Dente – Dente

ANNO: 2020
ETICHETTA: Inri, Picicca
GENERE: cantautorato pop

PROTAGONISTA:
Dente, o anche Giuseppe Peveri, che qualche anno fa, quando ancora c’era il fascino delle rockstar, esordiva Il Teatro Degli Orrori e c’erano gli emo su MTV, faceva capolino alla scena musicale italiana: un cantautore sfacciato quando i cantautori non erano di moda, così come le canzoni tristi, prima dell’indie. Dente era arrivato prima di molte cose, riuscendo ad anticipare gli anni Dieci con tranquillità e stile, ed è innegabile che qualsiasi ragazzino che sogna il palco (anche fosse quello più piccolo) del Miami con una chitarra acustica in mano debba davvero molto al signor Giuseppe Peveri. Per quanto non sia chiaro quanto voglia prendersene il merito, Dente ha dettato in questi suoi quindici anni di carriera i canoni del nuovo cantautorato pop, degenerato in it-pop, nonostante la sua aria innnocente che ha di fatto distrutto l’immaginario alcolico e decadente del musicista, per sostituirlo con quello dell’ironico e cinico ragazzo della porta accanto. Chi è di Milano ben lo conosce e riconosce, ad ogni evento o eventino con il suo bicchiere in mano, al concerto dell’amico, dell’amico dell’amico, e a più o meno tutte le presentazioni dei dischi dei suoi colleghi, come ad osservare orgoglioso come sta andando il suo retaggio musicale.

INGREDIENTI:
Qui dentro sembra esserci un po’ la sintesi di tutto quanto già successo fino ad ora, è un album che apprezzeranno i fan, perchè sincero diretto, riconoscibile, che arriva dopo una lunga assenza e che finalmente possiamo colmare. E piacerà anche a chi Dente non l’ha mai considerato, perchè è un disco nuovo, ben confezionato, anche un po’ asettico, più digitale rispetto a quanto siamo abituati, eppure sempre di una cura e delicatezza tipica di Dente, di chi vuol dire senza fare male, dalla quale non è possibile non venire sopraffatti. Meno drammi, forse meno passione, ma una coerenza stilistica immensa (pur sapendosi ingegnare e re-inventare continuamente) che, per un artista in giro da così tanto, non è possibile non ammirare.

DENSITA’ DI QUALITA’:
Ecco quindi il nuovo album, omonimo. Quel momento in cui ci si ferma, si tirano le somme, e si decide di chiamare il proprio album con il nome che ci portiamo addosso che mostra in copertina la tua faccia, un prima e un dopo. Ed è un po’ la sensazione che porta questo disco, che abbandona le atmosfere acustiche tipiche del cantautore emiliano, per abbracciarne di nuove, elettroniche e soffuse. Un reinventarsi senza spaventare. E non c’è più l’amore tormentato, la polvere sotto al letto che è più triste del protagonista dei versi, le canzoni a metà, e non ci sono più dolorose assenze, c’è l’amore, la quotidianità, la tranquillità di chi ormai è diventato grande, più sfacciatamente radiofonico, forse meno audace, ma estremamente sincero. Ed è questo che su Dente sembra vincere sempre, quella schiettezza un po’ rassegnata e ironica di chi ti dice che sta male, ma anche la stessa di chi, per una volta, ti dice che sta anche, banalmente, bene. Questo disco è per tutta la generazione che s’è fatta le macchinate sotto la pioggia per raggiungere Dente al Magnolia nel 2014 (in apertura un insospettabile Lucio Corsi) e che adesso forse resterebbero a casa, a chi preferisce ora i dischi ai concerti, per chi non fa più tardi durante la settimana. Un disco sincero per chi è diventato adulto.

  • 7.5/10
    Voto - 7.5/10
7.5/10

Giudizio riassuntivo

Un disco sincero per chi è diventato adulto

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