Interview – Vasco Barbieri
“Hey” è un pezzo pop rock nato come reazione a una fase di sconforto personale di Vasco Barbieri. Può essere, quindi, considerato un incitamento musicale a lasciarsi andare, a lanciarsi nell’imprevedibilità della vita tornando ad avere come centro se stessi nella propria improbabilità. È un grido alla ribalta, come in Highlander, alla carica, un invito a godersi il viaggio della vita a prescindere da dove ti porti. Parola d’ordine: libertà.
Spiega l’artista a proposito del pezzo: «È un viaggio iniziatico, fortemente conflittuale, composto da scene bianche e nere, ambientate nel deserto e nell’acqua. Il deserto è l’aridità della mente con il suo continuo riflettere su se stessa, l’acqua rappresenta invece la complessità dell’inconscio in cui l’uomo s’immerge».
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lui:
Come nasce la figura artistica di Vasco Barbieri e cosa contraddistingue la sua musica?
Vasco era un pianista da caffè letterario che si consumava le dita per farsi offrire un drink a fine serata. Un lupo solitario che ha provato a inseguire tutte le stelle ogni notte, finendo per doverle inventare al pianoforte. Vasco è stato uno studente di Filosofia che, cercando di capire l’essenza della comunicazione, ha trovato la musica come suo strumento prediletto per condividere il succo della sua esistenza.
Ciò che contraddistingue le sue canzoni è la sincerità e la fiducia, la grinta e la spregiudicatezza. Lui comincia dal ritmo che il suo cuore ha quando prova una determinata emozione e lo filtra attraverso i suoi canoni mentali sino ad estrarne un sidro che non dà soltanto alla testa, ma all’anima. Vasco è un folle nel senso più filosofico, un artista che inseguirà per sempre le stelle e continuerà a ricordarci di guardare il cielo.
Come è nato il tuo singolo “Hey” e come si inserisce all’interno dell’album da cui è estratto?
“Hey” è arrivata inaspettatamente, come tutte le cose più importanti. Si è intromessa in un progetto di vita ed ha completamente capovolto le mie ambizioni convincendomi che la musica fosse un’arte preziosa di cui dovevo prendermi cura e dovevo approfondire. “Hey” è stato il momento in cui ho capito che dovevo smettere di distrarmi ed iniziare seriamente a meditare su ciò che ribolliva dentro di me, il mio coperchio stava per saltare. Per questo la musica in tutte le sue possibilità: perché sentivo che sarebbe stata un linguaggio segreto che mi avrebbe portato a scoprire molto di più di quello che sapevo. E sono una persona eccessivamente curiosa. Hey, nell’album The Turtle, edito Maqueta Records, rappresenta la chiave di volta che mi ha permesso di compiere una rivoluzione nello stile di vita sino ad accettarmi e a intraprendere un percorso personale. È stata la chiave di volta.
Cosa ne pensi della scena musicale italiana e come pensi di poterla arricchire?
Ritengo che la scena artistica italiana sia in ebollizione, questo è un tempo in cui si è costretti a scavare in profondità e ad affrontare la paura; per cui sento molta rabbia, risentimento, e penso che sia dovuto alla stessa paura che spinse me a scrivere rock. Mi sembra che gli artisti di oggi siano diventati la voce di tutto quello che è stato represso sino ad ora e che chiede di essere liberato. Condivido totalmente quest’accezione dell’arte, sebbene alla fine mi sia accorto che il mio limite ero io e le idee che mi ero fatto sul mondo. Soltanto una volta che ho finito di studiare filosofia sono riuscito ad andare oltre i confini delle parole che conoscevo, ed è a questo che vorrei servisse la mia musica, a rassicurare, a stimolare e a spronare. Spesso ci si convince che è il mercato della musica che non consente più di provarci, che la musica ormai non dà più scampo. Io, invece, dico: “diventa il ricordo che vorresti di te domani. Ed io voglio ricordarmi come qualcuno che ci ha provato, nonostante i giudizi e le paure.” Forse me ne pentirò, chissà! Ma almeno ci ho provato.
Quanto sono importanti i social nella riuscita di un progetto musicale?
All’inizio credevo fossero solo una perdita di tempo, una distrazione dalla mia indagine musicale. Col tempo, però, mi sono reso conto che forse, invece, potrebbero essere utili proprio per quell’indagine… perché alla fine stava diventando un suonarsi addosso. Invece scoprire come altre persone, che magari non conosci, condividono la tua ricerca e ti seguono, è rassicurante e molto stimolante. I social, tra l’altro, consentono di scoprire nuove tematiche da approfondire e da sviluppare. Personalmente non seguo molto i social perché, come si sa, gli algoritmi di questi programmi finiscono presto per riproporti sempre una stessa tipologia di notizie. Oggi come oggi i social in un progetto musicale non sono tutto, ma sono molto perché rappresentano il proprio biglietto da visita con il mondo e per i followers che magari vogliono approfondire le tue ricerche e interessi, può essere stimolante condividere i propri stimoli e spunti. Creano comunità, virtuali, ma spero di riuscire a incontrare tutti i miei follower personalmente ai miei concerti.
C’è un artista con cui sogni di poter avviare una collaborazione?
Sarei lusingato di collaborare con Banjamin Clementine. Rimasi folgorato dall’ascolto di Condolence, dal suo video Condolence | A Take Away Show, dalla sua intensità, dalla sua evoluzione, e mi piacerebbe molto conoscerlo e capirlo nella sua inquietudine. Il suo fare le condoglianze alla paura e alle insicurezze l’ho percepito come un intimo suggerimento per la mia carriera e la mia maturazione.
Puoi darci qualche anticipazione sui tuoi prossimi progetti?
Attualmente sto iniziando un percorso che mi farà riscoprire la musica classica nella sua astrazione e concettualità, nella sua formalità e perfezione. Quindi la sto studiando e approfondendo, voglio conoscere, conoscere, conoscere! Parallelamente sto preparando dei pezzi in italiano per riuscire ad arrivare a tutti e sto scoprendo che questa lingua, da cui prima musicalmente ero intimorito, mi concede un’espressione molto ricca e… romantica. È una lingua sublime, inafferrabile, perennemente allusiva. Per ora invece farò il possibile affinché il mio primo album riesca ad essere ascoltato da tutti, perciò si stanno definendo le date dei concerti e, magari, lanciare altri singoli inediti. La creatività ha un procedimento tumultuoso a cui non credo convenga dare troppe coordinate, piuttosto lasciargli la possibilità di esprimersi con la maggiore libertà possibile. Di questo mi voglio occupare, io sono solo un canale.