Interview: The Whip Hand

Dopo aver ascoltato e apprezzato molto l’esordio del terzetto post-punk barese, abbiamo deciso di raggiungere i Whip Hand via mail per far loro qualche domanda e conoscere meglio questi tre ragazzi che si stanno distinguendo nel fitto panorama post-punk/new wave nostrano.

Quanta importanza ha avuto il Rock Contest, di cui vi siete meritatamente aggiudicati il primo premio, nel vedervi approdare nella scena indipendente italiana? Pensate sia dipeso solo dalla vittoria o si tratta di un genere musicale che riesce a funzionare in Italia per cui sareste comunque riusciti a farcela?Il Rock Contest è stato un trampolino di lancio fondamentale per noi.. molta gente ci ha trovati e ha avuto modo di ascoltare la nostra musica proprio in quell’occasione. A prescindere dalla vittoria (che non ci aspettavamo assolutamente), quella del Rock Contest è stata una vetrina incredibile che ha dato una certa visibilità a tutti gli artisti partecipanti.Descriveteci i vari passaggi che hanno portato alla realizzazione di ‘Wavefold’. È stato tutto rose e fiori o ci sono state delle difficoltà nel comporre/registrare i brani?

I brani presenti in “Wavefold” erano nel nostro repertorio già da molti mesi (e 3 brani nel disco sono stati ripescati dal precedente EP, “Mist” e rivisitati in coerenza con il resto del disco). Il filo conduttore tra i 10 brani dell’album riconduce a quell’atmosfera già nota ai tempi di “Mist”. In studio non abbiamo avuto problemi e siamo riusciti a registrare il tutto nei tempi previsti.. non nascondiamo qualche intoppo nella fase di mixaggio, avendo lavorato a 700 km di distanza col nostro produttore artistico Vincenzo Zingaro.. ma alla fine è andato tutto bene e il lavoro ci piace.

Quali sono le band che hanno rappresentato, o continuano a rappresentare, le maggiori influenze stilistiche di cui vi nutrite per dar vita alla vostra musica?

Proveniamo da ascolti diversi.. dalla new wave dei più oscuri anni ’80, allo shoegaze dei primi ’90, al noise/hardcore.. insomma partendo dalle leggende possiamo citare Joy Division, Cure, Bauhaus, Echo and the Bunnymen, Cocteau Twins, My Bloody Valentine, Slowdive, Dinosaur Jr fino ad arrivare a band dei giorni nostri come A Place To Bury Strangers, Motorama, DIIV, Whirr e simili..

Si tratta di band che ritroviamo nel disco o sono state accantonate temporaneamente?

Le influenze nel disco sono abbastanza esplicite.. quindi per il momento i nostri ascolti sono ancora molto influenti nelle composizioni.

I vostri testi di cosa parlano? Avete qualche preferenza tematica verso cui vi indirizzate in automatico componendo o “come viene, viene!”?

Le tematiche dei testi sono decisamente varie e non pensate a tavolino.. istintive, potremmo dire. Gli stati d’animo del momento prendono il sopravvento. Quindi in definitiva si, “come viene, viene!”.

Qual è il brano che reputate il migliore su ogni versante del vostro disco, quello di cui andate fieri? E quello su cui avreste ancora lavorato cercando di migliorarlo? Ponendo il caso che ce ne sia uno!

Contrariamente a quello che si possa pensare non abbiamo una gerarchia di preferenze tra i brani.. suoniamo con piacere trutte e 10 le canzoni di Wavefold, che dal vivo manifestano quel pizzico di grinta e aggressività in più rispetto alle registrazioni. Probabilmente il pubblico ci ha apprezzati di più dal vivo, proprio per queste ragioni.

Cosa pensate delle scena new-wave/post-punk italiana che si sta divulgando in modo sempre più fervido? Come credete si stiano “comportando” le band che non vogliono che tali stili musicali si spengano?

Notiamo la crescita di questa tendenza da qualche anno a questa parte e non può che renderci felici (ovviamente). Soprattutto al Nord Italia, a quanto pare, questa scena ha trovato terreno fertile (considerando che i gruppi affini a noi provengono tutti da quelle parti). Di “nostalgici” nel nostro Paese ce ne sono tanti, e sono proprio queste persone a mantenere viva questa scena.

Vi sarebbe piaciuto nascere, come band intendo, trent’anni fa, in cui era anche più facile probabilmente emergere e farsi notare, o vi va bene tentare fino all’ultimo di farvi conoscere in contesti musicali come quelli odierni?

Sicuramente 30’anni fa sarebbe stato più semplice farsi “promuovere”, almeno crediamo. Tuttavia i tempi sono profondamente cambiati e riteniamo inutile fare paragoni con un contesto che non abbiamo vissuto in prima persona e che magari non è stato proprio come lo immaginiamo noi. Per ora facciamo il possibile e cerchiamo di interfacciarci al meglio con la scena in cui siamo inseriti.. sperando si veda il giusto riscontro.

Come spieghereste questa sorta di indifferenza nei confronti della musica indipendente? Di chi è la “colpa”, delle band che non si impegnano abbastanza, delle etichette che non promuovono abbastanza, di chi sostiene il marketing musicale che non compra abbastanza o di ognuno di loro che non recita abbastanza “meaculpa”?

Abbiamo già speso parole in altre interviste riguardo la questione coverband. L’ideologia del “gestore medio”, a braccetto con quella del “musicista medio” soffocano i veri talenti (a livello creativo) presenti nel nostro paese. “La musica non ti darà da vivere”, questa frase l’abbiamo sentita e la sentiremo tante volte e per molti sarà così finchè non cambierà il modo di pensare e il modo di approcciarsi alla musica inedita di un diverso stampo. Tutto questo secondo il nostro pensiero ovviamente. Per quanto riguarda il mondo delle etichette indipendenti non siamo poi così rodati in merito da poterne prospettare una panoramica generale, tuttavia possiamo ritenerci soddisfatti dell’approccio che ha riguardato la produzione del nostro primo album.

Grazie ai Whip Hand

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