Intervista: Laura Masotto

Intervistare un’artista come Laura Masotto significa addentrarsi in luoghi, in realtà scopriremo poi non tanto, lontani dalla propria comfort zone. Violinista poliedrica, apprezzatissima in vari ambienti e ambiti, forse una delle musiciste italiane più apprezzate all’estero, esce ora Spirit of Things per 7K! ispirato dallo sciamanesimo e ovviamente dalla vita reale.
Abbiamo cercato di capire i diversi aspetti che l’hanno portata a far convivere diverse anime nello stesso ambito musicale, di come LEI sia uscita dalla comfort zone e tante altre curiosità.

IR: The Spirit of Things è il tuo quarto album

LM: Sì, io lo chiamo terzo, perché in mezzo c’è stato un disco per una colonna sonora

IR: so che hai preso spunto dai riti sciamanci

LM: sì, un po’ per curiosità e un po’ perché qui a Verona c’è un centro sciamanico molto importante ed era anni che ne sentivo parlare. Un giorno ho deciso di andare a vedere cosa succedeva e cosa facevano, convinta anche da un libro di Sandra Ingerman, una sciamana americana.
Sono rimasta affascinata da questo mondo che potrei definire onirico ma che va a scavare nel profondo alla ricerca di un qualcosa  nascosto dentro di noi.
Passato il periodo di Covid, dove penso che tutti abbiamo avuto un momento più introspettivo, avevo voglia di fare qualcosa di diverso e sono andata a questo ritiro che si chiamava “Il viaggio sciamanico”.

Ho incontrato uno sciamano, anche se non ama farsi chiamare sciamano, ed è pure un ingegnere(ridiamo ndr) che tra l’altro fa corsi anche al Politecnico di Milano, e ho fatto questo percorso di due giorni. C’erano i tamburi sciamanici che acceleravano il dibattito cardiaco fino ad arrivare a 180 BPM e attraverso un processo di origini molto antiche, entrando in questo flusso, ci si rilassa . Questo ti permette di scavare dentro di te e cercare il proprio animale guida, che ho incontrato dandomi molta forza.

Da questo è partito tutto. Poi a gennaio di quest’anno sono andata in Guatemala con lui e con altre persone ad incontrare delle curandere e vedere le cerimonie del sigaro e del cacao, è stato interessantissimo.

Non sono assolutamente una sciamana, però mi piace leggere e sperimentare queste cose e devo dire che anche a livello musicale mi ha dato qualcosa.

Mi ha consolidato la voglia di fare musica, perchè a volte si possono avere anche dei dubbi nella vita e pensare che probabilmente si potrebbe fare qualcosa di più utile, invece questo viaggio mi ha dato la forza di dire “no, sto facendo la cosa giusta”: condividere musica, fare musica in un certo modo può fare bene ed è una delle cose importanti da fare in questo momento.

IR: anche il titolo The Spirit Things rimanda a questo.

LM: Sì, esatto, tutto viene da quello.

IR: tra le tue esperienze c’è quella di essere stata ‘resident artist’ al Fabra i Coats a Barcellona, come è successo?

LM: grazie a due amiche fotografe che hanno uno studio all’interno con cui stavo lavorando abbiamo partecipato ad un bando insieme e siamo riusciti a vincerlo così mi sono fatta quasi sei mesi a Barcellona ed è stato bellissimo. Sono rimasta sola in studio perché loro erano impegnate e ho registrato diversi brani. Purtroppo sono dovuta tornare in Italia un mese prima per il covid.
La Fabra i Coats la amo, ci sono tornata anche l’anno scorso per tre settimane, è stata una bellissima esperienza e quando posso ci torno sempre.

IR: in quel posto ci ho visto un festival post-rock (AMFest ndr)

LM: io avevo sentito il concerto di Alessandro Cortini ad un Festival di elettronica molto bello (MIRA Festival ndr). C’erano delle bellissime intallazioni. Stupendo.

IR: parliamo dei brani diThe Spirit of Things in particolare di Totem e Labirinto in cui hai collaborato con Federico Bisozzi e Tomat.

LM: di solito incido, compongo e suono tutto da sola ma mi piace anche suonare con altri.
Prima di sviluppare il mio progetto solista ho sempre suonato con altri e forse quello che mi manca di più è condividere il palco con qualcun altro, cosa che ora faccio per divertimento, ma spesso in studio.
Al momento mi piace condividere e collaborare, anche durante il periodo Covid ho fatto un sacco di collaborazioni ma sempre con artisti stranieri. Per The Spirit of Things volevo collaborare con degli italiani.

