Frambo – Routine
ANNO: 2021.
GENERE: Elettronica, pop, canzone d’autore.
ETICHETTA: La Clinica Dischi.
PROTAGONISTI: “Routine” è un disco che parla ad una generazione intera; frambo è un Gen Z, che non è una strana malattia (almeno, non più di quanto lo sia far parte di una qualsiasi altra generazione, con tutti i pro e i contro del caso) ma il termine con il quale si indicano i nati nel terzo millennio. E’ un discrimine importante, questo: il tempo passa, si evolve e cambia le carte in tavola, e con esse i linguaggi e le tematiche di riferimento; il passo tra secondo e terzo millennio sembra cosa da poco, ma non lo è affatto. Nel giro degli ultimi anni Novanta, la rivoluzione tecnologica e mediatica già in atto ha raggiunto l’invasività che oggi conosciamo, facendo sì che quella del 2000 diventasse una soglia dalla quale non si sarebbe più rientrati, trasformando modalità di relazione, schemi valoriali e punti di riferimento. Insomma, frambo parla a sé stesso, prima ancora che ai suoi coetanei, e lo fa utilizzando modalità vocali, autorali e musicali che necessitano di essere comprese e analizzate sganciandoci da tutto ciò che, a vent’anni, avremmo fatto noi millenial. Certo, forse non proprio da tutto: l’amore, la morte e altre sciocchezze simili (per citare Guccini, che frambo stesso pare aver menzionato nel sottotitolo di “Routine”) rimangono i pensieri fissi di sempre, per tutti.
INGREDIENTI: “Routine” è un lavoro che si muove su più livelli, intersecando fra loro letture diverse e tematiche disparate. I riferimenti tematici, in realtà, sono tutti già ben chiariti in “frontespizio”: “Routine” dichiara guerra ad ogni forma di abitudine (o meglio, prova a farlo), proponendo un’idea di amore descritto in modo altalenante come “salvifico” o come “bellicoso”. “Amore, odio e altre bugie” sono i nuclei tematici attorno ai quali ruota “Routine”, oscillando tra echi calcuttiani e scrittura ad impronta tipica del bedroom pop e lo-fi tradizionale; L’Officina della Camomilla rimane forse il nume tutelare di riferimento per frambo, che in copertina (oltre alla semi-cit di Guccini) raffigura, chissà se per qualche forma di tributo, proprio un fiore ed un coltello.
DENSITA’ DI QUALITA’: frambo è uno che ci si fare, e l’età qui c’entra poco: se il buongiorno si vede davvero dal mattino, allora nel caso del cantautore aretino la giornata sembra poter essere davvero splendida. Certo, non manca qua e là qualche ingenuità di scrittura, e la voce del ragazzo sembra ancora in cerca di un proprio “centro di gravità” quanto meno “semi-permanente” e utile a non richiamare, in modo troppo evidente, stili altrui che ridurrebbero, alla lunga, l’originalità del prodotto. La narrazione di “Routine” è fresca, emotiva e ricca di immagini sensate ed efficaci: “Aeroplani” è per distacco il brano meglio scritto, forte della sua metafora centrale sui mezzi di trasporto che permette alla canzone di ruotare intorno a tale centro “poetico” senza stancare l’ascoltatore. “Guerra” e “Tour Eiffel” a loro modo si assomigliano, vuoi per arrangiamenti, vuoi per coerenza del “mood” che propongono; sul primo parlano i numeri (mezzo milione di stream su Spotify, niente male per un esordiente), per il secondo parla il pezzo – che di cose da dire, comunque, sembra averne. “Domenica” si mantiene sul filo rosso di quanto detto sulle precedenti due tracce: la parola “guerra” è forse la più ricorrente in tutta “Routine”, e anche “Domenica” non è da meno. “Lucky Strike” è la mosca bianca, col suo piglio hip-hop vecchia scuola, dell’intero EP; forse leggermente più convenzionale degli altri pezzi, ma di certo efficace a mostrare la versatilità di un artista poliedrico, che se crescerà bene farà parlare ancora di sé, e con toni sempre più entusiasti.
VOTO: 7