Intervista: Arianna Pasini
Abbiamo intervistato, in occasione dell’uscita del primo album, Arianna Pasini.
Il suo “Verso una Casa”, pubblicato da Brutture Moderne,Crinale Lab e Urlaub Dischi con il sostegno di Emilia Romagna Music Commission (distribuzione Believe Italia), vede la musicista ravennate in veste di cantante e autrice, dimostrando un grande talento, non solo dietro all’amata chitarra finora sempre al servizio di altri musicisti tra cui Don Antonio, Any Other e come ci ha raccontato, Manuel Pistacchio.
L’abbiamo intercettata alla sua seconda uscita live all’Arci Bellezza di Milano il 17 febbraio, dove ha presentato i brani dell’album e aggiunto qualche cover, una bella versione di Universo di Cristina Donà su tutte.
La data milanese ha visto salire sul palco molti di quelli che l’hanno aiutata a registrare l’album : Adele Altro, Marco Giudici, Generic Animal e Antonio Cortesi.
Arianna attualmente è in tour con Any Other.
Ecco cosa ci ha raccontato.
IR: Venerdì hai presentato il disco al CISIM a Lido Adriano, come è andata?
AP: Sì, molto bene, come prima data molto bene. Più che altro perché è un luogo “del cuore”. Il CISIM è di fianco a Lido di Dante, che è questo piccolissimo comune della Riviera ravennate, dove abbiamo registrato l’album. Quindi mi piaceva che si concludesse un ciclo da dove è nato l’album.
IR: ho visto per la prima volta il tuo nome citato da Antonio Gramentieri (Don Antonio): hai suonato nel suo album La Bella Stagione. Come è avvenuto questo incontro?
AP: ci siamo conosciuti nel 2019 e eravamo a questo Festival che si chiama “Artisti in casa” a San Marino ed ero a suonare con una mia vecchia band che si chiama Manuel Pistacchio. Che vi consiglio! E’ un nome da rock demenziale lo so, ma in realtà è molto profondo sia come testi che poi come musiche.
Io avevo la mia Danelectro. Sempre col jazz chorus che è un amplificatore che ho anche questa sera, che in realtà hanno un po’ tutti, soprattutto su Milano, però nel 2019, almeno in Romagna, non mi sembrava che ce l’avessero in tante persone e a lui aveva colpito questa scelta. Per me è stato rapito prima dagli strumenti “insoliti” che dal mio modo di suonare (ridiamo ndr).
Alla fine dell’esibizione si è presentato e mi ha detto che nella band, a quattro, non ero mai troppo invasiva sui pezzi, avevo un suono che si sentiva ma non era predominante ma essenziale. Le mie parti erano potenti ma circoscritte. Lui era rimasto colpito da questo e mi ha proprio detto:”mi piacerebbe che tu registrassi nel mio disco di canzoni in italiano”
E io ci rimasi perché ovviamente conoscevo di fama Gramentieri e ho risposto: “Assolutamente sì, volentieri.”
Poi dopo da lì abbiamo registrato e sono andata in tour con lui Piero Perelli e Roberto Villa al Basso. Musicisti eccezionali, devastanti e ogni volta mi chiedevo: “ma cosa ci faccio qui?” (ridiamo ndr).
Ho imparato tantissimo anche da lui, da questa esperienza, poi anche sugli strumenti mi ha mi ha aperto un mondo.
IR: invece al tuo album come sei arrivata?
AP: è stato un percorso. Diciamo che ho iniziato più o meno 11 anni fa, perché il primo pezzo l’ho scritto nel 2013, e l’ho sempre tenuto nella mia camera, i pezzi che scrivevo erano molto intimi. Scrivevo dopo un evento più o meno significativo per me che fosse legato a un rapporto di amicizia o di amore o di esperienze. Ad esempio Gravità l’ho scritta e durante una sessione d’esame pesantissima, dell’università.
Perché sono laureata in storia dell’arte, ho fatto la triennale beni culturali, poi ho fatto magistrale in arti visive e mercato dell’arte e stavo preparando l’esame di fenomenologia dell’arte contemporanea e mi sentivo in un altro mondo, e da qui l’assenza di gravità di questo mondo surrealista.
Così per gli altri brani: ad ogni avvenimento significativo scrivevo e li mettevo da parte.
Ad un certo punto, parlandone con Francesco Giampaoli (poi produttore/editore via Brutture Moderne dell’album ndr) che suonava con me in Manuel Pistacchio, e Marco Giudici, conosciuto tramite un altro progetto, Urali, di cui facevo parte e con cui avevamo aperto diversi concerti di Any Other, mi chiesero di ascoltare i brani. Marco mi disse che se volevo poteva fare da produttore insieme a Giampaoli. E’ stato molto ‘magico’ soprattutto quando abbiamo iniziato a dargli veramente un senso.