Con Tomat abbiamo lo stesso il manager, quindi è stato semplice sentirlo coinvolgerlo nella composizione di Labirinto ed è accaduto tutto in modo molto naturale. Siamo partiti da un’idea che avevo registrato con sinth e violino che gli ho spedito, lui poi ha iniziato a svilupparla e me l’ha rimandata e siamo andati aventi così pezzetto per pezzetto. Purtroppo non abbiamo potuto farlo, fisicamente nello stesso posto ma è stato un lavoro veramente a quattro mani.
Ora lui sta portando avanti un progetto che si chiama SPIME.IM sono in tre. Il live è pieno di visual, la musica molto “spinta”. Puntano su temi che riguardano il cambiamento climatico, la politica con dei messaggi molto forti. Adesso sono stati anche in Giappone, l’hanno portato al Mutek.

Invece con Federico Bisozzi il tutto è nato perché avevo sentito un suo pezzo in una compilation della nostra etichetta, la 7K!, e c’erano questi archi stranissimi che sembravano virtuali ma non lo erano e mi sono detta “devo scrivergli, voglio assolutamente questi suoni”. Poi ci siamo incontrati a Romae ho scoperto che in realtà suona anche un po’ il violoncello, e i suoni che usa li registra con un vero strumento e poi sperimenta. Siamo partiti da lì ed è nato il pezzo che dopo un’inizio difficoltoso ha preso la forma che volevo e sono felicissima del risultato. Anche a livello umano sono riuscita anche a passare del tempo con loro ed instaurare un rapporto che è una parte importantissima.

IR: In genere lavori da sola però.

LM: Sì in genere lavoro da sola, però mi piace tantissimo lavorare con gli archi e non è detto che riesca a fare un tour con ‘veri’ archi al seguito, ma al momento preferisco andare in giro da sola anche perché è più semplice: prendo il violino, prendo l’aereo e via.

IR: e i 5000 effetti che usi.

LM: bravissimo. (ridiamo ndr) ho anche quelli: una valigia di pedalini. Però piano piano mi piacerebbe reintegrare dal vivo altri musicisti con cui suonare. Già ho fatto qualcosa, in due siamo riusciti ad esibirci. Però sento che adesso devo fare da sola, però quello che mi piacerebbe tanto è uscire con un trio d’archi: ci arriveremo!

IR: per il genere musica che fai, poi riesci quanto c’è di improvvisazione e quanto vuoi o riesci a stare dentro uno schema preciso?

LM: io amo improvvisare è la parte che ‘cerco’. Ovviamente sui pezzi devo rispettare anche le melodie e le strutture che ho creato, però mi lascio dello “spazio” all’interno, come quando ho delle sequenze molto lunghe e lì mi lascio trasportare e posso improvvisare. E una cosa che dal vivo è bellissima perché senti il momento e ‘parti’ e la gestisci liberamente con quello che senti.

IR: la tua formazione inizia con la musica classica, uno immaginerebbe una gestione molto ‘formale’ dei brani.

LM: No, no, quell’aspetto è del tutto dimenticato. (ridiamo ndr)

IR: Pat Metheny una volta ha dichiarato che i spesso i titoli dei brani non riusciva proprio a darli e allora preferiva chiamarli con il tempo o lo stile, per te è semplice o hai delle difficoltà a intitolare i pezzi?

LM: sì alle volte succede ma io mi diverto a dare i nomi ai pezzi. Di solito nascono con un nome ma poi difficile che rimanga tale.

In questo album ce n’è uno solo che è nato così ed è rimasto così che è Orange, il penultimo.

Spesso li chiamo anche per il colore e che poi mi ricordano, mi tiro i miei trip(ridiamo ndr), e decido che assomigliano a quel colore e cose del genere.

Gli altri invece hanno preso il loro nome definitivo alla fine, alcuni con più facilità altri in modo meno scontato.

Tra i più facili da capire è a North che è l’ultimo, nato da una passeggiata che ho registrato, fatta nella neve è un passaggio, un andare verso nord legato agli sciamani, perché gli sciamani più antichi più riconosciuti sono quelli della Siberia. E si dice che alla fine c’è che l’uomo va sempre verso nord, è una sorta di ritorno a casa.

Invece Totem, il pezzo con Bisozzi, che doveva essere uno dei pezzi sull’animale guida, sulla sua ricerca dell’animale e lo volevo chiamare Animale totem. Scrivendomi con lui è saltato fuori che aveva appena ritrovato un totem, un vero totem che aveva fatto suo nonno, al che, commossa, l’ho chiamiato solamente Totem, ed era perfetto.

Invece Dark Horse il cavallo scuro o misterioso in inglese, mi piaceva che fosse un pezzo che andasse a toccare delle corde più intense, a breve uscirà un video proprio di questo brano e vedrai! (ridiamo ndr).

Anche Under the bombs ha una storia interessante, sempre legata all’animale. Mi sono chiesta: cosa vedono gli animali di noi umani? Soprattutto in questo momento storico. Un video che uscirà dopo l’uscita del disco, sarà proprio Under the bombs e abbiamo fatto un lavoro di immagini di foto trappole di animali le ripresi mescolato con i mirini dei droni che vanno a bombardare.
L’idea è quella di cercare di vedere il mondo e l’uomo dal punto di vista di un animale.

IR: che strumentazione usi? Hai solo un violino di un solo tipo o diversi?

LM: il mio violino principale è un violino cremonese, vado dal mio liutaio a Cremona e ogni volta che glielo porto lo puliamo insieme e lo sistemiamo. Il liutaio è tedesco ma ha la bottega a Cremona e ci vediamo sempre con piacere.

Ho anche un violino elettrico e ogni tanto faccio delle parti anche con quello. A volte lo uso dal vivo a volte solo in studio perché mi piace molto registrarlo per le distorsioni, perché attaccano molto di più. È come usare una chitarra elettrica rispetto ad una classica. In realtà riesco ad elettrificare molto bene anche il violino classico, però su certe cose l’elettrico è ancora più potente. Quindi per registrare ogni tanto lo uso. Poi ho la viola che è molto semplice da suonare e la uso spesso per registrare.

Ho anche un violoncello che uso malissimo e lo uso per fare dei suoni e lavorarci su. Mi piace anche usarlo ma non ho l’impostazione. Però se mi serve registrare chiamo qualcuno che lo sappia usare davvero altrimenti se devo creare solo dei suoni, dei layers che mi piacciono, me li faccio da sola e mi diverto.

E poi sentire il suono basso che vibra addosso è una cosa che adoro.

IR: Tra le tante collaborazioni che hai fatto ho visto che hai fatto il tour teatrale di Father and Son con Claudio Bisio. Come è andata? Per quello che mi hai detto suonare sempre le stesse cose tutte le sere non è risultato pesante?

LM: abbiamo fatto tra le 180 e le 200 date alla fine, quindi un bel po’ di spettacoli. Alla fine non mi sono mai annoiata. E’ durata tre anni, più un anno di preparazione ed è stata un’esperienza che mi ha dato un sacco di soddisfazioni e soprattutto mi ha insegnato tantissimo.

Intanto Claudio è un professionista, è una bellissima persona, quindi ci siamo anche divertiti. Devo dire che siamo sempre andati molto d’accordo.

Lo spettacolo era un monologo con sul palco io e un chitarrista, per cui per più di metà spettacolo suonavamo, C’era tanto da suonare e serviva tanta concentrazione e serietà. Abbiamo fatto un bellissimo lavoro anche preparatorio anche con il regista Giorgio Gallione di Genova. Lui lo ringrazio per avermi insegnato l’atteggiamento sul palco, un po’ di arte scenica che nel mondo della classica la fanno solo i cantanti lirici.

Invece è una cosa importantissima perché i musicisti tendono ad andare negli angoli più bui del palco, e non si accorgono che gli occhi sono sempre puntati su di loro. Qualsiasi cosa che tu faccia sul palco viene notata, viene vista e devi essere consapevole di tutto quello che fai.

Pensa che alla prima, al Festival di Ravenna, dopo lo spettacolo, la prima persona che è venuta in camerino è stato Riccardo Muti è venuto a farmi i complimenti!!!Non mi sembrava vero!

IR: live dove suonerai ?

LM: ho fatto la prima data a gennaio in Olanda all’Eurosonic a Groningen, lì c’era anche Daniela Pes che è venuta a vedermi! Mi piace molto il suo lavoro.

E adesso si stanno muovendo un bel po’ di date: ne farò quattro date in Portogallo, una in Germania, una in Svizzera, una in Belgio e ovviamente anche in Italia, è tutto in evoluzione.

IR: riesci a fare date con altri artisti affini al tuo genere?

LM: diverse volte ho fatto da opener per altri e questo aiuta molto ad accrescere il proprio pubblico. Mi è successo aprendo per Hania Rani o Federico Albanese.

IR: che musica ascolti di solito?

LM: in continuazione perché fonte di continua ispirazione ascolto Nicolas Jaar, soprattutto Cenizas.

Poi Thom Yorke, soprattuto i lavori solisti e con i Radiohead.

IR: con lui vinci facile(ridiamo ndr)! Hai sentito l’ultimo del suo gruppo The Smile?

LM: The Smile, faccio un po’ fatica.

Adoro invece Bjork, al Primavera Sound quando l’ho vista nel 2018, intorno a me c’erano persone che piangevano! E io con loro!

Tra gli ultimi usciti adoro Daniela Pes, poi  Bendik Giske un sassofonista di Berlino che spesso suona con Caterina Barbieri , che adoro. Un altro che seguo è Colin Stetson, che è un sassofonista inglese.

Tra le violoncelliste amo Ildur, fresca di Oscar, una violoncellista di grande ispirazione di Berlino e Claris Jensen che è una violoncellista di New York, molto brava.

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