Intervista – Aftersat
In occasione della pubblicazione del loro ultimo brano, “Terra c’accide”, abbiamo fatto qualche domanda agli Aftersat, band campana con un EP all’attivo e una buona bacheca di premi di caratura nazionale: un melpot efficace fra rock, world music e folk mediterraneo che s’intreccia ad una scrittura di chiaro stampo autorale, arricchita dalla scelta del napoletano come lingua di riferimento.
Benvenuti sulle nostre colonne, Aftersat! “Terra c’accide” è il vostro nuovo singolo: vi va di parlarcene? Che valore ha, per voi, questo ritorno in pista?
Di gratitudine e di rivalsa al contempo. Finalmente siamo riusciti a pubblicare dopo un lungo peregrinare un brano prodotto tempo fa proprio in terra patria, senza il verosimile supporto di un’etichetta ma dal basso, con le sole nostre forze, mettendo insieme esperienza e competenze raccolte sul campo.
Terra che uccide, un titolo che pare una “dichiarazione di guerra”, o meglio, una ricerca di pace… Quali sono le cose che più “uccidono”, nell’essere, come voi siete, “figli” di questa terra addolorata e dolorosa?
La presenza di spazi ridotti in termini di occupazione nonostante la bellezza e ricchezza del territorio…
Avete pubblicato, qualche tempo fa, “Intosole”, un EP che raccoglie tre tracce che paiono legate in qualche modo anche al presente singolo… come mai “Terra c’accide” non fa parte del tridente? Avete notato una “diversità” con le altre tracce che avete voluto preservare?
Diciamo che non fa parte del “tridente” soltanto perché ancora non esisteva.
“Terra c’accide” nacque in una sua prima versione qualche settimana dopo aver concluso le registrazioni di “Intosole”, frutto quindi dell’ispirazione che ci diede quell’esperienza in studio. Penso si possa dire che in realtà “Terra c’accide” sia figlia di quell’EP.
Avete partecipato a numerosi concorsi, e vi siete esibiti in contesti diversi e stimolanti un po’ in tutta Italia… qual’è, fin qui, l’esperienza che più vi è rimasta nel cuore?
Il conseguimento del premio della 19ma edizione de “L’artista che non c’era” lo scorso luglio al CPM di Milano.
Ci ha molto colpito, nelle vostre note stampa, il riferimento al “fauno”, creatura emblematica di un certo tipo di “folklore” e vicina a significati che raccontano la vostra musica… vi va di parlarne meglio ai nostri lettori?
Certo, la creatura mitologica a cui ci siamo affiancati, oltre a essere protettrice di greggi e armenti, essendo rappresentato con un flauto di pan riveste anche il ruolo di protettore dei musicisti. Tra le sue doti, per mettere in fuga i briganti, emetteva un grido assordante che richiama la nostra modalità di espressione.
Inoltre è tra i protagonisti della storia millenaria dei Campi Flegrei il che ci restituisce in modo ancor più marcato una connotazione territoriale o meglio legata alle radici, alle origini.
Di “Terra c’accide” esiste anche un videoclip… vi va di raccontarci come avete lavorato alla realizzazione del tutto?
Il videoclip e il brano, riguardano un sentimento molto preciso: l’odi et amo verso la propria Terra di origine, verso la propria “casa” da cui spesso sentiamo la necessità di allontanarci, ma senza riuscire a farlo radicalmente. Resta sempre vivido il ricordo di ciò che ci manca, della nostalgia e della “saudade”, direbbero i portoghesi.
La nostra priorità è stata quindi quella di raccogliere questo sentimento comune da più persone possibili, affinché riuscissimo a generalizzarlo ma allo stesso tempo personalizzarlo e accostarlo alla storia di Damiano, il protagonista del video.