INTERVIEW – PETER KERNEL

L’uscita di Drum to Death dopo cinque anni di altri progetti dei nosti amati Peter Kernel non poteva che spingerci ad un’intervista in coppia a Aris Bassetti e Barbara Lehnhoff, il cuore a anima della band ticinese/canadese, prossimi ad una data milanese.
Tra ‘porno per batteristi’ e nuovi progetti ci hanno spiegato come è nato il disco e tutti gli sforzi che sono stati necessari per vederne la luce.

Premessa: Barbara aveva una maglietta degli Health, gruppo noise americano

Legenda:
IR-B: Stefano Bartolotta
IR-R: Raffaele Concollato
PK-A: Aris
PK-B: Barbara

IR-B: Ciao! Gli Health piacciono anche a me!

PK-B: Ma va?

IR-B: Anche se sono un po’ strani e di solito non ascolto quel tipo di musica, però loro mi sono sempre piaciuti. Li ho anche visti alla casa 139.

PK-B: a me piacciono ma non li ho mai visti live: come sono stati?

IR-B: il live è potentissimo, una botta assurda, più di recente mi è capitato di vederli di spalla ali Interpol al Fabrique, però erano un po’ più tranquilli.

PK-B: eh immagino.

IR-R: mi ricordo che qualche anno fa, man mano che vi preparavate ai 15 anni su Facebook ringraziavate man mano le persone che vi erano state più vicine e ogni tanto veniva fuori che c’era un batterista, poi un altro e ancora un altro (ridiamo ndr) quindi nella vostra storia il batterista è sempre stato un problema o siete solo stati sfortunati?

PK-B: eh con i batteristi, c’è odio e amore, nel senso che non siamo mai riusciti a trovarne uno fisso.

PK-A: è partito tutto quando abbiamo fatto uscire White black Heart nel 2011, il giorno della pubblicazione del disco, Ema (Matis ndr), che era il batterista fisso nella band, ci ha detto che era troppo impegnativo fare un tour e sarebbe stato meglio trovare qualcun altro e lì siamo andati un po’ in panico. Ci siamo detti: ”ora cosa facciamo?” e abbiamo deciso che noi due dovevamo essere il nucleo della band e ogni volta cerchiamo un po’ di gente da preparare, che a seconda delle date venisse suonare: così è partito tutto.
Ad un certo punto ci siamo ritrovati con sei batteristi pronti cioè che tutti sapevano suonare tutto il concerto!
Ora, durante il Covid, dove non potevamo vederci fare prove e i concerti posticipati ci siamo anche sentiti inutili.

Di fronte a questa inattività come musicista ti senti un po’ perso e ci siamo resi conto che ci mancava proprio LA VITA e se vuoi il battito della vita lo trovi nel ritmo.
Ci è venuto naturale ripensare all’esperienza fatta con tutti questi batteristi e volerci creare qualcosa ed è nato questo progetto.

PK-B: tanti dei batteristi che sono sull’album sono persone con cui abbiamo suonato e con altri ci siamo sempre detti:”sarebbe figo fare una collaborazione insieme” ma non si è mai trovato il modo di fare.
La pausa forzata del Covid ci ha permesso di dare forma a questa idea.
Alla ripresa avevamo solo degli abbozzi, ed essendo ricominciato tutto i tempi si sono allungati e il progetto iniziato nel 2020 è finito solo un mese fa.

IR-B: sempre parlando di cose che avete scritto su Facebook, quando è uscito il disco c’era scritto, “Ascoltatelo se vi piace la musica che fa come le pare”.  Mi ha colpito molto questa frase. Cos’è alla fine quest’idea della “musica che fa quello che le pare”?

PK-A: il senso della frase è che a questo disco non abbiamo dato una linea precisa, l’unico fil rouge siamo noi! al resto non abbiamo pensato, come ad esempio alla resa del concerto, ma abbiamo semplicemente preso questi ritmi e ci siamo buttati dentro senza una logica, proprio per vedere cosa succedeva. Abbiamo usato tanti strumenti, tante soluzioni, certo finito il disco si è presentato il problema di cosa e come suonare dal vivo. E’ impossibile avere in tour gli 11 batteristi, non potremmo avere tutti quegli strumenti e siamo solo in due e suoniamo pure male chitarra e basso (ridiamo ndr).
Quindi abbiamo dovuto ripensare e riarrangiare i pezzi per i live.

PK-B: “Fa quello che pare” è nel senso che proprio non c’è stato nessun pensiero dietro e siamo andati a ruota libera seguendo solo quello che ci hanno spedito i batteristi.

Ognuno ci ha mandato qualcosa di diverso e in tutti i modi pensabili: dai pezzi fatti con l’iphone a quelli in studio, poi c’è chi ha mandato una traccia sola o chi 1000 con giga e giga di materiale. Un oceano.

IR-B: dopo tanti anni che fate musica insieme non vi siete mai snaturati, nemmeno in questo caso. La vostra natura è uscita anche in un progetto così particolare e visto che negli ultimi anni alcuni artisti, come ad esempio gli Arctic Monkeys hanno cambiato il loro modo di fare musica, pensate che un giorno potrà capitarvi di cambiare radicalmente oppure secondo voi fino a quando farete musica insieme il vostro stile rimarrà questo?

