Capra – Sopra la panca
Genere: un disco garage, tra l’indie-rock e il post-hardcore, con testi d’autore e soprattutto un cuore grande così.
Protagonisti: Capra, voce e chitarra dei gazebo penguins, è voce e chitarra anche qui, insieme a Roger de Il Buio alla batteria e Suri che fa le tastiere e i cori. Registrato all’Igloo da Sollo che fa i cori anche lui. Ci sono poi la voce di Agnese in Reset e le parole di Jacopo Lietti in Margherita di Savoia.
Segni particolari: per la produzione di Sopra la panca (uscito il 14 aprile), oltre alla consueta To Lose La Track, c’è la sorprendente presenza della Garrincha Dischi, una casa discografica che di solito promuove generi e si muove in ambienti apparentemente molto diversi. Ma quello che conta in questi casi sono le relazioni che si creano fra le persone, le motivazioni che spingono gli artisti a fare delle scelte, l’attitudine con cui uno fa quello che vuole fare, contano invece un po’ meno il genere, il tipo di pubblico che uno si aspetta e gli haters, che tanto continueranno ad esistere. La ‘famiglia’ Garrincha Dischi si allarga in questo caso co-producendo un album post-hc(?) e se a qualcuno dispiace, peccato per lui.
Ingredienti: Capra vive con Agnese ed Ester a Zocca, il paesino in provincia di Modena che ha dato i natali a Vasco Rossi. Un po’ fuori Zocca, a dir la verità, infatti “i suoi vicini di casa più vicini stanno più o meno a quattro chilometri di distanza” (da un’articolo uscito su Bastonate, l’equivalente per ‘Sopra la panca’ della prefazione di Makkox a “La profezia dell’armadillo” di Zerocalcare). Questa cosa c’entra, perché la vita di Capra è l’ingrediente più importante del disco e la vita di Capra si svolge tra il furgone e l’orto, fra la sua famiglia e l’Igloo di Correggio. È un disco intimo e personale, che parla di affetti, di quotidianità, di fare le scale con l’ampli, dar da mangiare agli animali e suonare. ‘Sopra la panca’ è un disco che parla e vuole parlare tantissimo del suonare.
Ma vanno dette ancora un paio di cose sul contesto di stesura e composizione del disco, prima di entrare nel merito. Sopra la panca viene scritto così: per un mese (ottobre 2014) Capra ascolta un po’ di scena garage, da Ty Segall agli Oblivians, cercando suoni e testate degli ampli che lo convincano. Poi si dà due mesi per fare tutto, inclusi i cinque giorni di registrazioni – terminate il 31 dicembre dello stesso anno. Si dà delle limitazioni, Capra, perché quando sei in una band c’è un processo democratico in cui tutti hanno più o meno il controllo di quello che viene fuori, ma quando sei da solo il controllo o ce l’hai tu o non ce l’ha nessuno. Allora Capra fa come i francesi della letteratura potenziale (il movimento OuLiPo di Queneau) o il Calvino dell’ultimo periodo: si crea dei blocchi temporali e ben scanditi in cui comporre, senza la possibilità di sgarrare, così da stimolare la creatività – oltre che l’efficenza. Perché scrivere è, prima di tutto, una sfida.
Sopra la panca è una raccolta di racconti, situazioni e divagazioni anche molto personali, filtrati dalla prospettiva del suonare. Sono un esempio Scaletta, La finta non è la fine e ancora di più Mio padre faceva il fabbro, che racconta il rapporto di Capra con il padre collegandolo al suo rapporto con la musica. In una bella intervista per Rockit viene mostrata la connessione tra questo pezzo e la canzone dei gazebo penguins Riposa in piedi (contenuto in Santa Massenza, lo split con Johnny Mox realizzato per il Recor Store Day 2014).
In Sopra la panca si trovano tante sfaccettature di Capra: la pizza del mercoledì nel video de Il lunedì è la domenica del rock, l’amore per la sua famiglia in Reset, traccia conclusiva dell’album dedicata alla figlia Ester che ospita un cameo della compagna Agnese, l’amore per la musica e la passione per la letteratura. Tra le diverse scelte stilistiche del disco, c’è un’intuizione particolarmente avanguardistica, probabilmente la cosa più sganciata e più post (postmoderna? posthardcore? postdemenziale?) di tutto l’album: in MLVGRL, che ha una struttura quasi banale, strofa coi chitarroni garage seguita da un bridge più pulito fino all’esplosione-tripudio-da-pogo-violento geniale del ritornello: l’urlo del proprio codice fiscale. Può sembrare la separazione definitiva fra testo e musica, la definitiva consacrazione dell’utilizzo della voce come strumento musicale e non più come canale per un messaggio, portatore quindi un significato. È una cosa che ti aspetti dai NanowaR of Steel, non da Capra. Ma anche se fosse una presa in giro o meglio una paraculata è talmente colta e immediata da spiazzarti. Che poi sempre MLVGRL potrebbe contenere anche un grande verità: se sei un musicista e devi per esempio compilare il borderau, avere imparato a memoria il tuo codice fiscale può solo farti comodo.
