Andrea Laszlo De Simone – Uomo Donna

GENERE: pop, rock, songwriting.

PROTAGONISTI: Andrea Laszlo De Simone: voce, cori, chitarra classica e acustica, basso, batteria, tastiera, synth, rumori e effetti; Daniele C: basso; Zevi Bordovach: tastiere e synth; Filippo Cornaglia: batteria e rumori ritmici; Anthony Sasso: tamburello, synth; Damir Nefat: chitarra elettrica.

SEGNI PARTICOLARI: disco di debutto per questo cantautore torinese e la sua band. I tre singoli anticipatori e i loro video hanno fatto molto parlare di sé, quindi questa era un’uscita molto attesa, in un periodo in cui non ce ne sono molte tra l’altro.

INGREDIENTI: l’influenza dominante, quella che accompagna tutto il disco, è rappresentata da Lucio Battisti, per via del timbro vocale, di certe armonie in chiaroscuro e di un linguaggio mai sopra le righe ma allo stesso tempo dal lessico molto riconoscibile. Poi, in quest’ora e 17 minuti (durata anomala per l’epoca odierna, dove si tende e prediligere una maggior brevità), troviamo un tocco psichedelico a metà tra Beatles e Pink Floyd, rarefazioni elettroacustiche, synth giocosi dall’impronta più moderna. Il suono, in generale, è un profluvio di armonie, stratificazioni e saliscendi di intensità e pienezza, ma a suo modo è anche snello e di facile ascolto; i testi sono una serena analisi dei propri problemi e di quali sarebbero le soluzioni a essi, rendendosi conto che, però, non sempre esse sono praticabili. Ci sono comunque alcune eccezioni a queste linee generali, ad esempio una La Guerra Dei Baci dal testo più sereno e positivo e dal suono più aperto, o questa stessa canzone e Meglio che hanno una melodia più limpida e definita rispetto alle altre.

DENSITÀ DI QUALITÀ: il consiglio è di ascoltare per almeno tre o quattro volte questo disco, anche solo parzialmente, prima di giudicarlo appieno. Ai primi passaggi, infatti, l’impatto del suono, la sua perfezione formale e il fatto che venga facile iniziare a fare il giochino delle influenze rischiano di far sembrare questo lavoro più come un esercizio di stile che una vera fonte di emozioni. Sotto sotto, però, il songwriting c’è e, un po’ come gli ultimi Verdena, l’accenno di incompiutezza melodica è in realtà la maniera migliore per creare un insieme nel quale ogni elemento è valorizzato dagli altri. È proprio grazie a questo particolare stile melodico che il suono non è solo forma, ma è anche sostanza; è grazie all’insieme tra stile melodico e sonoro che il timbro vocale arriva a toccare al cuore l’ascoltatore; è grazie all’insieme tra stile melodico e sonoro e timbro vocale che la composta disillusione dei testi è così intensa da sfociare in un realismo bruciante. Perché, se vi capitasse, ad esempio, di leggere il testo di Meglio, col suo “ti amo, amore, sarai mai pronta a ritornare, amore, mi manchi, mi manchi, come possiamo recuperare, mi manchi” sembra una banale filastrocca da canzonetta frivola, ma queste parole, cantate in quel modo e accompagnate da quella melodia (come detto, tra le più limpide del lotto) e da quel suono (un andirivieni tra tocchi gentili di pianoforte e momenti molto più densi con tastiere e chitarre che entrano sempre nel punto giusto al momento giusto) hanno un potere evocativo devastante. Questo è solo un esempio, ma in tutto il disco ci sono tantissime soluzioni diverse e mai un momento di manierismo, per un risultato in grado di lasciare a metà strada tra l’entusiasmo irrefrenabile e lo stupore immobile.

VELOCITÀ: medio-bassa.

IL TESTO:Io che ti ho raccontato di ogni trauma del mio passato e tu che hai tradito, che non hai amato, non hai capito” da >Questo non è amore.

LA DICHIARAZIONE:Secondo me registrare un disco non è come costruire un palazzo, non deve essere perfetto e rispondere a delle regole per restare in piedi. Mi interessava che la matrice fosse sporca e autentica, anche per i contenuti che sono presenti nel disco, c’è un linguaggio e un registro che non può suonare perfetto, non si può dire “ti amo” in maniera perfetta, sarebbe inquietante come sentirlo pronunciare da un robot, certe cose ha senso dirle quasi singhiozzando. Meglio perdere la voce o rischiare di stonare che dire le cose senza l’anima”, da un’intervista a rockit.

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