Interview: Tia Airoldi – Marco Gilioli
Tia Airoldi e Marco Gilioli, già fondatori dei The Please, hanno lanciato un nuovo progetto, chiamandolo semplicemente con i propri nomi. Li abbiamo raggiunti per uno scambio di domande e risposte.
Ciao ragazzi, vi andrebbe di raccontarci brevemente come è nata la vostra collaborazione?
(Tia Airoldi) La nostra collaborazione è in realtà un lungo percorso, intessuto molti anni fa, fin dai tempi del liceo.
Da allora abbiamo sempre suonato insieme, siamo come fratelli.
Certamente l’esperienza più importante è stata quella dei The Please, la band con cui abbiamo composto e pubblicato diversi dischi e con cui abbiamo calcato tanti palchi in Italia e in Europa.
Se il nostro sodalizio musicale continua ancora oggi, dopo quasi vent’anni, è fondamentalmente perché abbiamo sempre avuto un interesse comune nello sviluppare qualcosa che sentissimo profondamente nostro.
E infatti anche in “Lullabies” abbiamo dato il nostro meglio per “ricrearci” musicalmente, attraverso delle atmosfere suggestive, delicate e notturne.
Da sempre abbiamo affinità con il concept album.
(Marco Gilioli) Dopo il lungo progetto The Please, e la pausa forzata covid etc., avevamo ancora voglia di comunicare una nostra musica e intraprendere una strada diversa. Lasciare le sonorità più spiccatamente folk per esplorare una musica che fosse un incontro tra classica e cantautorale (tra Elvis e Debussy ).
Avete dichiarato che il vostro singolo “EVEN” intesse le sue trame sotto il nume tutelare di Elvis Presley. Vi va di spiegarci meglio il ruolo di Elvis e che cosa rappresenta per voi?
(Tia Airoldi) Elvis è la voce viva attraverso qui si riverbera una presenza.
Personalmente sono sempre stato enormemente affascinato dalla generazione 50’s e 60’s delle voci a stelle e strisce.
Elvis ha un timbro che vivrà nei secoli.
In queste nostre “Lullabies” abbiamo cercato quel “southern comfort” così evidente nelle sue ballate.
Vi immaginate The King ogni sera a casa vostra, tra le luci soffuse, a intonarvi
“Always on my mind”, “Can’t help falling in love”, “Suspicious Minds” o “Unchained Melody”?
Noi vogliamo rincorrere questa fantasia e farla esistere, almeno per un po’.
“EVEN” è una ballad meravigliosamente fuori dal tempo e per questo, scusate il gioco di parole, senza tempo. Come giudicate lo stretto legame tra la musica contemporanea e il presente?
(Marco Gilioli) Tutta la musica per definizione dovrebbero essere fuori dal tempo. Negli ultimi anni, soprattutto nel pop, in particolare pop italiano, si cerca sempre di scrivere un pezzo con unico fine commerciale, quindi con particolare sonorità cantabile, forzatamente allegra e spesso superficiale. Il fattore commerciale è importante senza dubbio, visto la difficoltà di vivere di musica, ma lo scopo ultimo di un brano, e lo scopo ultimo di ‘fare musica’ è il trasmettere qualcosa, il vedere come ognuno può trovare un proprio significato e sviluppare un proprio sentimento intimo.
(Tia Airoldi) La musica ha sempre delle caratteristiche che la possono rendere universale.
Poi. Ogni fenomeno musicale trova la forma nel suo tempo.
Noi forse abbiamo cercato di uscire, dal nostro tempo musicale, in punta di piedi.
O, più probabilmente, abbiamo provato ad aprire uno spiraglio su un altro mondo musicale.
Universi paralleli.

Il vostro primo singolo “ALMOST” parla del sentirsi “quasi” felici. “EVEN”, dal canto suo, sottolinea come riconoscere i propri errori e far pace con loro possa dare una certa serenità. È corretto dire che la vostra sia una ricerca della felicità attraverso la musica?
(Marco Gilioli) Ricerca della felicità. Certo. Abbiamo un’età e un ‘bisogno’ che ormai non è più quello di dover esprimere una sorta di ‘impeto’ giovanile. Vero è che anche nel progetto The Please c’è sempre stato un clima di serenità tra noi e di ricerca del ‘bello’, del gusto, e di pace che si riusciva a trasmettere nelle canzoni.
(Tia Airoldi) C’è innegabilmente una dimensione di piacere nel tornare a casa a gustare qualcosa che ci persuada che “è tutto ok, nonostante tutto”, che ci dia fiducia.
Prendete “Piazza Grande” di Dalla.
Ecco. C’è una voglia di amore e tenerezza che ti fa stramazzare.
Una sequela di immagini malinconiche e così istintive, viscerali e quindi vitali…
Siamo inguaribili?
È evidente che fate un enorme lavoro di ricerca sonora, e anche per questo i vostri arrangiamenti non risultano “pomposi”, ma precisi e ben calibrati. Quanto è importante per voi la “sottrazione” in ambito compositivo?
(Tia Airoldi) Già, esatto.
La sottrazione è il metodo scultorio che è alla base specialmente di questo lavoro.
Dal nostro punto di vista, per arrivare a questo “tesoro” bisogna raschiare e levare.
La nostra musica ha qualcosa di essenziale, di pulito e di riconoscibile.
Ci fa piacere che si intuisca il lavoro che c’è dietro.
Abbiamo lavorato sulla compresenza dei nostri tre elementi (piano, voce e chitarre) e di come amalgamarli donando semplicità e struttura.
Non ci sono “punte” che emergono da questo lavoro.
Anzi una c’è. Per noi è una chicca che ci ha resi orgogliosi.
Un assolo di tromba di CJ Camerieri (Paul Simon, Bon Hiver, The National, Sufjan Stevens) che è una cosa meravigliosa.
Inoltre, non dobbiamo dimenticare che ogni lavoro è fatto da persone reali.
Per questo noi ringraziamo Paolo Pagetti e Rivertale Production, Andrea Van Cleef, Michele Coratella e il suo Mikor Studio oltre che un altro altro fratello (The Please) Luca “Plaza” Piazza (Zen Garden Studio) per aver supportato il lavoro con le loro professionalità.
(Marco Gilioli) Less is more. Questa è una nostra regola da sempre. La ricerca di un gusto raffinato e di delicatezza ci ha sempre portato a togliere cose. È la cosa più difficile – togliere – ma spesso dai silenzi si riesce a centrare il succo di una melodia.
Ovviamente con una band è più facile avere delle possibilità di svuotare un brano, il duo ti costringe a una presenza maggiore. Negli arrangiamenti di batteria per esempio… si è cercato sempre di non mettere mai troppo, con l’obiettivo che l’ascoltatore quasi non si rendesse conto della sua presenza.
Grazie per le vostre risposte, ora non ci resta che chiudere con la più classica delle domande finali: quali sono i vostri progetti per il futuro?
(Marco Gilioli) Progetti per il futuro… non perdere lo stimolo ma cercare sempre la freschezza compositiva.
(Tia Airoldi) e portare “Lullabies” live. Magari a teatro. Chissà!