PK-A: ah sì magari se un giorno impareremo a suonare. (ridiamo ndr)
No ma veramente tutto il nostro mondo sonoro è dettato dai nostri limiti come musicisti, il che ci costringe a tenere semplici le parti, altrimenti faremmo fatica ad eseguirle.

PK-B: la tua parte è semplice! Le mie sono difficili! (ridiamo ndr)

PK-A: credo che il fatto di cercare di tenere semplice il lato live è quello che ci tiene in linea con il nostro stile, certo se avessimo molte più capacità tecniche spazieremmo molto di più.

PK-B:  comunque come Peter Kernel, abbiamo sempre fatto un mix di talmente tanti generi anche se facciamo in modo di avere una nostro impronta, che un vero cambiamento sarebbe difficile.

PK-A: a noi sembra di essere stati sempre variegati musicalmente e il nostro stile, se vuoi, è abbastanza allargato.

IR-R: avete detto di aver mandato delle richieste a diversi batteristi: alla fine vi hanno risposto tutti o ne è rimasto fuori qualcuno?

PK-A: in realtà ce n’erano due in più, che però per questioni di tempo e di impegni non sono riusciti ad essere inclusi. Uno è Sacha Tilotta dei Three second Kiss e l’altro è Harry (Druzd ndr) degli Endless boogie di New York.

IR-R: e c’è qualcuno che sognereste di avere?

PK-A: ma guarda anche ora abbiamo tre batteristi a disposizione, sono molto contento, forse una batterista, sono anni che ne parliamo, ma non siamo ancora riusciti a conoscere e a incontrare qualcuna e a prepararla come vorremmo.
Però devo dire ora abbiamo principalmente 3 batteristi che ruotano attorno al progetto e siamo stracontenti di loro. Penso che anche loro lo siano.

IR-R: visto che l’album avete composto in un mese i brani erano già abbozzati dal punto di vista almeno dei testi oppure avete improvvisato tutto?

PK-A: è stato un casino, perché Barbara con Camilla Sparksss ha fatto una mare di date negli ultimi 2-3 anni io ho fatto diverse produzioni e ho iniziato il mio progetto solista, poi ci siamo ritrovati e abbiamo ritirato fuori il materiale nel 2020.

Siamo riusciti, nel 2021, a preparare un pezzo: Wow poi più nulla fino a che a inizio settembre ci siamo messi sotto e abbiamo aperto i file. C’erano abbozzate delle piccole parti qua e là niente di più.

Poi Barbara è dovuta partire per il Canada quindi abbiamo compresso tutto in un mese: scritto, registrato, mixato.

IR-B: vabbè, quantomeno, non avevate pressione dell’etichetta (la On the Camper Records è dei PK ndr)

PK-B: eh no non da quel lato ma a dir la verità, abbiamo avuto la pressione della tournée perché il nostro booking aveva già preso le date ad aprile e i promoter volevano il disco. Anche la distribuzione, che aveva già venduto ai negozi un disco che ancora non esisteva, ci metteva fretta. Insomma di pressioni ne avevamo diverse.

PK-A: siamo arrivati molto tardi, pensate che non siamo riusciti ancora a stamparlo. Infatti siamo in tour senza disco da vendere, c’è solo la borsa con il codice per il download e le magliette.

PK-B:  è il limite di essere un’ etichetta indipendente.

IR-B: volevo parlare di una differenza che ho notato rispetto al passato: i vostri dischi hanno sempre avuto un carico molto forte dal punto di vista delle emozioni. Addirittura un disco l’avete intitolato Thrill Addict, un titolo che che parla da sé. Ora sembra che abbiate mantenuto un po’ più di leggerezza non nel senso che è un disco leggero però lo trovo con meno carico emotivo. Siete d’accordo?

PK-B:  questo album è stato molto diverso da scrivere. Abbiamo lavorato in modo totalmente opposto : partendo dai file dei batteristi che non erano lì in sala prova a suonare con noi.

PK-A: per quanto riguarda l’emozione tutti i testi sono dedicati al batterista che ‘suona’ nel brano, anche se scritto al momento. Devo dire che a livello energetico è stato molto strano, scrivere con il computer praticamente anziché in sala prove. Conta che non abbiamo mai sentito il pezzo finito fino praticamente all’ultimo giorno, quando abbiamo mandato il mix.

E’ stato una specie di bricolage emotivo, ma comunque legato, se vuoi, più a quello che noi pensiamo del batterista in questione o al sentimento che abbiamo nei suoi confronti, che possono anche non essere argomenti profondissimi o emozionantissimi ma sono molto personali.

PK-B: ogni tanto ai concerti c’è gente che viene e fa un disegno di noi e ce lo regala e questo disco mi fa pensare a quello, cioè in ogni brano abbiamo fatto un ritratto del batterista.

IR-B:  sempre tornando al titolo Thrill Addict, la dipendenza non vi è passata e comunque siete ancora addicted da questo tipo di brivido?

PK-A: in realtà i brividi ci sono più nell’idea e nella musica che nei testi.

