Sala stampa: Marlene Kuntz
Oggi, venerdì 8 marzo, esce la riedizione di Catartica, per celebrare il trentennale di questo debutto così importante. È inoltre previsto un tour, con quasi tutte le date già sold out, e per parlare di tutto questo, Cristiano Godano e Riccardo Tesio hanno incontrato noi addetti ai lavori nella sede milanese della Universal. Qui di seguito un riassunto delle loro risposte a un’ora di domande da parte nostra.
Siamo estremamente carichi e il fatto che quasi tutte le date siano già sold out è ulteriore motivo di eccitazione. In questi giorni iniziamo le prove, abbiamo tutti studiato e siamo certi che sarà un concerto potente. La scaletta sarà composta da quasi tutto Catartica più tre pezzi da Il Vile e altri tre da Ho Ucciso Paranoia, per fotografare un suono, un’atmosfera. Poi con il solo Catartica sarebbe durato al massimo un’ora, e noi non siamo abituati a suonare così poco.

La durata nel tempo del disco
Quando è uscito il disco lo vedevamo come la realizzazione di un sogno dopo 7 anni di gavetta in cui sembrava che non succedesse niente, per cui per noi era un traguardo. Però poi quando è uscito abbiamo continuato a impegnarci affinché questo sogno si mantenesse. Ora sono passati 30 anni e siamo qua. In realtà non c’è un momento in cui ci siamo resi conto dell’importanza di questo disco, ma ce ne siamo accorti anno dopo anno, anche vedendo come molte band ne hanno raccolto il messaggio artistico e il sound. Certamente è stato un periodo inebriante per tutti quelli che ci hanno provato dopo di noi, vedendoci come un esempio. Siamo consapevoli che Catartica un disco influente e tutto ciò non ci intimorisce, ma ci va venir voglia di suonare.
Il paragone coi Sonic Youth
Ai tempi non conoscevamo alcun tipo di approccio malizioso alle cose, quindi io semplicemente nelle interviste dicevo quanto adorassi i Sonic Youth. Io personalmente, come songwriter, penso di aver mutuato da loro, più che il suono, visto che, tra l’altro, Riccardo non li conosceva perché era un metallaro, quindi già questo crea delle differenze, è la forma delle nostre canzoni, ovvero una forma vicina a concetti prog, nel senso che le canzoni hanno strofe, ritornelli, bridge e quant’altro, ma lo sforzo creativo non si esaurisce lì, e la canzone a un certo punto va da qualche altra parte. Questa è una cosa che ho preso moltissimo dai Sonic Youth. In ogni caso, il paragone ci faceva piacere anche perché eravamo certi che chi conosceva loro e ascoltava il nostro disco, non poteva non trovarci delle differenze.
Capire oggi i pregi di ciò che si era fatto allora
Oggi guardiamo i noi stessi di allora con affettuosa tenerezza e orgoglio. Siamo orgogliosi di aver trasformato questa passione in ciò di cui ci occupiamo nella vita. Era una follia voler fare i musicisti rock in Italia con i modelli di riferimento che avevamo noi, ma ci abbiamo messo così tanta energia che esserci riusciti non può non inorgoglirci. Quando ascoltiamo le registrazioni dei nostri live, già nel 1992, ci rendiamo conto che eravamo bravi! Abbiamo dato il nostro massimo per riuscire ad avere il nostro suono, è stato un percorso lungo, per noi come per altre band come gli Afterhours, ma riteniamo di non uscire con le ossa rotte dal confronto con i nostri maestri. Di meglio non potevamo fare, e ce n’eravamo resi conto già allora.
Le differenze tra oggi e 30 anni fa, per musicisti e pubblico
La nostra musica è durata nel tempo, ma se penso a ciò che viene prodotto oggi, non ho la possibilità di predire se avverrà lo stesso. Abbiamo una pessima opinione della musica che a oggi è dominante, ci sembra che si punti solo a produrre singoloni estivi che, per loro natura, sono destinati a esaurirsi presto. Pensiamo che faccia tutto molto schifo. Internet e i social sono molto responsabili di questa situazione, Internet di per sé è un luogo magnifico, capace di mostrare tutto il potenziale della creatività umana, ma social sono un vero disastro e, in generale, l’umanità ormai fa prevalere l’aspetto malevolo e idiota della sua consistenza. Ad esempio, certamente lo dovremmo aver capito quanto è stupido fare le guerre, ma ancora le facciamo. Purtroppo temo che anche l’intelligenza artificiale verrà monopolizzata dalla bramosia e dalla stupidità.