Un inserto quasi (quasi) fuori contesto rispetto agli altri brani di ‘Sopra la panca’ è Margerita di Savoia, con quel ritornello straziante scritto da Jacopo Lietti (Fbyc) che dice: ‘Tu sei per me / quella partita a ping pong / che non dovevo giocare’. Margerita di Savoia è anche uno dei pezzi musicalmente più interessanti dell’album, perché offre delle soluzioni molto più varie rispetto agli altri, creando un’atmosfera più distesa e avvolgente, pur rimanendo un pezzo abbastanza tirato, sofferto e veloce.
Densità di qualità: la sfida con la scrittura Capra la vince facendo uscire qualcosa di molto diverso da quello che scrive con i gazebo penguins. In Sopra la panca c’è una concisione ungarettiana, una serie di epifanie limpide (sonore o testuali) intorno alle quali vengono costruite le dieci tracce. Non c’è quel percorso, in cui i pinguini come ancora di più i Fine before you came sono maestri, del partire dal dettaglio poi andare all’universale per poi tornare al dettaglio iniziale, che dopo quest’altalena ha una luce e dei signifcati nuovi. Qui c’è solo il dettaglio, che è già metonimia, senza didascalie, senza spiegazioni, ma anche senza troppo ermetismo. Summa di questo è l’unico verso della canzone Pierre Menard, centro aritmetico nonché sintesi della sintesi dell’album: ‘Se dovessi riscrivere la mia storia con te / farei come Pierre Menard’. Pierre Menard è un personaggio di J. L. Borges che agli inizi del XX secolo scrive il Don Chisciotte, che non è il Don Chisciotte di Cervantes, ma appunto il Don Chisciotte di Pierre Menard, doppio – ma non copia – dell’originale (un breve approfondimento su minimia&moralia). E non è facile scrivere una canzone d’amore più cristallina di questa, con una metafora al tempo stesso così colta e diretta.
I limiti in questo disco ci sono ma sono talmente necessari e consapevoli che forse non ha neanche senso citarli. Che poi per richiedere a uno come Capra maggiore ricerca e originalità musicale, ce ne vuole, visto che: “Sulle chitarre di ‘Sopra la panca’ è stato fatto un lavoro pauroso. Ci sono quelle pese che riempiono tutto, poi ci sono quelle sotto, precise come le gocce d’acqua che cadono dove devono” (da Neuroni). È un disco che appartiene a quel mondo lì, dell’indie-rock che fa sudare, a tratti in maniera ricercata, esplosiva e originale, a tratti no – e i chitarroni in quei momenti lì riempiono più del necessario. È un disco autoreferenziale nel modo in cui un’autobiografia o una foto di famiglia non possono fare a meno di essere. Capra è quell’amico che non ti ha mai fatto vedere i video delle sue vacanze (se mai di vacanze ne ha fatte), non ti ha mai raccontato di quando stava male dieci anni fa, non ti ha mai fatto i pipponi su quanto sono belli i suoi libri preferiti. Però quando sceglie di farlo fa tutte queste cose insieme e lo fa nella maniera che più a lui si addice, cioè suonando.
Ma il merito più grande, oltre lo sforzo di scrittura, oltre le immagini personal/universali, è che come ‘Die’ di IOSONOUNCANE, anche ‘Sopra la panca’ è un disco politico. È un disco politico proprio perché non parla di attualità. O meglio, parla di cose attualissime, cioè delle cose che sono capitate a Capra ‘negli ultimi due anni’: per chiamare un pezzo Galline e riuscire a mostrare attraverso una semplicissima storia – spoiler: una gallina che muore – l’inadeguatezza tua, della tua generazione, della tua società e del modello economico in cui viviamo, raccontando la necessità e l’importanza della terra, per fare questo devi avere un talento speciale, che è quello di Capra per la scrittura, accostato ad una visione del mondo più o meno precisa, o almeno un’idea precisa del tuo, di mondo. ‘Sopra la panca’ ha dei testi stupefacenti e il suono che uno si immagina un disco di Capra debba avere.
Velocità: dura solo mezz’ora ma è un disco molto denso, con quella voce un po’ lontana che per ascoltarlo bene consigliamo qualcosa più delle le casse del portatile.
Testo: ce ne sono almeno due da segnalare: ‘Non voglio illudermi / ma guardarti addormentare / cancella un po’ di paure’ in Reset e ‘Ho un orto che fa schifo e non so fare il pane / arrivo in ritardo e spesso scordo i testi ma / un consiglio so che te lo posso dare: impara a memoria il tuo codice fiscale’ in MLVGRL
Dichiarazione: [parlando di Reset] “Poi, a dicembre, fu Agnese a chiedermi di cantare nel pezzo o se potesse essere interessante. All’inizio ho avuto dei tentennamenti, perché mi sembrava a rischio diabete che l’ultimo pezzo parlasse di mia figlia e ci fosse anche la mamma a cantare… ma in realtà mi sono poi convinto che questo connubio di cose, che è agli antipodi del rock-n-roll, lo diventasse al 100% per contrappasso dantesco quasi. Sono molto contento di averlo chiuso così.” da un’intervista per Rockit.it che merita la lettura integrale.