Dust – On the go

GENERE: Alt-Rock

PROTAGONISTI: Andrea D’Addato (Voce), Riccardo Carissimi (Chitarre), Andrea Giambelli (Chitarre, voce), Francesco Lodovici (tastiere, sintetizzatori), Gabriele Prada (Basso, voce), Muddy Brambilla (Batteria, Percussioni).

SEGNI PARTICOLARI: Avevamo lasciato i Dust nel 2012 con l’EP Kind, che aveva già creato grandi aspettative nei loro confronti. Da allora i sei ragazzi di Cormano hanno maturato esperienza da vendere sui palchi della Lombardia e di altre parti d’Italia e hanno cercato di trasferirla nel loro primo LP. On the go nasce così sull’onda di una maturità acquisita ed esce a Marzo 2015 per la Sherpa Records. Il disco è registrato a Vimodrone (MI) al Purania Studio e vede Simone Sproccati al mixaggio.

INGREDIENTI: Disco di respiro internazionale, On the go si muove su terreni aridi e sulle autoroutes da scenari di film americani. E così si ha a che fare con un pop-rock caldo e secco, che non disdegna però riferimenti alla dimensione dark dei National, soprattutto quando la base ritmica accelera leggermente. L’impressione è sicuramente rafforzata dalla voce di Andrea D’Addato, abbastanza profonda e scura da equilibrare il classico con l’alternativo. Ci si trova così su un disco che ha due lati prevalenti che si completano, da un lato l’America e i viaggi coast to coast con le ruote che si consumano sulla strada, dall’altro l’Inghilterra e la malinconia latente,l’introspezione, i cieli tersi e la voglia di evadere. C’è del soggettivo in quanto descritto, tuttavia può essere una buona chiave di lettura per un album che fa dei riferimenti esteri il suo punto forte, persino nella padronanza della lingua inglese e nella ricercatezza di alcuni testi.

DENSITA’ DI QUALITA’: Dicevamo, allora, che attendevamo al varco una band che aveva già lasciato intravedere spiragli positivi nel precedente episodio e possiamo certamente affermare che questo sia il lavoro della maturità artistica. L’impressione è repentina, già dal primo brano Millennium, con una cupezza che lascia tracce grazie al ritmo incalzante e un intro di chitarra che rimane in testa. La parte centrale dell’album vede un alternarsi di brani dal più ampio risalto melodico con un robusto scheletro di chitarre acustiche, come It’s been a long time e I’m not here, che potrebbero vagamente ricordare le ballate dei City and Colour più in forma, lato che sfocia in uno dei pezzi più riusciti a tutti i livelli, la title-track On the go, di una profondità disarmante. Dall’altra parte le linee ritmiche più forti di brani come Cinema pt.1 e Drifted alla fine lasciano quasi un retrogusto “post-punk” facendo intravedere il lato più secco e martellante della produzione dei ragazzi di Cormano. Non mancano le sperimentazioni di Nell’aria, unico brano in italiano a metà tra la dolcezza di una ballad e il tessuto sonoro di un pezzo post-rock con le sue variazioni ritmiche e melodiche.
Alla fine dei conti, quello che riesce a rimanere oltre le sensazioni è la soddisfazione che un gruppo italiano sia riuscito a produrre un lavoro simile prendendo sonorità che hanno molteplici rivisitazioni illustri e non limitandosi alle citazioni. Un gruppo versatile nelle idee e nella loro realizzazione che ha fatto sì che non dovessimo ricordare l’EP del 2012 come un caso di bravura isolato e che ha reali possibilità di affermarsi come punto di riferimento.

VELOCITA’: Circa 43 minuti di adagio con qualche accelerata sporadica e nemmeno troppo brusca.

IL TESTO: “You’re chasing streetlines/ That nobody knows/ You’re carrying burdens/ That nobody knows/ You ask the maker:/Well, since I did my time/and my signs will fade out/will anybody my value?” da Cinema pt.1.

LA DICHIARAZIONE: “I testi, come le musiche, sono stati sottoposti a un procedimento di sottrazione e spesso raffigurano due individui (forse amanti, forse amici o, addirittura, fratelli) non identificati, che abitano uno spazio privo di riferimenti concreti. Queste figure indefinite, che sembrano muoversi nelle canzoni come dei fantasmi, sono la fotografia di un’intimità ambigua, dissolta, ma, comunque, necessaria. Quella di “trovare un proprio posto nel mondo”, è una tematica ricorrente che si traduce prima di tutto nel lasciare un traccia di sé nell’altro, nel creare una complicità” da un’intervista ad ondarock.it.

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