INTERVIEW – ZEPHIRO
Abbiamo intervistato gli Zephiro per conoscere al meglio un progetto di qualità e di estremo interesse. Questo il risultato della nostra chiacchierata in occasione dell’uscita del loro ultimo lavoro. Buona lettura.
Come nasce il vostro progetto?
Claudio Todesco – chitarra: Nasce nel 2002, e come spesso accade, inizialmente come band di cover miste con qualche brano originale. Già dopo pochi live avevamo abbandonato le cover per proporre la nostra musica. Eravamo in quattro ed ognuno proveniente da mondi musicali diversi che si fusero proponendo qualcosa di ingenuamente autentico.
Quali sono le vostre influenze principali?
Leonardo Sentinelli – batteria: Ho scoperto la new wave classica grazie ad Interpol, Editors e White Lies, ma anche grazie agli ascolti dei miei genitori come ad esempio i Tears For Fears. La new wave mi ha insegnato ad essere minimale ed essenziale, pochi piatti e poche “ghost note”. Mi sembrava una gabbia ma fu solo un’impressione iniziale, è semplicemente un altro linguaggio con cui comunicare.
Claudio Todesco – chitarra: Avendo vissuto l’infanzia negli anni Ottanta ho assorbito pienamente tutti quei suoni ma ne ho capito la genialità solo un decennio dopo. Nell’arrangiamento i miei maestri sono i Tears For Fears, nella composizione The Cure, Psychedelic Furs, The Sound, Talk Talk e potrei andare avanti a lungo. Per le liriche sicuramente Garbo e Franco Battiato.
Francesco Chini – voce, basso: Progetti come il nostro devono spesso fare i conti con l’idea preconcetta per cui la facilità di ricondurre un certo linguaggio musicale a un decennio specifico – nel nostro caso gli anni Ottanta – comporti quasi l’obbligo di pescare da quel mondo per indicare influenze e “padri putativi”. Invece a noi non dispiace citare anche nomi legati al decennio successivo, se non altro per via di un’urgenza narrativa che ce li fa percepire vicini. In questo senso menzioniamo sempre volentieri Massimo Volume, Andrea Chimenti, La Crus e gli Scisma di Paolo Benvegnù. Se poi vogliamo proprio recuperare una prossimità anche stilistica, è sempre bello ricordare Litfiba e Bluvertigo, ma anche realtà come
Parlateci di “Baikonur” come nasce l’idea dell’album?
Claudio Todesco – chitarra: L’album è il fisiologico termine di un percorso che a volte nasce spontaneamente per poi seguirne la strada intrapresa. A noi è successo proprio questo: dopo i primi brani come La Colpa, Amelia e Crisalide avevamo notato un filo conduttore che ci rappresentava ed avrebbe permesso alle composizioni successive di essere coerenti con le precedenti. L’album in generale deve essere per noi un viaggio sonoro che vale la pena di intraprendere, a maggior ragione in questo periodo storico fatto di playlist di dubbia coerenza.
Com’è stato collaborare con Miro Sassolini dei Diaframma?
Claudio Todesco – chitarra: La collaborazione è andata di pari passo con il contatto umano pur se spesso telefonico. Lunghe chiacchierate per conoscersi di cui ricordo parecchi suoi racconti sul come visse gli anni 80. Tornando all’aspetto tecnico, Miro ricevette la traccia con una guida melodica di voce sul testo. Gli piacque e da professionista quale è impiegò poco ad entrare nel mood del brano anche empaticamente. Gli siamo grati poiché ha impreziosito l’album con la sua voce. Un vero e proprio dono.
“Cosmorandagio” è di sicuro un brano che non capita d’ascoltare sempre (come il resto del disco d’altronde), come mai la scelta del singolo è ricaduta proprio su questa traccia?
Claudio Todesco – chitarra: Nel testo del brano è presente la parola che dà il titolo all’album, “Baikonur”, il cosmodromo da cui partirono tutte le missioni spaziali sovietiche tra cui anche quella della sfortunata cagnetta Laika, vittima del progresso e della guerra fredda. Cosmorandagio è evidentemente una crasi tra cosmonauta e randagio, perfetta sintesi della protagonista del brano vissuta suo malgrado in piena propaganda di regime evidenziata con l’epicità del ritornello. La scelta è ricaduta sulla traccia più rappresentativa dell’album sia in termini sonori che di contenuti. Ne abbiamo anche fatto un videoclip grazie al videomaker Simone Serafini che in maniera egregia ha usato la posteristica e il costruttivismo del periodo.
Tante aperture importanti e diversi premi all’attivo, cosa vi aspettate per il vostro prossimo futuro?
Francesco Chini – voce, basso: Una delle cose migliori del nostro lavoro è e resta la possibilità di accostarsi sempre al futuro in quell’equilibrio tutto speciale che ti permette di trasformare l’incertezza in creatività. Non ci dimentichiamo mai che senza l’instabilità del nostro tempo non ci saremmo mai imbattuti in alcuni dei nostri migliori concerti, o nelle canzoni di cui nel nostro piccolo andiamo maggiormente fieri. Quell’instabilità il nostro tempo non ha mai smesso di offrircela: sta a noi fare altrettanto, e rimanere in grado di trasformarla in occasioni per comunicare qualcosa che valga attenzione.
Claudio Todesco – chitarra: Dopo due anni di pandemia sicuramente c’è il desiderio di esibirci in più luoghi possibili: la naturale conclusione della promozione dell’album. Contestualmente anche l’esigenza di rimettersi a comporre nuovi brani per iniziare un nuovo viaggio e ritrovare quel contatto umano che solo la band può darti.
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