IR: non hai suonato solo la chitarra nel tuo album
AP: ho suonato tanti strumenti. In realtà inizialmente l’idea era quella di suonare tutto da sola. Però poi ho pensato no, è troppo autoreferenziale e poi diventerebbe una cosa troppo “malata” e ho deciso che sarebbe stato bello se fossero intervenute altre persone.
Volevo che fosse sincero e diretto, anche non perfetto ed era per forza da suonare insieme ad altri nello stesso momento: con chitarra, basso, batteria abbiamo fatto 7 pezzi su 10 registrati in presa diretta. Il senso coinvolgere altri musicisti era anche questo.
IR: i brani sono molto personali, eseguirli ti aiutano a superare qualcosa che ti ha segnato o come hai detto a rielaborare il motivo per cui li hai scritti?
AP: diciamo che è come fossero delle fotografie di quello che è stato e di certo non aiutano, però ti fanno vedere le cose per quello che sono. Sono legata a quei momenti e per ogni pezzo, appunto, c’è un momento, una fase della mia vita. Sono quasi 11 anni racchiusi in un disco, conta che effettivamente scrivevo un pezzo all’anno, quindi mi riconosco nelle varie fasi della mia vita.
IR: mi ha colpito molto I Giganti com’è nata questa canzone?
AP: parla di incubi, sogni. E’ un brano molto intimo, infatti faccio un po’ fatica a parlarne. E’ nato dal fatto che penso che abbiamo effettivamente bisogno di qualcuno che ci protegga, che sia un genitore, un amico o ma anche un animale, che stia al bordo del nostro letto che ci faccia sentire protetti e allontani i pericoli.
IR: equale brano hai scritto per primo?
AP: Ancora o àncora. Mi piace l’idea che non abbia un accento ed è leggibile in due modi diversi. Il brano parla di questa relazione più che altro amorosa dove non c’è sincerità e però ci si continua a stare dentro senza riuscire ad uscirne.
IR: invece tra i brani qual è che ti ha dato più difficoltà oppure quello che tu hai pensato in una maniera ed è finito in un’altra?
AP: ma in realtà diciamo che avevo sempre un’idea ben precisa della direzione da prendere.
La canzone che è cambiata di più nel tempo è sicuramente Gravità, che aveva inizialmente un ritmo ben preciso poi diventato valzer e infine lo volevo sempre più psichedelico. Sicuramente quello è il pezzo dove ci siamo tutti sbizzarriti.
IR: il mondo musicale è sempre visto come machista, tu ne hai avuto la sensazione o esperienze negative in questo senso?
AP: sicuramente sì! Ho avuto tante esperienze da turnista, perché prettamente mi sento più musicista che cantante e cantautrice, e quindi spesso ho avuto situazioni non troppo piacevoli con frontman un po’ troppo capetti all’interno della band e questo l’ho sofferto.
Ho sofferto lavorare come musicista con persone che non credevano in me come musicista, ad esempio fonici, tecnici che comunque, appena varcavo la soglia del locale, mi chiedevano se ero la cantante.
Addirittura un fonico e questo mi ha segnato particolarmente nel 2019, prese un jack e mi disse: “questo è un jack, lo devi attaccare alla chitarra e all’amplificatore” e ci rimasi male. Gli risposi, però non come avrei voluto, perché ogni volta, mi dico “ci penso poi dopo” dicendogli: “guardi, io sono da quando ho 7 anni, non c’è bisogno di spiegarmi che cos’è una chitarra o che cos’è un jack.”
Però è quel modo di essere prevenuti verso poi un’artista, una musicista donna che mi ha portato anche a pensare di smettere, non è semplice e spesso non veniamo prese molto sul serio.
IR: purtroppo la tua risposta ha molto in comune a quello che mi hanno risposto altre artiste. Con Any Other però non succede, siete in maggioranza donne.
AP: sì siamo più ragazze, infatti questa cosa è molto bella e per fortuna abbiamo anche la fonica che è una ragazza! a.
IR: per finire dimmi cosa stai ascoltando ultimamente?
AP: sono quelle domande che quando mi vengono fatte non so mai bene che cosa rispondere. Sto ascoltando tantissima musica.
Ad esempio oggi in viaggio ho ascoltato Atom Heart Mother dei Pink Floyd perché me lo dovevo fare questo regalo, dopo un po’ lo riascolto, è uno dei miei album. Poi Weyes Blood, i Mazzy Star e ho ritirato fuori anche i Radiohead che non ascoltavo da tanto. Adoro In Rainbow.
IR: chi ti ha trasmesso questi ascolti? Per una ragazza giovane come te non è ovvio citarmi i Pink Floyd!
AP: in famiglia ho sempre respirato l’aria del rock, mio zio è il batterista degli Skiantos!
Tutti sono più o meno appassionati di arte e musica, un po’ pazzi e un po’ artisti.
IR: ultima domanda: visto che sei laureata in storia dell’arte a quale artista affiancheresti la tua musica?
AP: così, proprio di botto mi viene in mente Franz Kline, ma potrei cambiare idea tra 10 minuti (ridiamo ndr)