro le pelli e al contempo testi che, tra alti e bassi, colpiscono per inclinazione all’attuale o bellezza lirica. Insomma, tutto aiuta a ricostruire le varie tappe della discografia della band di Cuneo, dalla sonorità lieve e morbida di Un Attimo Divino, per farne un esempio (della quale colpisce oltretutto la parte recitata riconducente a La Lira Di Narciso, si rievoca la stessa intensità della voce di Godano), all’aggressività della già menzionata Sulla Strada Dei Ricordi. I Marlene piacciono, è inutile, riescono a colpire qualsiasi sia il prodotto a cui danno vita; vengono criticati, sminuiti e in tanti casi abbandonati ma è bene riflettere sul fatto che una band di tale calibro, con una mole di anni di carriera alle spalle e con una voglia di rumoreggiare (quasi) come quella di vent’anni fa resta inevitabilmente nella testa, nelle orecchie e nel cuore dei più.

Velocità: varia, rumorosa, melodiosa, bella.

Il testo: “Cammino sulla strada dei ricordi, porta a te. Ruderi e rovine, mi guardo intorno e penso a te. Una canzone arresa e le sue parole dentro di me evocano il sapore di un sollievo impossibile”, da Sulla Strada Dei Ricordi.

La dichiarazione: “Non siamo né ingenui né naif. Abbiamo delle consapevolezze però siamo una band che fino ad ora ha dimostrato di avere voglia di rischiare. La cosa importante è che ci sia la canzone, poi se la rivesti di chitarre o di elettronica non cambia la sostanza. Noi le canzoni le sappiamo scrivere e credo che in questo album di brani con un loro potenziale di memorabilità ce ne siano. Ci assumiamo il nostro piccolo rischio ma c’è tanta gente che è affezionata a quel tipo di suono molto metal, chitarra, basso e batteria, e se ne frega di dove vadano le mode del momento”, da un’intervista rilasciata a TgCom24.it lo scorso 31 gennaio.

 

 

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