Per questo tour non ci aspettiamo di trovare una marea di ventenni, ma verranno quelli che sono cresciuti con noi, ma magari qualcuno si porterà i figli. Non so se nel pubblico di oggi c’è ancora fame di musica rock, probabilmente chi verrà a vederci sarà animato da fame nostalgica. Dall’altro lato, però, i giovani che fanno rock esistono anche oggi, certo lo fanno sapendo di farlo gratis, però continuano a farlo, quindi la fascinazione del rock c’è. In ogni caso il rock non è l’unica forma bella di musica, perché esiste il rock bello e quello brutto, così come il rap bello e quello brutto. Certo, in quanto musicisti tradizionali, che pensiamo alla musica come qualcosa che si fa suonando uno strumento e non programmando un programma, lo speriamo che nei giovani ci sia ancora voglia di fare musica rock. Forse non c’è più lo stesso sentimento di rabbia che animava chi faceva rock una volta, ma ci sembra che siano più comune sentimenti di frustrazione, pessimismo, nichilismo, delusione. La rabbia di Catartica era uno sfogo ma conteneva anche la voglia di andare avanti.

Purtroppo l’unica musica remunerata è fatta dal 5% al massimo di tutti i musicisti, per cui chi vuole fare musica remunerata si rivolge per forza a ciò che oggi fa più streaming, per cui il discorso artistico si comprime. Le piattaforme, con la loro analisi dei dati, permettono di capire perfettamente ciò che funziona e i criteri da seguire, invece prima ognuno provava a cercare la propria collocazione e spesso veniva remunerato, mentre oggi non è così e la creatività e l’originalità si assottiglieranno sempre di più. Purtroppo noi stessi non riusciamo a fare nomi di giovani che fanno rock oggigiorno, e non siamo vecchietti nostalgici, ma persone attente a ciò che succede. Sappiamo che a Cuneo c’è chi fa suonare questi gruppi e che c’è gente che va a vederli, ma non veniamo intercettati dagli algoritmi, e anche se andiamo a fare ricerche in modo attivo, non riusciamo a informarci bene, purtroppo, a quanto pare, è un fenomeno che non parte e rimane confinato in quella circuitazione molto specifica. In questo momento, la comunicazione è complicatissima, ogni tanto sembra anche a noi di non riuscire a far sapere al nostro pubblico che è uscito un nostro disco, perché la gente si informa sui social, e se non fai sponsorizzate fatte bene, con una struttura di digital marketing, non arrivi a nessuno. Se poi pensiamo al fenomeno dei Maneskin, non sappiamo spiegarlo, ma li abbiamo visti dal vivo e spaccano, sanno davvero suonare.
I contenuti extra di questa riedizione
Nei demo che pubblichiamo ora ci sono le origini di molti brani del disco, quindi penso che possa essere interessante ascoltarli, poi abbiamo aggiunto un inedito che avevamo già preso in considerazione per almeno due o tre album, ma alla fine lo avevamo sempre scartato, però comunque ci piace, quindi siamo contenti di avergli trovato un posto.
Cenni storici: la formazione del nucleo attuale della band e l’importanza di Gianni Maroccolo e dell’esplosione del grunge
Cristiano aveva terminato la sua avventura con una band chiamata Jack On Fire, e accettò di unirsi al resto dei Marlene Kuntz. All’inizio pensava di volersi concentrare solo sul suonare la chitarra, così si portò dietro il batterista dei Jack On Fire, che sia chiama Alex, come frontman, perché era un figo. Alex, però, mollò dopo qualche mese, e visto che Cristiano scriveva i testi e si sentiva responsabile per aver portato nella band qualcuno che se ne andò così presto, disse di stare tranquilli e che ci avrebbe pensato lui anche a cantare. All’inizio gli altri erano sospettosi, perché non c’era più il figo, ma poi ci siamo tutti resi conto che era molto meglio che chi scriveva i testi li cantasse anche, c’è sicuramente differenza tra cantare ciò che si è scritto e interpretare ciò che ha scritto qualcun altro.
Il nostro sogno si è materializzato grazie alla frequentazione con Gianni Maroccolo. Lo abbiamo conosciuto perché avevamo vinto la possibilità di registrare un pezzo a Firenze per la compilation di Rock Targato Italia. Eravamo stati esclusi all’inizio, ma poi un’altra band si rifiutò di partecipare per motivi ideologici e così subentrammo noi. A Firenze, Gianni ci vede e inizia subito a stravedere per noi, poi è arrivato Enrico Romano, un discografico, che si era imbattuto nel nostro demo elle bancarelle di Arezzo Wave, ci chiama e da lì in poi possiamo disinteressarci dell’aspetto economico, perché avevamo trovato qualcuno che metteva i soldi. Da lì fino a 7-8 anni fa, Gianni è stato il nostro riferimento, da tutti i punti di vista della produzione e del management. Ora non lavoriamo più assieme, ma siamo amici leali e duraturi.
L’esplosione del grunge ha certamente creato i presupposti affinché gruppi come noi potessero avverare il proprio sogno anche in Italia, noi già eravamo lì, ma servivano questi presupposti e il successo di dischi come Nevermind li ha creati. Il mondo sommerso ha iniziato a attirare attenzioni sia delle case discografiche che dei giornalisti, e pian piano è venuto alla luce. La gente era curiosa, andava ai concerti anche se non conosceva chi suonava. La nostra importanza principale è data dal fatto di aver proposto testi in italiano e, ci permettiamo di dire, di un certo livello. Probabilmente questo ha anche spinto gli Afterhours a usare la nostra lingua,. Dopo i primi dischi in inglese. Prima di noi sembrava che il rock si potesse fare solo cantando in inglese.
I criteri nelle scelte recenti e del passato: l’importanza di essere onesti con se stessi
Noi abbiamo celebrato già i ventennali dei nostri primi tre dischi, per cui ci abbiamo pensato molto prima di fare questo trentennale, ma la risposta del pubblico ci ha fatto capire che abbiamo fatto bene. Però poi non sappiamo se faremo lo stesso anche per gli altri dischi.
Fare gli album è ancora giusto, anche se sembra che oggi ci si focalizzi più sulle singole canzoni. C’è comunque ancora chi lo vuole ed è giusto che queste persone lo possano avere. Certo è vero che oggi tante persone preferiscono la musica più frammentata, ma, appunto, ce ne sono tante altre che ancora vogliono avere gli album.
Oggi c’è meno il concetto di band e c’è più attenzione sull’artista solista. Adesso, un progetto come il nostro si potrebbe ancora fare, ma al 99% non avrebbe gli stessi risultati.

Anche se abbiamo detto di giudicare la correttezza delle scelte in base al riscontro del pubblico, non significa che le facciamo pensando a esso, anzi, è sempre stata una cosa che abbiamo saputo dopo. Quando abbiamo visto, proprio con Catartica, che l’aver fatto le cose a modo nostro aveva funzionato, abbiamo capito che avremmo sempre dovuto fare così, ovvero essere per prima cosa onesti intellettualmente con noi stessi. Questa è la lezione che abbiamo appreso da Catartica e non l’abbiamo mai dimenticata, ovvero che facciamo le cose nel modo migliore possibile solo se abbiamo sinceramente voglia di farle. Così è nato anche il nostro ultimo disco, perché a noi la situazione della crisi climatica preme veramente tanto e quindi ci teniamo a portare avanti questo discorso. Non sempre le nostre scelte sono state premiate dal pubblico, ma fa parte del percorso.
Luca Bergia
Luca è una presenza costante, senza di lui Catartica non esisterebbe, lui è il terzo di tre che ha dato tutto se stesso per arrivare fin qua e questo tour è dedicato a lui. È stato Luca ad avere l’idea di chiamare Cristiano, fu lui a insistere parecchio, fino a quando lui e Cristiano si incontrarono al concerto dei Public Enemy a Torino e Cristiano si decise ad accettare la proposta.
Sanremo
Sanremo è un posto di cui tutti hanno bisogno, puoi anche snobbarlo, ma solo se non te ne frega niente di vendere, ad esempio se sei un big gigantesco. Ogni anno ci provano circa in 400 ad entrarci, e non credo siano tutti progetti underground, ed è l’unico luogo in cui puoi fare quella comunicazione che sui social non si riesce a fare. Noi due anni fa ci abbiamo riprovato, come altri 400 progetti, ma poi sappiamo bene che scelte ha fatto il direttore artistico negli ultimi anni.
Foto di Maurizio Greco e Simone Cargnoni