Il Teatro Degli Orrori – Il Mondo Nuovo
GENERE: noise-rock.
PROTAGONISTI: Franz Valente (Batteria), Gionata Mirai (Chitarra, cori), Giulio Ragno Favero (Basso, cori), Pierpaolo Capovilla (voce) con la straordinaria partecipazione di Caparezza, Aucan, Egle Sommacal, Andrea Appino, Annapaola Martin e Mara Haregu Pagani.
SEGNI PARTICOLARI: terzo lavoro per il progetto più discusso degli ultimi anni, ritornati alla formazione originale con Favero al basso, sempre fedeli a La Tempesta Dischi. ‘Il Mondo Nuovo’, 70 minuti divisi in 16 tracce, raccoglie l’eredità pesante di ‘A Sangue Freddo’, riflettendone buona parte delle tematiche, divise tra rabbia e sentimento, e proponendo arrangiamenti rinnovati, spinti ancora di più verso orizzonti fatti complessità e innovazione. Testi lunghi utili a raccontare storie; storie in cui si mescolano rabbia ed impotenza raccolte sotto l’ombra dell’immigrazione.
INGREDIENTI: l’avvio del disco è nella mani di Valente, di cui ho sempre amato l’aggressività con la quale offre la sensazione che la batteria non arriverà infondo al pezzo: ‘Rivendico’ è un classico pezzo dei Teatro che sparpaglia subito le carte sul tavola. Segue ‘Io Cerco Te’, primo singolo uscito, dalla struttura meno articolata ma dal risultato efficace. Un basso sporco apre ‘Non Vedo L’Ora’, avvio del ciclo dalle canzoni più parlate che cantate. Struggente ed intensa la conversazione tema di ‘Skopje’ che trasuda nostalgia ed amarezza. Utopia, rabbia ed aggressività in ‘Gli Stati Uniti d’Africa’ che introduce il primo ospite di questo disco. ‘Cleveland-Baghdad’ ripetuto all’infinito è l’angoscia di un soldato, il pentimento verso un lavoro che si mostra, ogni giorno di più, scelta sbagliata. Aucan-Caparezza accoppiata vincente che ben si fonde con Capovilla che entra rabbioso nel ritornello di trionfante di ‘Cuore d’Oceano’. ‘Ion’ (c’è tanto del lavoro solista di Mirai), ’ Monica’, ’ Pablo’, ’ Nicolaj’ vanno a rinforzare il concept dell’album senza però fornire spunti rilevanti e senza distogliere l’ascoltatore dal desiderio di chiamarli “riempitivi”. Fa eccezione ‘Doris’, la cui esplosione musicale del ritornello ricorda tantissimo i primi Teatro Degli Orrori, quelli di ‘Dell’Impero Delle Tenebre’. Chiusura da applausi con ‘Vivere E Morire A Treviso’, pezzo dai semplici ingredienti e dall’emozionante risultato.
DENSITÀ DI QUALITÀ: che all’interno de Il Teatro Degli Orrori ci siano quattro istituzioni dell’indie-rock italiano è innegabile e la fusione dei contributi di ognuno ha il sacrosanto merito di non essere mai banale. Un muro è quello che ti aspetti ed un muro musicale è quello che ricevi, l’ormai famoso ‘Carrarmatorock’ degli inizi. Di produzione in produzione si aggiungono nuovi ed inaspettati tasselli, per una qualità difficile da pareggiare. Non si può parlare di disco non riuscito ma di un disco che richiede un grande sforzo per essere compreso. Alcune scelte di questo lavoro non convincono pienamente, innanzitutto la lunghezza del disco: per quanto si tratti di un concept-album che punta ad un livello qualitativo rilevante, non nasconde alcuni riempitivi evitabili che portano questo lavoro a superare l’ora e a renderlo quindi difficile da sentire per intero. Altra debolezza sta nelle tematiche: l’amore come chiave per raccontare temi sociali, come per il disco precedente, probabilmente funzionerà anche in questo, ma che corre il rischio di diventare un routinario marchio di fabbrica. Dulcis in fundo, Capovilla: c’era una volta un cantante dalle meravigliose imprecisioni e dalle grida provenienti dal centro dello stomaco. C’è ora un oratore che sopra le note ancora grida, ma troppo spesso ci parla.
VELOCITÀ: tante pause, ma quando accelera lo fa sul serio.
IL TESTO: “Ho visto una chiesa bruciare, Gesù Cristo sceso dalla croce, maledirmi in inglese” da ‘Cleveland-Bagdad’.
LA DICHIARAZIONE: “Noi abbiamo fatto un disco molto più commerciale di quelli di prima, ma molto, molto, molto più bello dei precedenti. La nostra coerenza sta tutta lì. Questo è il nostro lavoro. Il Teatro Degli Orrori è uno dei rarissimi casi nella musica italiana, nel rock italiano degli ultimi anni, in cui la parola commerciale non coincide assolutamente con effimero. Qui non ci stiamo calando le braghe, qui stiamo alzando la schiena!”, da un intervista concessa a Rolling Stone.
IL SITO: ‘Ilteatrodegliorrori.com‘.