Interview – Nyco Ferrari

Esce mercoledì 17 novembre 2021 (in distribuzione Sony Music e prodotto da Golpe MusicZingaro, il nuovo singolo di Nyco Ferrari. Un nuovo capitolo per il cantautore di stanza a Milano: un brano sfacciatamente pop anche per chi non ascolta pop, per chi spesso cede ai clichè e per tutti quelli che si ritrovano sempre agli aperitivi, ma anche per chi ama il cinema d’autore e i circoli letterari. Qui Nyco Ferrari offre una versione ironica ed ossimorica di sé stesso: un’anima impegnata che si ritrova a ballare con poco. 
 

Zingaro.
Un po’ distanti dalla città.
Musica leggera in periferia. Ballare soli fregandosene di tutto. Ballare con poco.

Zingaro è una canzone con due anime.
C’è quella spensierata, che canta “popporoppò” sui tetti di Milano a ritmo di reggaeton.
E c’è quella impegnata, che chiede, senza cortesia, di non sprecare tempo alienandosi nel virtuale, ma di tornare alle immagini concrete della vita vera: una schitarrata alla luna, un viaggio esotico, una scelta coraggiosa come quella di cambiare tutto. Cliché, forse, ma quanto mi piacciono i cliché.

 

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Ecco cosa ci ha raccontato!

  1. Da dove arriva il nome “Nyco”?

Allora, prima di tutto: “Nyco” si legge come Nico. <<Neeeeco>>. Ok? Ne ho già un po’ di amici che sfottono!

Ero appena arrivato a New York con il nome d’arte di Nicola Savi Ferrari. Ma appena preso il subway dall’aeroporto a Bushwick, mi sono reso conto che in America devi essere easy, veloce, agile, e quello non era certo un nome d’arte agile.

Poi una sera, nella cantina del ristorante dove lavoravo – non me la passavo tanto bene – mi è caduto lo sguardo su uno scatolone marcio di Pepsi cola e mi sono sentito proprio come lui. La fascetta ripeteva: COLA NY COLA NY COLA NY COLA… e mi son detto: <<NYCO!>> 

Così da New York City sono ripartito da 0: NYC-O

  1. C’è qualche progetto italiano che rientra tra le tue influenze musicale? La scena musicale italiana può essere competitiva? 

La scena italiana in questo momento è una bomba!

I suoni, i testi… a me certa roba fa impazzire. La Niña, ad esempio, Ginevra, Carolina Bubbico, o il mio sempiterno amore per La Rappresentante di Lista…

Tutta gente – Dario a parte, tutte donne! –  che hanno trovato il modo di armonizzare l’italiano, un italiano che ti entra dentro, a volte addirittura il dialetto, con un suono fresco e internazionale. Più che competitiva, la scena italiana sta insegnando moltissimo. E non solo in Italia, come si sta vedendo bene ovunque nel mondo. 

Penso che alla musica italiana sia stato imposto fino alla nausea il classico modello della canzone San-Nekko-Remo-Pausiniana, che è un modello pazzesco, ma non se viene reiterato e scopiazzato all’infinito. E ad una certa gli artisti italiani hanno smesso di ascoltare musica italiana, si sono fatti un giro a Berlino, a Londra, ad Amsterdam, a Casablanca. E alla fine si sono messi a scrivere in italiano, ma riportando a casa i suoni trovati in giro. 

  1. Quali sono le tue influenze musicali? Qualcosa che non ci aspetteremmo? 

Ahah! Decisamente non te lo aspetteresti: Harry Potter. Giuro. So cantarti a memoria tutta la colonna sonora della pietra filosofale, composta da quel genio di John Williams. Poi beh, è venuto Jamie Cullum con Twentysomething, Grace di Jeff Buckley, o… sì, non sarò molto indie, ma nelle mie influenze c’è anche Christina Aguilera. 

Poi ovviamente c’è stata Ella Fitzgerald, Chet Baker, e al contempo i Kooks, gli Artik Monkeys, gli Hot Hot Chip, Steve Aoki, musica africana… di tutto un po’. 

Oggi invece tendo ad ascoltare molto gli emergenti italiani, ma sono appena ricaduto nel tunnel del nuovo disco degli Hiatus Kaiyote.

  1. Chi è uno Zingaro a Milano?

Eh, lo chiedi ad un cantautore che fa barefoot running a parco Lambro. Se c’è uno zingaro gli do di sicuro del filo da torcere!

  1. Quale domanda avrei assolutamente dovuto farti, ma che non ti ho fatto? Quale invece la risposta? 

Avresti potuto chiedermi perché faccio quello che faccio.

E io ti avrei risposto che scrivere canzoni e suonare, meglio se fatto per e con qualcuno, non è solo la dimensione in cui mi sento vivo, e son me stesso, e che elettrizza tutta la mia vita. Sono convinto che ci sia una funzione rituale nel far musica, che sia un’attività ancestrale che tiene in vita tutte le comunità del mondo, che tiene in vita l’essere umano, e che trovo in questo scambio energetico tra artista e pubblico la spiegazione di qualche meccanismo cosmico di cui facciamo tutti parte.

Ma hai fatto bene a non chiedermelo perché ti avrei tirato un pippone assurdo.

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