Poi dover fare tutto così compresso è stata una sfida anche per noi affrontare certi ritmi.

PK-B:  buttarsi dentro, costruire una canzone a partire da un ritmo è proprio l’opposto di quello che abbiamo sempre fatto.

E quando chiedi a un batterista di mandarci un ritmo ti mandano cose stranissime: “il porno dei batteristi” (ridiamo ndr)

PK-A: la sfida era cercare di fare tutto in tempo e farla comunque in modo che ci piaccia.

IR-R: ma anche la scelta dei titoli, a volte parole compiute altre dei suoni, l’avete fatta a seconda di chi suonava?

PK-A: uno dei motivi è perché quando ai concerti devi riempire il borderò e non hai più voglia di scrivere titoli lunghi (ridiamo ndr). In realtà è perché son suoni comunque legati anche al suonare o al testo.

PK-B: c’entra anche come ci rapportavamo con quel batterista.

PK-A: sì però volevamo titoli corti da scrivere (ridiamo ndr).

IR-B: spesso chiedo ai musicisti di una canzone in particolare che è la mia preferita del disco di cui si parla e in questo caso la mia preferita è sicuramente Wow, potreste parlarmi di questa canzone?

PK-A: Wow è quella su cui abbiamo avuto più tempo di lavorare. Ci siamo sfogati anche sulla durata e l’abbiamo fatta con Cosmic Neman dei Zombie Zombie, che è un gruppo culto in Francia.

Ci siamo divertiti a tentare degli arrangiamenti un po’ diversi e cantati meno gridati e più in falsetto e sussurrati. E’ stato il primo esperimento in questo senso, piace molto anche a noi.

PK-B: Nemen è una persona che mi ha fatto scoprire tantissima musica, soprattutto cose psichedeliche, mi piaceva l’idea di fare un pezzo con lui. E lui è uno dei pochi che è andato in studio a registrare.

IR-R: Forse, più per il titolo, il mio favorito è Sdeng perché mi ricorda il suono del pallone da basket sul ferro (ridiamo ndr).

PK-A: quel prezzo è con Julian Sartorius, contiene una cosa geniale. E’ da ascoltare con attenzione altrimenti non si sente: ha fatto un ritmo abbastanza normale, ma spostando un colpo che prima è in anticipo e poi è sempre in ritardo.
Poi va in anticipo, poi va in ritardo e quindi a volte senti che siamo fuori tempo.

PK-B: e qui si entra nel “porno dei batteristi” (ridiamo ndr).

PK-A: e a volte sembra una galoppata che funziona, a volte inciampa e abbiamo suonato tutti gli strumenti sbagliando insieme a questo colpo. Se senti bene lo cogli. E’ stata una vera sfida suonarci sopra.

PK-B: Julian è un batterista svizzero che ci piace molto, abbiamo suonato tanto con lui e le poche volte che abbiamo organizzato dei Festival l’abbiamo sempre chiamato.
Fa cose assurde, cioè sembra che stia costruendo o meglio  cucinando qualcosa.

IR-R: non vi siete confrontati con nessuno di loro prima di registrare?

PK-A:  no non c’è stato modo e ci siamo resi conto solo il giorno che abbiamo mandato alla distribuzione il mix di non aver fatto sentire i brani finiti a nessuno di loro.

PK-B: quando abbiamo mandato il pezzo a  Bernard Trontin(Young Gods ndr) ci ha risposto sorpreso: “ma ve l’ho mandato nel 2021!!!”.

PK-A:  una volta finito però li abbiamo spediti ad ognuno e sono tutti rimasti contenti del risultato.

IR-B: settimana prossima voi siete in Italia a suonare,  dal concerto cosa ci possiamo aspettare? Avete detto che le canzoni non saranno proprio così come il suo disco, ci dovremo aspettare anche i classici?

PK-B: per ora stiamo facendo solo 5 brani nuovi. Non abbiamo avuto il tempo di prepararne di più avendo consegnato il master una settimana prima dell’inizio del tour. Li mescoliamo con quelli vecchi e funziona.

IR-B: come in tutti i vostri live presumo che direte sempre e “non fate i timidi, venite a ballare!” tirando su gente dal pubblico.

PK-A:  ah ah dipende! a volte chiediamo di non ballare così sembriamo noi quelli più agitati, quelli più giovani.

IR-B: so che ci sono altri progetti che ruotano intorno a voi, ad esempio che il nuovo di Camilla Sparksss sta per uscire, e poi qualcosa della On Camper Records, cosa ci volete segnalare?

PK-B:  c’è il vinile animato di Camilla Sparksss e un’altro album sempre di Camilla Sparksss ma più “normale” ad aprile. E poi il nuovo album dei PK con un batterista solo. (ridiamo ndr)

PK-A:  c’è anche il mio progetto MORTORI, per ora in pausa, sto completando i demo nei ritagli di tempo. L’ho dovuto interrompere per finire Drum to Death. Ci tengo a farlo uscire.

IR-B: sì siamo molto curiosi! Ci vediamo domenica prossima al Biko!

PK-A+ PK-B:  sì! Grazie a voi!

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