Interview – Zerella
In occasione dell’uscita del suo ultimo singolo (dopo quasi due anni di assenza dalla scena) “All’una con te”, abbiamo fatto qualche domanda al cantautore irpino Zerella.
Ciao Zerella, e bentrovato su Indieroccia. La prima domanda che viene da porti è: dove sei stato tutto questo tempo?
Grazie a voi per questa intervista. La risposta è semplice: da laureato in Agraria so bene che alcune piante vanno tirate su dritte per ricavarne dei frutti. Per farla breve, nell’ultimo anno e mezzo sono successe tante cose (pandemia inclusa) che mi hanno rallentato ma non fermato. Tuttavia non sono e non sarò mai il tipo di cantautore da cui aspettarsi un brano al mese.
“Tutta Bianca”, la tua ultima pubblicazione, sembrava essere l’inizio di un nuovo corso, dopo la pubblicazione del tuo disco d’esordio. Oggi, a quasi due anni da allora, continui a vederla come la partenza di un ciclo a cui appartiene anche “All’una con te” o la fine del percorso precedente?
Assolutamente, “Tutta Bianca” continua ad essere un punto di partenza da cui sono (ri)partito. Ovviamente “All’una con te” prosegue su questo percorso artistico; sono due brani tra l’altro scritti a pochissima distanza l’uno dall’altro.
E finalmente, tra l’altro, hai un’etichetta che ha deciso di scommettere sulla tua musica. Com’è nato il tuo rapporto con Revubs Dischi e soprattutto cosa credi che sia importante oggi saper riconoscere nel parterre discografico, per capire che è quello giusto? Piccola guida per indipendenti, come sei sempre stato (e continui ad essere) anche tu.
Sono partito nel 2018 con il mio primo disco prodotto con gli amici di una vita ma che fu pubblicato da una label siciliana. Aveva un approccio molto rock, perché in effetti il mio progetto esprimeva una pluralità di intenti simile a quella di una band e anche se i brani li ho sempre scritti io, in saletta si finiva per arrangiarli insieme ed arrivare in studio con dei brani già “prodotti” e pronti da registrare. Con Revubs è stato molto naturale, io da buon orso irpino sono sempre restio a mandare in giro proposte di collaborazione per la mia musica a persone che conosco da poco, mentre sono più propenso a chiedere un feedback. A Marco (produttore e manager di Revubs) era piaciuta “Tutta Bianca”, ci siamo incontrati sul palco del Mikasa a Bologna prima della pandemia e in quell’occasione mi ha detto che sarebbe stato figo mandargli qualcosa di nuovo per la sua label. Un anno dopo, eccoci qui.
“All’una con te” ha riscosso una grande partecipazione della scena underground locale, coinvolgendo più di venti artisti in un rilancio ossessivo dell’annuncio di uscita del tuo brano. Esiste, secondo te, una scena d’oggi? La nostra generazione, così si dice, sembra non avere una precisa identità…
Consentimi innanzitutto di ringraziare tutti gli amici musicisti, cantautori, giornalisti musicali e artisti che hanno aderito all’iniziativa di “Artisti x All’Una”.
Non amo dare le etichette alle cose, sinceramente non saprei dirti molto sulla mia generazione, io mi sento tra due fuochi.
Secondo me, però, una scena che esiste davvero è quella delle artiste indipendenti, le più navigate ed esperte non si fanno problemi a condividere sui social le canzoni delle più giovani e scambiarsi consigli, opinioni e idee. Per lo meno questa è la sensazione che io, che sicuramente non corrisponde a verità assoluta ma vedo molto più arrivismo ed egoismo tra cantautori rispetto che tra cantautrici; forse l’esigenza di vedersi rappresentate maggiormente nella musica d’autore rende possibile una straordinaria forza d’adattamento che obiettivamente non tutti hanno. Non so se sia un fattore culturale, di mentalità o biologico ed onestamente non me ne frega. Prendo atto del fatto che mediamente le cantautrici sono più capaci di vivere assieme in una scena musicale, in modo orizzontale e senza “falsi” guru.
Possiamo definire il tuo singolo come “politico”? Oggi fa paura utilizzare questa parola: la si usa, in realtà, anche laddove di “politica” c’è n’è poca, mentre la musica delle nuove generazioni sembra aver abbandonato il terreno dell’impegno. Come mai, secondo te?
Sì, è corretto definirlo un singolo “politico”. Se fa paura è perché le persone associano la politica al male assoluto e i partiti a entità stagnanti e non fluidi, quando migliorare si può, partendo dalla nostra coscienza civica espressa con il voto.
Ti dico, poi, che per me non è assolutamente vero che la Gen Z non faccia politica nei testi, ci sono tanti ragazzi più giovani che nei testi fanno politica ovviamente con un linguaggio radicalmente diverso da quello dei nostri putativi e forse anche di noi nati negli anni 90. Detto ciò, è legittimo scegliere anche di non scrivere un testo “politico” e può essere bellissimo comunque.
La cosa più importante che volevi dire con “All’una con te”. Lascia perdere che poi il significato dipende da chi ascolta; alla base, alla fine, c’è sempre un messaggio ben chiaro, una fotografia forse fuori fuoco, sì, ma di una situazione reale.
Volevo dire che mi sono rotto le scatole dei populisti di destra e anche di quelli di sinistra, di chi nega la tossicità che possono assumere le relazioni e i gesti quotidiani. All’una con te è un manifesto all’ansia del non capirsi nonostante il nostro essere iperconnessi.
Salutaci esprimendo l’opinione più impopolare che condividi. Qui sì che ci vuole coraggio!
Stimo l’ondata di freschezza che sta portando in Rai Valerio Lundini, ma a me non fa ridere!