Interview: TUM
Il gradito ritorno sulle scene di Tommaso “TUM” Vecchio ex voce dei Pocket Chesnut con il singolo Darker (link in fondo all’intervista) ci dà l’occasione di farci spiegare come è nato questo nuovo progetto, cercando di scoprire come sarà il prodotto finale su “lunga distanza”.
IR: TUM è nato in India o l’idea di rimetterti in gioco e dare una forma diversa alle tue canzoni è nata dopo il viaggio?
TUM: Il viaggio è un tema caldo, la prima volta che ho pensato a TUM come band ero in Thailandia 5000 km più est di Mumbai, erano le vacanze di natale di due anni fa. Una notte non riuscivo a dormire, ho aperto le note vocali e ho scoperto di avere 40 demo che non ricordavo nemmeno…una di queste era DarKer. Ho preso coraggio con il tempo e sicuramente essere da solo 3 mesi in india mi ha dato una spinta decisa. Alla sera dopo il lavoro ero spesso in albergo da solo e suonavo tanto, il mio amico Dan mi ha prestato un’elettrica e un ampli da metallozzo per la gioia dei miei vicini di stanza.
IR: Come è stato comporre con un’altro artista di estrazione totalmente diversa dalla tua?
TUM: Vernon è un artista fantastico, mi ha fatto conoscere tantissime band indie indiane fighissime. Esiste un sito stupendo se volete approfondire sull’argomento, si chiama Maed in India. La cosa assurda è stato fargli ascoltare per la prima volta G Love, Zach Gill, Alexi Murdoch…lui suona con il loro registro ma non lo sapeva.
IR: Non avevi mai usato l’ukulele prima a parte la comodità musicalmente ti ha dato altro? ha un timbro diverso dalla chitarra…
TUM: Avevo un ukulele soprano in casa da anni ma non lo suonavo tantissimo, ne ho comprato uno tenore che si accorda sempre allo stesso modo sol4 do4 mi4 la4 e non suono nient’altro da mesi. Questo ovviamente non significa che io sia diventato bravo a suonarlo ma mi diverte tantissimo.
IR: Nei live la chitarra userai o l’hai accantonata?
TUM: La suonavo di rado anche con i Pocket Chestnut, perchè li mandavo fuori tempo. Gli strumenti che ho a casa mi servono solo a scribacchiare canzoni, poi una volta che prendono il volo con l’aiuto di altre persone (tendenzialmente sempre più brave di me a suonare) li abbandono e mi dedico alla melodia della voce. Questo per dirti che la musica che suono è sempre il frutto di un legame/rapporto con altre persone, non potrei mai definirmi solista…sarebbe una bugia enorme. Per questo i miei amici mi chiamano TUM dai tempi dell’università ma da pochi mesi anche la mia band si chiama TUM e questo fa di me Tum dei TUM.
IR: Ai tuoi vecchi compagni di strada(i Pocket Chestnut) hai fatto sentire qualcosa prima di registrare?
TUM: Si certo gli ho mandato i demo. Pol e Paolo sono passati a sentirmi al Carroponte, mi ha fatto tanto piacere. Pol dovrebbe passare in studio nei prossimi mesi perchè abbiamo una canzone in sospeso che mi piacerebbe inserire nel disco si chiama New Start…è un bel titolo e magari è di buon auspicio per vederci più spesso e tornare a scrivere qualcosa insieme.
IR: Cantare in inglese in Italia non è sempre una strada vincente: punti a qualcosa di più o proprio non te la senti di provare con l’italiano?
TUM: Mi fa ridere quando canto in italiano, è proprio una sensazione strana per me. Ho provato molte volte…non credo faccia per me. Poi mi vengono le macchioline sulle braccia e tocca prendere gli antistaminici. E’ coraggioso cantare in italiano e raccontare i fatti tuoi, ti mette a nudo.
IR: “Fare canzoni tristi” come scrivi sul profilo di TUM, aiuta davvero a vincere la tristezza?
TUM: Se fosse davvero così mettere su una cover band di Mount Eerie, in verità è tutto variabile. Credo di aver scritto molte canzoni “per colpa della solitudine”, come cantava il buon Pino Daniele. E’una sensazione davvero spiacevole, per me.
IR: Quando leggo “Loneliness” mi viene in mente Maria’s Little Elbows dei Sparklehorse. Quanto mancano?
TUM: E’ un artista immenso, riposi in pace, quell’EP che hai citato è immenso, contiene l’unica cover di Wish You Were Here che ha senso in questo mondo. Nel 2007 ero al Transilvania, non ho capito il suo live e nemmeno il suo disco: mi ha stordito come solo l’Arte con la A maiuscola può fare. La sua musica mi fa piangere, evito di ascoltarlo in coda in posta altrimenti poi mi chiedono “che succede” e la questione si fa lunga…
IR: Non hai nascosto la tua passione per i Wilco qual è il loro album che preferisci? Quello che metti su e non ti stanca mai.
TUM: E’ impossibile sceglierne uno, non hanno mai fatto un passo falso. Mi piace tantissimo Summeteeth e vorrei abitare dentro a I am Always in Love, se posso scegliere.
IR: Che direzione avranno i brani dell’album? Se ce ne sarà una…
TUM: Abbiamo circa 14 idee nel calderone, ci piacerebbe uscire con il prossimo singolo entro gennaio. Non abbiamo una sola direzione, ci sono tre brani paranoid-wave-blues-something sul registro di DarKer. Una canzone l’ho scritta lavando i piatti, avevo dei guanti gialli e mi è salito in testa uno swing che cantavo per casa insaponando ovunque…una scena davvero memorabile. Le canzoni sono molto diverse tra loro, una può ricordare i Junip… un’altra è simile a Sean Lennon del primo disco…non ci sono regole o vincoli e se ci piace la registriamo. Io suono per divertirmi, non ho altre velleità…almeno per ora.
Ascolta Darker: