Roccia Ruvida: Zio Fella
E come al solito anche loro alla domanda di Spotify hanno risposto girando in tondo sull’argomento senza mai fermarsi sul punto. Eh vabbeh… sarete anche poeti dell’underground ma ecco, ci vuol ben altro per fotografare il proprio presente. Gli Zio Fella fanno anche molta critica sociale e dalla loro sfoggiano un pop in rima davvero basico in senso raffinato del termine. La sintesi e la semplicità sono maturità difficili da raggiungere. Che lo siano troppo? Nel senso: ascoltate il singolo “Pollicino”… non so, devo ancora capire dove mi porta tutto questo… se verso lo strazio o verso l’extra Zio…
Straordinario. Non sentivo canzoni in rima dalla mia adolescenza. Come a dire che il futuro della scrittura a voi non interessa? La filastrocca di rime baciate vincono sempre?
Se provochi Zio Fella sulla scrittura ti rispondiamo subito per le rime…
Vuoi risposte irriverenti? Ecco qui fuori dai denti: la domanda formulata pare, ahimè, sgrammaticata; “filastrocca” è singolare, come hai fatto tu a sbagliare? Scrivi “vincono” al plurale: mi dispiace, molto male!
Se vogliamo parlare seriamente ci autocitiamo con un nostro inedito dissing contro tanti autori contemporanei: “L’Italiano è una lingua assai completa, ma sentendo te, mi sembri analfabeta…”
L’uso della lingua nelle canzoni ci sembra fondamentale e deve essere accurato. Se il presente e il futuro della scrittura che spessissimo sentiamo è costituito da sciatte assonanze buttate lì (ghiaccio/maggio, tante/grande), oltretutto da una pluralità di autori, grazie, ma noi non ci stiamo.
Non è obbligatorio scrivere in rima: molto meglio, piuttosto, non provare a farla neppure, come fanno ottimi cantautori che hanno qualcosa da dire.
Noi invece ci rifacciamo a tradizioni passate e alte (tu dici filastrocca e noi sonetto) e la nostra è una precisa cifra stilistica legata anche al genere ironico/comico: il climax spesso si ha proprio con la rima perfetta.
Che poi uno che impatta sulla vostra musica pescando dalla rete “Pollicino”… secondo voi che deve pensare? Onestamente eh…
Il nostro primo singolo, con relativo video, è il perfetto biglietto da visita. La gente ascolta musica soprattutto in bagno e in auto. Noi mettiamo il pubblico a proprio agio nella preferita confort zone mattutina: non deve pensare, deve solo immedesimarsi nel protagonista.
Ci si rifugia dentro l’allegoria della risata… fa bene… ma distrae anche. Essere seri è assai più difficili a volte… come a dire: se non vi piace comunque noi stavamo scherzando? Era un gioco? E se invece va bene: wow siamo grandi che riusciamo a fare ironia dicendo cose importanti?
Raccontiamo di pandemie cassandramente molto prima del 2020; affrontiamo i temi sociali del falso invalido e del contribuente vessato da Equitalia…
Alla fine i nostri pezzi sono come i film Disney: ci sono vari livelli di lettura e di ascolto e possono essere gustati a tutte le età.
Che poi l’allegoria e l’ironia sono così presenti che il messaggio vero… c’è? Un modo spigoloso per darvi la possibilità di raccontarcelo… se c’è…
L’unico messaggio che vorremmo trasmettere è il piacere di amici di lunga data nel divertirsi insieme, creando happening musicali in rima, per donare un po’ di allegria in tempi, anche musicalmente, non felicissimi.
E poi Spotify: lo chiedo a tutti come esimermi anche con voi? Cioè per capirci: lavorate duro, spendete denaro, realizzate un’opera e poi? La regalate ai click della rete. Avete ancora il coraggio, da artisti, di parlare di un sistema balordo che annienta il lavoro della musica quando siete voi i primi che aderite al sistema? A voi la palla…
Artisti? Noi siamo poeti che musicano liriche andergraund! Non ci accontentiamo dei click e pubblicheremo CD e vinile se avremo richieste, non dubitando che a breve il successo mondiale ci darà ragione, ma tradurre in rima in Cinese e in Indiano non sarà facile.
Taylor Swift se la sta facendo addosso (per restare su “Pollicino”) e appena girerà lasceremo le nostre attività e le nostre famiglie per dedicarci a esistenze dissolute, tanto alcuni di noi i 27 anni li hanno già doppiati…
Come sempre chiudiamo tornando “seri”… e grazie sempre di cuore per aver accettato di partecipare. La parola torna con voi in una veste di semplicità, non solo di forma ma anche di suono. Sin dal titolo… si ride, si scherza ma davvero siamo chiamati ad andare oltre per capire bene questo lavoro. Come vi rapportate per davvero con una società che oggi oltre alle apparenza non sa andare? Perché bisogno farlo con un disco come “StraZio”…
Forse noi siamo obsoleti come la nostra musica: STRAZIO è un disco con molti pezzi nati negli anni ’80 che siamo arrivati solo ora a incidere, coronando un sogno di ragazzini, mentre il mondo è andato avanti senza che ce ne accorgessimo; pensa che abbiamo suonato veramente tutti gli strumenti e cantato con le nostre voci. Di digitale c’è poco o niente.
Chi meglio di Zio Fella si può rapportare con l’odierna società: diamo un messaggio apparentemente privo di contenuti e perciò assolutamente aderente alle richieste del mercato attuale…