Roccia Ruvida: Paolo Tocco

“L’Italiano medio si forgia della filosofia che al 2017 ancora ci abbandona: chi vince ha barato e chi perde è vittima di un sistema corrotto.”
Ecco le premesse con cui mi restituisce l’intervista Paolo Tocco, amico e collega di lunga data. Ok cerchiamo di levarci di torno subito le male lingue: si, io e Paolo Tocco siamo colleghi in qualche modo, e questa rubrica che Indie-Roccia ospita è una nostra idea. Ma all’indomani delle cinquine del Club Tenco e del solito giro di polemiche che ormai gravitano sempre quando ci sono competizioni “sportive”, ho deciso di intervistare Paolo non in qualità di collega e promoter discografico ma in qualità di cantautore. Il suo nuovo singolo “Arrivando alla riva” è solo lo spunto per parlare di canzoni ma soprattutto di saccenti meccanismi del circo mediatico che alla fine consacrano Tizio e ignorano Caio. Che poi il sig. Tocco, in questo circo che tanto contesta, ci sta con tutte le scarpe. Però prima di gridare al solito voltafaccia forse dovremmo leggere fino alla fine…

Da qualche giorno sono rese note le cinquine del Tenco. Alla fine tutti cantautori ambiscono ad esserci. Chi c’è elogia il premio e si sente onorato. Chi non c’è gli rode. Resta solo da chiedersi quanto rode…che dici? Riusciamo ad affrontare l’argomento senza frasi di circostanza?
Aggiungerei anche che l’Italiano medio si forgia della filosofia che al 2017 ancora ci abbandona: chi vince ha barato e chi perde è vittima di un sistema corrotto.

Il problema non sono le frasi di circostanza caro Susa. Il vero problema è tutti dovremmo essere esenti da pregiudizi e dalle benedette frasi di circostanza: io che rispondo e voi che leggete la risposta passando per chi inevitabilmente si sentirà chiamato in causa. Rode? Ma questo sentimento è degna conseguenza di tutta l’educazione e il retaggio culturale con cui siamo forgiati ogni giorno. Ormai siamo in una eterna competizione totalmente soggiogati e manovrati dallo strumento televisivo. Sportivi o artisti? Non fa differenza. E senza risposte di circostanza ti dico che a gareggiare dovrebbero essere solo gli sportivi. Gli artisti non dovrebbero scontrarsi ma INCONTRARSI. Eppure questo bellissimo format della competizione, attira i media e l’interesse di tutto il popolo che finalmente viene chiamato in causa e giudica. E alla fine, chi sono i giudici? Ahimè, tra tutti sono pochissimi quelli che forse meritano di occupare un simile ruolo. Dunque a conti fatti, con molta onestà da parte di tutti (giusto per non usare la circostanza come mi hai chiesto tu), la mia umile canzone da chi dovrebbe essere giudicata? Perchè si, umile: ma insomma, ho quasi 40 anni, ho fatto 3 dischi e due libri e direi che proprio un imbecille non sono. Di sicuro sono un acerbo ed umile cantastorie di provincia come tantissimi…e come tanti lamento una cosa su tutte: la mancanza di maestri che mi insegnino la via. E quindi, dopo aver passato notti sveglio a cercare un solo accordo o una parola per completare un testo, per far stare in equilibrio una nuova canzone, se devo dare al primo che passa il potere di giudicarmi, beh direi che non ci sto, non lo merito. Come a dire che dopo anni di Ingegneria chiedo al primo che passa se la mia tesi è corretta. No: pretendo che il giudizio mi venga da un docente della materia che ha davvero qualcosa da insegnarmi e non uno qualunque che magari non ha mai messo una mano su uno strumento o non ha mai aperto un libro di analisi matematica. Io devo crescere. Qui a furia di istituire competizioni e premi stiamo regredendo sotto il tacito giudizio del popolo. E non è presunzione: è rispetto, prima verso la mia canzone e poi anche verso me stesso. E chi dall’altra parte viene chiamato a giudicarmi dovrebbe avere un rispetto ancora maggiore per me e per il ruolo che occupa e invece, proprio perché ora è lui il professore, che in alcuni casi ha la metà dei miei anni e decine di vite di esperienza in meno, apre bocca spesso, troppo spesso a vanvera e senza competenza. Io penso solo che sia tutta un vera circostanza mediatica, un circo a cui o decidi di partecipare oppure ti ritiri in eremitaggio con le tue belle ambizioni da artista. In ogni caso, per quelli come me (e purtroppo siamo in tantissimi) a parte una coltre sparuta di amici, parenti e avventori casuali, a parte una minuta critica che proprio perché così di nicchia spesso per noi è assai preziosa, nessuno darà peso ed importanza alla musica che facciamo. E non giriamoci attorno, non facciamo della facile circostanza per portare a casa gli applausi: questo accade quando non hai un linguaggio che funziona per i media, quando il tuo nome non è famoso, quando in soldoni assai dozzinali diremmo “non sei di moda”. Non sono un saggio della materia ne mi vendo come tale. Ora siccome non sono nessuno e sono l’ultimo della ruota qualcuno mi darà addosso e si sentirà offeso. Ma qui scatta la circostanza di cui parli: non sto neanche dicendo cose nuove. Anzi, Pasolini le scriveva 40 anni fa, ora esaltiamo il nuovo libro di Deneault che non a caso ha intitolato “MEDIOCRAZIA”…ecco, per l’occasione vi rimando alla lettura di libri meravigliosi come questo, curati da saggi e docenti della materia, tra filosofia e giornalismo. Provate a dare addosso a loro. Prendervela con un Paolo Tocco qualunque è facile. Se poi evitaste di usare la circostanza vi rendereste conto che stiamo dicendo la stessa cosa.

Quindi il Tenco e i premi sono una farsa? E allora perchè ci hai partecipato?
Non ho mai detto che sono una farsa. Anzi. Il Tenco in particolare penso rappresenti l’ultimo vero scenario ufficiale che restituisca valore alla canzone d’autore. Ho semplicemente detto che non condivido questo modo di trattare l’arte come competizione che poi diventano meri fini mediatici. Alla fine dietro l’immenso lavoro di cultura e di bellezza che questi eventi cercano di svolgere si finisce sempre a ricondurre tutto ad un mero inseguimento di fama e di successo. La vera etica, il vero significato, il valore di quello che un Premio Tenco rappresenta davvero finisce per mescolarsi e anzi perdersi dietro il necessario quanto salvifico bisogno di vedere il proprio faccione su tutti i giornali e poter dire agli altri “Ho vinto io” che poi per tutti significa “Sono migliore di voi”. Che bella guerra tra le etichette indipendenti, quanti post per dire che i loro artisti sono finalisti al festival. Lo fanno tutti. L’ho fatto anche io quando vincemmo con Zibba nel 2012. Funziona così…fai notizia e tutta l’attenzione improvvisamente si sposta su di te. Oggi abbiamo reso ogni cosa diretta conseguenza della visibilità. Dunque chi come me, inerme ed insignificante per i giornali, cerca (o cercava) di costruirsi un percorso trova in questi canali (come in tutti) l’unica via di “salvezza” per la sua riconoscibilità di artista e di professionista. Quindi per far ascoltare la mia voce ti dico SI, ho mandato i miei brani a Sanremo, al Tenco, ho fatto sfoggio dei miei successi mediatici come discografico. Tutto questo perché al di fuori di questi canali non funziona più nulla e più nessuno ti da ascolto. È semplicemente assurdo…ma la vita funziona così. Saggi come “Il ritorno del dinosauro” di Piero Dorfles sono devastanti, leggerli non può che aiutarci a capire. Ora sono io che chiedo a voi di non erigervi dietro muri di frasi fatte e di frasi di circostanza. Ora sono io che chiedo a voi di non diventare immediatamente tutti filosofi, detentori di cultura e di bellezza. Parliamoci chiaro: fino a quando un “Paolo Tocco” qualunque non finisce in televisione può scrivere tutte le canzoni più belle del mondo ma sempre a casa resta. E senza fare della facile retorica: è storia quotidiana del nostro degrado culturale vedere come ARTISTI NON FAMOSI che hanno tanto da regalarci durano fatica ad arrivare anche a poche decine di persone e devono arrangiarsi per guadagnare due soldi e fare concerti contro l’indifferenza di tutti quando invece qualche burattino plastificato che passa nelle tv commerciali a cantare canzoni banalissime riempie gradinate di migliaia di paganti. Che nessuno si senta offeso.

