Roccia ruvida: Il Management Del Dolore Post Operatorio
“Vogliamo solo scopare di più”. Ecco la risposta del Management Del Dolore Post Operatorio, quando gli presento una domanda scenicamente imbecille come al mio solito… ma ad oltrepassare la buccia c’è scritto molto e speravo venisse colto. Pazienza…
Veniamo a noi: dopo il terzo singolo dal titolo Il Vento uscito pochi giorni fa e lanciato da un bellissimo video dalla regia di Ivan D’Antonio, ci avviciniamo a questo nuovo disco della band abruzzese che, a quanto pare, è atteso da più parti. Sono loro: loro che hanno sfornato un esordio nel 2012 assolutamente di livello, gli stessi che hanno palesato grazie inguinali al concerto del Primo Maggio di Roma facendo smuovere polveroni mediatici, gli stessi che poi sono scesi un po’ in sordina ma pur sempre amati e riveriti dalla scena indie, e per concludere, l’ultimo che ha fatto storia cari ragazzi (tanto per rispondere ad una delle domande che seguiranno) non è Verdi, ma la storia della musica italiana (a mio modo di vedere) si è fermata in tempi molto più recenti, quando cioè il mercato e le televisioni hanno smesso di dare spazio agli ARTISTI che avevano vita e pelle e ossa ben affilate…speravo di leggere risposte più corpose però alla fine va bene così.
Un nuovo disco in arrivo il 10 marzo anticipato da 3 singoli che mettono in chiaro un aspetto: vi siete ripuliti o sbaglio? L’arroganza, le parolacce, la poetica e la melodia che in “Auff!” ha vinto a man basse ora ha lasciato posto alle melodie pop ed a frasi stereotipate da baci perugina come “Sta aspettando il vento…sta aspettando qualcosa di speciale”…evoluzione, maturità, o banale conformismo alle mode?
Vogliamo solo scopare di più.
Un saggio amico mio ha detto una frase che mi ha colpito tanto: “Sono tutti punk fino a che non devono pagare le bollette”. E mi sembra che questa cosa sia ben evidente e non solo con voi ma con tutta la scena indie italiana…fino a che si era ragazzini alle prime armi, dai suoni ai messaggi c’era aria di rivoluzione e irriverenza. Il passo al “denaro” e ad un più grande riscontro mediatico si traduce in omologazione…
Il tuo amico ha ragione. Ci siamo stancati di chiedere la paghetta settimanale a mamma e papà.
Da qualche parte ho letto (se sbaglio chiedo scusa anzitempo) che vi sentite LIBERI da qualsiasi contaminazione che possa in qualche modo servire alla vostra crescita. Ma siete artisti in cerca di cambiamento? No perché i vostri dischi (dopo “Auff!” guarda caso) sembrano tutti simili…almeno nell’impatto sonoro, nella scrittura…nello stile…
Chi ascolta i nostri quattro dischi e pensa che siano simili, è sordo oppure scemo. Siamo uno dei pochissimi gruppi in Italia che ha cambiato in maniera così pesante tra un disco e l’altro, per evitare la noia di sentirsi sempre uguali a se stessi e soprattutto per non abituare il pubblico ad aspettarsi sempre la stessa roba.
Complimenti per i due video clip diretti da Ivan D’Antonio. Ma quello di “Un incubo stupendo”…a parte mostrare quanto siamo fighi perché l’abbiamo girato in una città a spasso per il mondo (qualunque essa sia basta far vedere che non siamo in Italia) proprio non l’ho capito…mi pare tanto un collage di immagini tanto per…ce lo spiegate?
Ma perchè avete sempre voglia di capire qualcosa? Non c’era niente da capire. Eravamo a Berlino in vacanza ed abbiamo detto: “Bene, perchè non farlo qui? Abbiamo idee? No?? Allora cominciamo a correre, poi si vede”. E’ andata così.
Si fa musica e arte per apparire e non per essere se stessi…si fa arte secondo le regole del gusto popolare e non per dire agli altri chi siamo. La vostra evoluzione come quella di tutti gli altri mi fa molto pensare a questo…inutile sfoggiare le sante etiche punk…quel tempo è finito. Non siete d’accordo? Ovvio che no…quindi?
Una cosa importante che ripeteremo all’infinito è che siamo stati definiti punk per il nostro atteggiamento sul palco, ma i nostri dischi non sono mai stati punk. Punk non è il nostro genere, non vi entra in testa? Auff e Pornobisogno vi sembrano due pezzi punk? I Sex Pistols li avete mai sentiti? L’atteggiamento di una band è un’altra cosa, totalmente separata dalla musica che suona. Non si può dire che gli Oasis erano Punk perchè stavano sempre fatti e strafatti. Chiarito questo punto fondamentale, ce n’è un’altro: facciamo il cazzo che ci pare.
E quindi seguitemi in questo contorto ragionamento che voglio far partire da una vostra frase decisamente reale: siamo nel “tempo delle cose inutili”. Siamo nel tempo, penso io, in cui a tutte le persone venga dato il potere di determinare competenze e qualità con un maledettissimo LIKE. Stiamo sostituendo la competenza e la preparazione con il gusto ed il parere personale. Dunque di pari passo l’educazione culturale delle persone si è notevolmente abbassata. Un gusto male educato prevede dunque meno ricerca, meno pretesa e sicuramente meno competenza. Per questo di pari passo alla musica viene concessa molta meno qualità per risultare “bella e famosa”. Qualche generazione fa, il vero punk sfornava dischi che ad oggi scopiazzate tutti e tutti ricorderemo a vita…dischi vecchi che suonano meglio dei nuovi lavori di quest’era digitale. Insomma che sia questa santa ignoranza il segreto del successo della nuova musica italiana che non fa più storia ormai da anni?
(Ancora sto benedetto punk.). Le tue domande sono troppo lunghe e confuse, e applichi molto male la punteggiatura.
Comunque. La musica Italiana non fa storia da secoli oramai. L’ultimo che ha fatto storia chi è? Di chi stai parlando? Di Giuseppe Verdi?
Mica è colpa dell’indie, santo cielo. Detto questo, qualsiasi gruppo del panorama indipendente, e dico qualsiasi, scrive canzoni un milione di volte MEGLIO di tutto quello schifo che è andato a Sanremo negli ultimi 20 anni. Accontentatevi.
E come al solito in chiusura leviamo via le lance appuntite e torniamo seri…e più che della vostra musica che parla da sola, mi lascio conquistare da un concetto che vorrei ci aiutaste a divulgare (se siete d’accordo ovviamente). Dall’irriverenza a quel piglio sarcastico che denota tanta libertà d’espressione…la vostra musica è nata ed è partita (e in qualche misura continua a vivere) dalla provincia italiana. Siete un esempio per tanti ragazzi che dalla provincia invece si lasciano sconfiggere, appannati dal mito delle grandi città. I Made Dopo si sono ritagliati una importante fetta di successo in Italia…partendo dalla provincia: che bellissima testimonianza. Quindi non è vero che vince solo chi vive a Roma e Milano, vero?
Non vediamo l’ora di avere i soldi per affittare una casa in centro a Milano.
Luca ti adoro.. Siete dei capolavori!