Interview – PLZ

É uscito venerdì 8 marzo 2024 su tutte le piattaforme digitali e in distribuzione Believe Music Italyil nuovo singolo dei P L Z dal titolo “cose belle“. Un nuovo capitolo per il duo senza volto di stanza a Milano: un’anima pulsante techno pop, una creatura luminosa dalle venature cantautorali che, come uno spettro,  vedevamo aggirarsi per la scena musicale già dal 2021, quando uscì l’album di debutto  “M E G A“, e che ora (finalmente) è di ritorno.

E come sempre non potevamo dalle loro influenze musicali, per un progetto così stratificato non è stato facile, ma ci hanno riservato alcune sorprese. Avreste mai detto che i primi Genesis erano tra i loro ascolti?

  1. Quali sono le vostre influenze musicali? C’è qualcosa che non ci aspetteremmo mai?

Tanta elettronica, soprattutto inglese: dalla Warp con Broadcast, Boards of Canada, Clark, Stereolab, alla garage e il dustep: da The Streets a Overmono, passando per Vynehall e Joy Orbison. Tanta techno tedesca, da Basic Channel a B-Pitch Control e oltre. E poi, andando indietro, la new wave, il post-punk, Bowie, perfino il prog-rock. Guilty pleasure: i primi Genesis. Nel nuovo album credo che qualcosa in quel senso possa venire fuori…

  1. E che tipo di ascoltatori siete nella vostra quotidianità? Dischi interi o playlist? Spotify o vinile? Dove scoprite musica nuova e quanto siete aggiornati sulle nuove uscite?

Ascoltare musica è una passione che abbiamo alimentato negli anni seguendo percorsi con le loro diramazioni e intersezioni. Abbiamo intere discografie (vinili e cd) di artisti sugli scaffali, ma poi, come tutti, abbiamo ceduto alla comodità delle piattaforme digitali, con tutto quello che ne deriva in termini di attenzione che si sfilaccia e bulimia sonora. Usiamo le playlist per tenerci aggiornati, ma anche la stampa digitale, quando non addirittura cartacea. Nella diatriba fra dischi e canzoni, scegliamo i dischi per i lunghi viaggi in solitaria, le canzoni per litigare fra noi e con gli amici. Ci piace l’idea di sapere cosa accade oggi e siamo sempre in cerca di artisti e dischi nuovi di cui innamorarci, in cui rispecchiarci e definirci: rifuggiamo dall’idea che tutta la musica sia bella, basta che l’intenzione sia lodevole e l’ispirazione sincera e altre banalità del genere. Rimanere aggiornati, trovare la motivazione per farlo, è una forma di sopravvivenza, come cambiare pelle. Ogni tanto però la voglia di vintage si fa avanti prepotentemente con tutte le sue confortanti conferme.  

3. E invece, che tipo di rapporto avete con i numeri (di ascolti, sui social…)? Siete mai preoccupati o temete mai il confronto?

Forse dovremmo esserne preoccupati, sicuramente sentiamo molto la pressione di chi ragiona in quei termini intorno a noi. Internet doveva essere lo spazio della libertà, dell’anarchia musicale. E invece i social hanno molto contingentato le forme musicali che “funzionano”, come del resto è sempre accaduto a livello industriale. Noi siamo scettici e romantici. Cerchiamo di usare i social nelle misura in cui ci stimolano creativamente e di non farci prendere troppo dall’ansia performante. Ci piace ancora perdere un sacco di tempo nel trovare il suono giusto di basso synth piuttosto che l’inquadratura adatta per le stories. 

  1. E di cosa parla il vostro nuovo singolo “cose belle”?

È nato come un moto di stizza contro l’abuso dell’aggettivo “bello” che si fa nei post, di solito quando qualcuno deve presentare il prodotto del proprio lavoro, del proprio gusto, senza apparire troppo invadente o presuntuoso. Riportato a livello interpersonale, come all’interno di una coppia, “ti scriverò solo cose belle” è il modo per evitare il conflitto, il confronto, la segnalazione di una crisi. Come far finta di nulla in nome del quieto vivere. Anche se poi le storie finiscono e uno dei due si ritrova solo per strada di notte. Perché per quanto tentiamo di essere carini e gentili, la vita non lo è affatto. 

  1. E quale domanda avremmo assolutamente dovuto farvi e invece non vi abbiamo fatto? Quale invece la risposta?

La domanda non saprei. Ma la risposta è sempre “l’autoerotismo”. 

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