Ash Code – Posthuman
Genere: electro, dark wave.
Protagonisti: Alessandro Belluccio (voce, synth), Adriano Belluccio (basso), Claudia Shonenacht (voce, synth, tastiere).
Segni Particolari: Giovane trio di Napoli, l’esordio discografico degli Ash Code è avvenuto nel 2014, con Oblivion, per l’etichetta italo svizzera Swiss dark nights. Il disco è stato accolto positivamente da pubblico e critica, non solo a livello nazionale, ma anche (soprattutto?) all’estero. Nel febbraio 2016, esce il loro secondo disco, Posthuman, sempre per la medesima etichetta.
Ingredienti: Chi l’ha detto che l’oscurità e la solitudine siano qualcosa da temere? E’ proprio vero che bisogna avere paura del buio? E’ al calar della notte, è nell’isolamento che possiamo cercare e ritrovare noi stessi. Quando siamo avvolti nelle tenebre vediamo tutto più chiaramente: It’s time to face the abyss, e non importa quanto farà male perchè “There are no other ways, no excuses”. Questa è la traccia inziale del disco, che ci introduce in un luogo cupo e alienante. La voce profonda e monotono di Alessandro si innesta ai crescenti suoni delle tastiere e ai ritmi martellanti di una drum machine, così creando un senso di inverosimile claustrofobia. L’ascolto di questo primo brano è già sufficiente per farci innamorare di Posthuman, e per realizzare che gli Ash Code sono tornati a farci emozionare e ballare. Si, perché, oggi come ieri, il gruppo riesce a condurci per mano verso sentieri maledetti (Nite rite); a farci danzare con i nostri demoni (Challening the sea, Alone in your dance). Si ammirano freddi ma delicati panorami elettronici; panorami cangianti che talvolta acquistano le sembianze di un oscuro post punk combinato ad un elettro wave targato ’80 (Fragments, Tide); tal altra mostrano le sembianze di un synth pop più sognante (Last stop, Try to be me, A new down). Alle tenebrose “ballatone ambientali” si alternano cavalcate dagli alti Bpm. In Posthuman troviamo elementi di novità rispetto all’esordio di Oblivion: maggiori sono i brani in cui si alternano le voci di Alessandro e Claudia (rendendo così meno monocorde la sezione vocale dei pezzi), nuovi sono strumenti utilizzati (theremin e synth analogici), e maggiore è la qualità dei suoni.
Densità di qualità: E’ proprio questa variabilità, tanto nei mood quanto nei suoni, a rendere Posthuman un disco avvincente, che rapisce l’ascoltatore fin dal primo ascolto, dall’inizio alla fine. Pervaso da un’atmosfera melanconica senza fine e da un profondo senso di inquietudine, Posthuman risulta ipnotico e magnetico. Fredde, quasi asettiche, tutte le tracce si presentano come potenziali hit, di quelle destinate ai migliori djset. Dodici episodi di impatto ed intriganti, che seguono la stessa oscura trama, senza mai essere ridondanti.
Velocità: Come una luce al neon che irradia una stanza buia ad intermittenza, ad una velocità mai costante, le dodici tracce scorrono via senza accorgetene, suscitando sentimenti contrastanti, brividi, ma anche calore.
Il testo: “Alone in your dance, Alone in your lie . What can i do? what can i say? A sacrifice is the only way, I want to forget now , dont’ let me down When we meet I’m sick and tired of” (da Alone in your dance).
La dichiarazione: “Il secondo album è sempre più difficile. Abbiamo sicuramente pensato alla possibilità di poter deludere il pubblico, ma siamo stati guidati dal desiderio di provare a proporre qualcosa di diverso, pur rimanendo noi stessi. Abbiamo lavorato molto sui suoni, cercando di aggiungere qualcosa di nuovo, ci auguriamo vivamente di esserci riusciti” (Alessandro per Peekaboomagazine.be, 2016).