Dunque anche per questo che si fanno canzoni come il tuo ultimo singolo, che puntano cioè il dito su tragedie passate all’attenzione mediatica così da portare a casa più pubblico del previsto?
Una domanda davvero sciocca ma degna di attenzione. “Arrivando alla riva” parla degli sbarchi clandestini sulle nostre coste. Prima di pubblicarla per molto tempo ho pensato a dover fronteggiare non solo domande come questa ma anche e soprattutto ad un mio senso del pudore. Perchè in effetti la risposta è si: sto facendo leva su un tema assai delicato…ma non per farmi bello e per procurarmi una via facile per la notorietà. Non so se ci sia più cattiveria nel farlo o nell’insinuarlo. Se così fosse non dovremmo avere opere d’arte in millenni di storia che hanno raccontato guerre, stragi, epidemie, alluvioni e quant’altro. E qui se mi permetti sei tu che cadi nella frase di circostanza. Perchè una simile domanda non l’avresti mai posta, che so, ad un Enzo Avitabile che nel suo ultimo disco ha scritto “Attraverso l’acqua”, una canzone meravigliosa che tratta il mio stesso argomento e che peraltro vede la partecipazione di De Gregori. Un pezzo straordinario. Ma certo…a lui non l’avresti chiesto…lui è già famoso dunque non avendo bisogno di elemosinare attenzione è sicuramente un’opera scevra da secondi fini. Però lo hai insinuato parlando con me. Io ed Enzo Avitabile, con le dovute differenze ovviamente, abbiamo fatto la stessa cosa, che merita lo stesso rispetto e la stessa considerazione. Possiamo discutere quanto vuoi su quanto sia bello o brutta, migliore o peggiore…ma finché non capiremo che l’artista crea per fare bellezza e non per diventare famoso allora non la smetteremo mai di cadere in queste banalissime analisi. La tua domanda lo dimostra: non conta più cosa hai da dire, conta solo se e quanto sei famoso. Solo la fama e la notorietà, a quanto pare, sa restituire valore e significato a quello che fai. Senza alcuna presunzione e penso che quanto sto per dire valga per tutti…davvero tutti…se questo mio pezzo l’avesse presentato un De Gregori o un Fossati o chissà chi altro di davvero famoso, ora starebbe in giro tra radio, televisioni e premi Tenco vari.

Beh però hai citato artisti che se sono famosi avranno una storia dietro che tu non hai…o anche questo è strumentalizzato?
Quelli sono ARTISTI venuti da anni di vita e di mestiere e di cultura straordinari. Artisti che oggi hanno un nome frutto di una vita intera di semine e di conquiste – oserei dire – storiche per la cultura del nostro paese. Ma attenzione perché dimentichiamo sempre un passaggio fondamentale: quando Francesco De Gregori scriveva le sue prime canzoni ed era quindi al livello in cui ero io 10 anni fa, aveva davanti a se una cosa che quelli come me oggi si sognano: avevano la possibilità di crescere, di venir ascoltati, di avere una critica importante che costruiva il loro percorso, che li educava, che li formava. Il pubblico sedeva in ascolto ai concerti e ne aveva fame, c’era curiosità, voglia, partecipazione. Segnati questa frase: loro hanno avuto la possibilità di diventare. Poi hanno dimostrato ampiamente di saper diventare…e quindi sono diventati. Noi tutto questo ce lo sogniamo letteralmente. Noi non abbiamo neanche la possibilità che un giornalista ascolti il nostro disco. Ti racconto questa e senza fare nomi: nel 2015 presentai il mio disco “Il mio modo di Ballare” al Tenco. Una giornalista della giuria che lavorava per una testata molto importante a livello nazionale, mi disse (ti riporto la conversazione di FB) “Scusa Paolo, non ho tempo di ascoltarlo. Il lavoro in questo periodo è pressante. Anzi scusa ora devo anche scappare che ho una pubblicazione in standby”. Qualche minuto dopo uscì il suo articolo il cui titolo non lo riporto letteralmente sempre per questioni di privacy. Che poi era uno stesso articolo riportato da tutti gli altri giornali del nostro bel paese attento alla cultura (così ci dicono i politici): un bel servizio sugli sms che Fedez mandava ad una spasimante. Era importante sapere se fosse vero amore o meno. Lo dissero anche nei tg nazionali, pensa tu!!! E poi ci ritroviamo una ragazzina di 20 anni nella giura degli esperti al festival della canzone italiana. E potrei continuare per ore con esempi diventati anche di moda giusto per dirti con che tipo di attenzione veniamo ripagati noi perfetti sconosciuti della canzone. Dopo 10 anni di carriera un De Gregori è diventato. Io, papato che lo meriti, sono rimasto dov’ero. Ok, rispetto per tutti, niente di personale, ci mancherebbe altro…vorrei però vedere quando tornerà ad essere rispettata la nostra musica…

Quindi alla fine, polemiche a parte, decidi di star lontano dai giochi. Un modo vigliacco per dire non combatto?
Sei molto furbo…vabbeh ci conosciamo e sai come fare le domande giuste. Sono tutt’altro che in disparte. Io prima di fare il cantautore sono un promoter e quotidianamente ho a che fare con molti dei giornalisti che tra l’altro sono in giuria al Tenco e so benissimo che mole di lavoro hanno davanti. La mia battaglia personale parte dal presupposto di non avere armi per sconfiggere un mostro radicato fin dentro il tessuto sociale. C’è un intero paese che dalla scuola dei ragazzi fin dentro le case di tutti semina un certo tipo di crescita, di mode, di modi di pensare etc…La giornalista che ti dicevo prima non scriveva di Fedez per passione ma per dovere. Doveva farlo perché altrimenti il pubblico non avrebbe cliccato sulla notizia. Siamo arrivati a questo e forse siamo scesi anche più in basso. Un singolo non ha armi. Un popolo intero dovrebbe contrastare quella che Baricco chiama “L’invasione barbarica”. Ma è assolutamente vero e definitivo constatare quanto siamo divenuti ormai indifferenti a tutto. Non posso far altro che cercare un mio personale equilibrio delle cose…e così alla fine ne uscirò sano e salvo…e soprattutto maturo.

Come di consueto abbassiamo l’ascia di guerra e torniamo a confrontarci seriamente. Ho voluto ospitarti perché sapevo che avremmo potuto gettare l’esca per argomenti assai preziosi. Senza retorica e senza circostanza: siamo in un momento critico per la cultura del nostro paese. Dunque se è vero che un artista come te, assolutamente prolifico in questi anni, per se stesso prima e per gli altri poi, ripone nel suo pubblico il senso della sua creazione, come può convivere con questa indifferenza generalizzata?
In effetti di concetti ne ho sparpagliati tanti, difficile contenerli in una sola intervista. Ho riflettuto molto su quale fosse il senso del fare musica. Un’opera creata cessa di essere mia ma appartiene alla vita stessa…al suo pubblico…per me è il pubblico a rappresentare la vita dell’opera stessa. Un canzone che non viene ascoltata muore di solitudine. Dunque la convivenza a cui alludi è il frutto di un equilibrio che ho raggiunto con molto senso critico. Giusto per citare di nuovo Deneault: forse l’unico modo di salvarsi sta nell’avere un pensiero critico. Lo stesso pensiero che preserva un’istituzione come il Tenco da contaminazioni esterne che con il premio non c’entrano nulla. Sono giunto alla consapevolezza che scrivere una canzone non serve per uscire sui giornali o per avere i like sui social. Tutto questo è circo, è apparenza…non è contenuto e non è pubblico. Se scrivo una canzone ho solo risposto ad un bisogno primario che ho sotto la pelle e non dentro le tasche. La bellezza sta nella natura umana non nei circuiti dei telegiornali. Io ho imparato da ARTISTI veri con cui ho avuto l’onore di lavorare che non si può ridurre la musica a banale fascino mediatico. Io devo essere felice e completo se avrò la capacità di scrivere una canzone che mi appaga l’anima. Che poi ci siano 3 persone o 4000 sotto il palco non importa. La creazione si è avuta ed io amo la vita per avermi concesso la possibilità di vivere una simile esperienza. Il pubblico di cui parli è materia umana reale e viva e non pubblico pubblicitario che grava sui social come le tasse su una fattura commerciale. Anche una sola persona che ascolta da aria e vita alla mia piccola canzone. Da qui in poi decidi a che gioco vuoi giocare. Poi puoi investire il tuo denaro e il tuo lavoro a rilasciare interviste e a far belle le foto per il giornale di turno. Splendido. Ma tutto questo deve restare solo ed esclusivamente un contorno di una bellezza che vive a prescindere. A prescindere. Quindi con questo rispondo alla tua prima domanda. No amico Giancarlo. Non mi rode il culo!!!

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