Edda – Semper Biot
GENERE: rock-blues acustico.
PROTAGONISTI: Stefano Edda Rampoldi (voce e chitarra acustica), Andrea Rabuffetti (armonium, chitarra acustica, chitarra elettrica, kalimba, laud, mandolino, synth).
SEGNI PARTICOLARI: non è necessario sapere chi sia Edda per ascoltare quest’album. Non è necessario nemmeno aver mai ascoltato una canzone dei Ritmo Tribale per farlo e, probabilmente, non è necessario neppure essere degli appassionati di musica indie. Come sosteneva la mia professoressa di lettere del liceo, “non è necessario conoscere il poeta per apprezzare la poesia”. Perché di poesia si tratta. Non soltanto per quanto riguarda i testi, ma a livello di vera e propria sensibilità musicale. Un’opera emozionante, che parla del (non) senso della vita, che sa far divertire quando tira fuori dal cilindro magiche escursioni in dialetto milanese e che sa far commuovere quando concepisce la vita come impossibile realizzazione dei propri desideri, dentro una realtà nella quale l’impresa è la sola sopravvivenza.
INGREDIENTI: ‘Semper Biot’ è un album assolutamente unico nel panorama musicale italiano. La lezione dei grandi maestri grunge viene finalmente assorbita e rielaborata, laddove né gli Afterhours e neppure i Verdena erano riusciti ad apprenderla appieno. Non è difficile immaginare un qualsiasi artista che abbia vissuto quell’epoca dorata abbracciare una chitarra acustica e attaccare una versione inglese di capolavori come ‘Yogini‘ e ‘Amare Te‘.
DENSITA’ DI QUALITA’: altissima, a partire dalla prima bellissima traccia ‘Io e Te‘. Un brano tesissimo, che mette immediatamente in guardia l’ascoltatore. Un’introduzione nell’universo di Edda, sofferta e visionaria. Il violino del grande Mauro Pagani esalta il contesto, facendolo risplendere di una tragicità inconsueta. ‘Scamarcio‘ è una incursione nei lidi più estremi e allegorici, più difficili da interpretare. Ed è proprio la capacità di comunicare immagini poco percepibili alla razionalità umana in maniera talmente devastante e disturbante a rendere ‘Semper Biot‘ una imprescindibile riflessione sull’esistenza. Come già anticipato, ‘Yogini‘ e ‘Amare Te‘ sono due gemme di una bellezza straordinaria. La prima è la dichiarazione di un desiderio di redenzione che non può realizzarsi (“Come vedi mi perdono solo a metà“), mentre la seconda può essere letta come una canzone d’amore, di un amore spirituale, che ‘esiste’ pur nel mezzo di cotanta astrazione. “E tu dovresti stare qui, colmarmi i vuoti i fondi i limiti” è una considerazione assoluta, quale altro può essere altrimenti il significato di quel sentimento? ‘Organza‘ rappresenta in parte un’auto-assoluzione accompagnata, però, sempre da un desiderio di vita che non può essere appagato (“Si può sempre stare peggio nella vita ma a volte vorrei di più“). La tensione emotiva può rilassarsi soltanto nella conclusiva ‘Per Semper Biot‘, divertente canzone dialettale che chiude l’album in maniera quasi beffarda. ‘Semper Biot‘ è una raccolta di sensazioni e di visioni che non possono avere un significato univoco e la loro stessa interpretazione può essere paradossalmente quella di non avere un senso. A proposito di visioni, vengono in mente i due capolavori dei fratelli Coen, ‘Non è Un Paese Per Vecchi‘ e ‘Burn After Reading‘, il primo una commedia travestita da dramma e il secondo un dramma travestito da commedia che hanno in comune un’unica conclusione: la vita non ha senso. E per quanto sia possibile viverla in tutte le sue sfaccettature, comiche e drammatiche, noi non siamo in grado di coglierne il motivo. Esattamente quello che Edda, munito di una chitarra acustica e di una voce sensazionale, ci spiega in queste meravigliose dodici canzoni.
VELOCITA’: un album di straordinaria tensione, che non si abbandona mai a gratuiti scatti di violenza sonora.
IL TESTO: “Voglio morire felice di morire / Voglio ammalarmi per non soffrire / Voglio vedere come vado a finire / Voglio impazzire per non morire“, da ‘Yogini‘.
LA DICHIARAZIONE: “‘Semper Biot’ è un invito a farsi vedere per ciò che si è, senza maschere e finzioni. C’è la vita, la morte, la poesia, l’oscurità, la luce, la ricerca, l’amore, tanto amore dentro. La bellezza e la schifezza di ciò che ci gira dentro.”
IL SITO: ‘Myspace.com/stefanoeddarampoldi’.