Guignol – Abile Labile
GENERE: indie-folk-rock
PROTAGONISTI: Paolo Libutti(basso), Raffaele Renne(chitarra), Enrico Berton(batteria),Pier Adduce(voce), Giovanni Calella(produzioni, violino ecc)
SEGNI PARTICOLARI: ormai attivi dal secolo scorso (’99) i Guignol si ripresentano per il loro sesto lavoro con una nuova formazione. L’ingresso di un nuovo bassista e di un chitarrista permettono a Pier Adduce di concentrarsi sul cantato, cosa che per prima salta all’orecchio già al primo ascolto di questo lavoro.
INGREDIENTI: diversi stili attraversano questo lavoro: dal consueto folk-rock, al garage ma e soprattutto è la vena cantautoriale a venire esaltata. La variegata umanità che attraversa i brani spazia da personaggi tetri(Salvatore tuttofare) quasi sempre perdenti, alle vite meste e ‘povere’ ma che cercano di resistere nel loro essere ‘vivi’. Spesso la violenza è nelle parole e solo a sprazzi sfocia in vere esplosione sonore che però non mancano, come in Rifugio di peccatori, con un finale quasi (rock)retrò. Anche “Luci e sirene”, dove steel guitar e violino fanno capolino, rende l’atmosfera molto vicina al country-folk.
C’è spazio anche per il ‘solito’ suono con la sferzante Piccole demone che rincuorerà i fan di lunga via, ma la vera sterzata si ha con un paio di brani che mostrano qual è veramente la nuova viva dei Guignol. Il primo è l’omaggio de Il merlo di Piero Ciampi. L’autore livornese, mai abbastanza celebrato, permette alla band milanese di appropriarsi della canzone che pur riuscendo a rimanerne fedele, potrebbe essere tranquillamente un loro brano. Il secondo brano è la conclusiva Il cielo su Milano cupa e profonda come non mai, si racconta della capitale lombarda come una brutta copia di se stessa, con l’aria irrespirabile (in tutti i sensi) e che riesce a ripulirsi solo grazie al soffio del vento è la degna conclusione di un lavoro di trasformazione: rassegnata, terribilmente lucida ma tra le crepe si intravede la speranza.
DENSITÀ DI QUALITÀ: rispetto a Ore Piccole di due anni fa Abile Labile è più votato al rock aperto e porta ad una nuova dimensione i Guignol. Con questo lavoro riescono ad unire la loro concretezza sonora con un songwriting di uno spessore che finora era stato messo in secondo piano. L’unico neo è l’assenza di un vero brano trascinante, cosa sempre presente negli altri lavori, ma probabilmente l’intenzione è quella di andare altrove e aprire a nuove prospettive e distanziarsi dal passato. Il taglio cantautorale ha preso il posto dell’arrembante rock degli scorsi lavori e sicuramente per i fan di lungo corso non sarà facile ritrovarsi, tanto che questo lavoro potremmo tranquillamente definirlo l’album della maturità e della consapevolezza. L’impressione è che i Guignol hanno ancora voglia di scoprire cosa c’è dietro alle ‘altre’ porte del folk-rock(o come lo si vuole chiamare).
VELOCITÀ: variabile, non molto elevata
IL TESTO: “Se da uno squarcio filtra il sole e irradia e scalda il sole più che altrove / che qui l’azzurro sta appena sui muri o nelle stanze dei bambini / e le stelle brillano solo sugli alberi a Natale nei giardini / e la gente sotto ci si perde senza mai riferimenti… “ (da Il cielo su Milano)
LA DICHIARAZIONE:“Con queste canzoni ho provato a mettere in piedi un mio piccolo immaginario simbolico fatto di figure resistenti e resilienti, ordinarie e straordinarie insieme, solitarie e diverse, avvezze a frequentare tanto i luoghi più oscuri e sordidi quanto a splendere in un gesto di comprensione, pietà o sacrificio, anche estremo”.(Pierfrancesco Adduce nella nota per la stampa)
IL SITO: http://www.guignol.it