Brunori Sas – Vol.2: Poveri Cristi
Cominciamo con l’affermare che ‘Vol.2: Poveri Cristi‘ segna una nettissimo passo in avanti per il cantastorie cosentino. Se dunque aveste applaudito il suo ‘Vol.1‘ (2009), non potrete non farlo anche per questo suo seguito. Che ripropone in maniera piuttosto fedele, ma molto più ricca, lo stile (solo apparentemente) leggero e scanzonato già apprezzato due anni fa. L’evoluzione a ‘Vol.2‘, che è un vero e proprio ‘2.0’, comporta in primo luogo un cambio di prospettiva, dalla cronistoria in canzonette della propria esistenza al racconto di vite parallele accomunate dalle sfighe più varie. E proprio in quest’ottica il termine ‘cantastorie’ che abbiamo utilizzato poco sopra assume una significanza centrale in quello che vogliamo comunicare in questa nostra personale apologia di quest’album. Sono infatti i racconti di Dario il punto forte del suo nuovo disco: terribili, commoventi ma anche credibili e facilmente assimilabili alle proprie esperienze di vita. Come ‘Il Giovane Mario’, che dopo aver speso tutti i propri risparmi in elettrodomestici a rate e gratta e vinci, tenta il suicidio sentendosi impotente di fronte alle responsabilità nei confronti della propria amata famiglia, peraltro neanche riuscendovi. Come la consapevolezza di un amore che finisce (‘Lui, Lei, Firenze’), come la storia di ‘Rosa’, promessa in sposa a un’emigrante che quando torna al Sud da invalido civile per dare seguito all’impegno la trova in procinto di maritarsi con un altro. O ‘Il Suo Sorriso’, esilarante e al contempo amarissimo duetto (con Dente) sul tema del migliore amico che ti frega la fidanzata. Per non parlare del groppo in gola di ‘Bruno Mio Dove Sei’, tributo affettuosissimo e commovente al padre dell’autore, scomparso qualche anno fa. Una capacità descrittiva attenta al dettaglio che è quasi cinematografica, un disco dal quale si potrebbero trarre una decina di cortometraggi che con difficoltà, però, potrebbero essere altrettanto esaurienti ed emotivamente coinvolgenti rispetto a queste canzoni. Che, se ascoltate con poche precauzioni emozionali, possono anche fare piangere (“Quando riprese coscienza / Aveva un gran mal di testa / Nella sua mano quella di Maria / Maria con gli occhi di una madre / Che perdona l’ennesima bugia“, da ‘Il Giovane Mario’), sebbene ognuna di esse, e l’esempio che vi abbiamo appena fatto è fulgido a riguardo, lasci in ultima istanza trasparire un barlume di speranza. Una sorta di filosofia che si potrebbe rozzamente riassumere nell’assunto: “la vita è bella anche quando c’è la sfiga.” Il passo in avanti di Dario Brunori è evidente anche dal punto di vista musicale: produzione hi-fi, una vera e propria orchestra a supportarlo per ognuna delle canzoni, con l’abilità dei musicisti che viene fuori con evidenza nei brani più tirati come ‘Rosa’ e ‘Animal Colletti’ (grandissimo titolo, è un duetto con Dimartino, altro nuovo prodigio del cantautorato in italiano da tenere d’occhio). Il riferimento principale è sempre e senza dubbio Rino Gaetano, ma ‘Poveri Cristi’ ha anche il valore di una ragionata carrellata su molta della tradizione nostrana, da Dalla a De Gregori, da Concato a Graziani, alla modernità di un Dente passando ovviamente per l’immancabile Battisti. Tutti sapientemente e opportunamente miscelati ed amalgamati al di là del tributo e delle influenze certamente avvertibili e presenti, con una più che discreta varietà stilistica tra un brano e l’altro e un paio di trovate semplici ma geniali (il crescendo “Bacio! Bacio! Bacio!” in ‘Rosa’). A chiudere il cerchio, un’innata capacità, già evidenziata nell’album precedente, nella creazione di melodie che rimangono in testa dopo un paio di ascolti. Insomma, giù il cappello e complimenti vivissimi.