Interview – Milo Scaglioni

É uscito venerdì 9 dicembre 2022 per Another Music Recordings “Locked in a circle“, il nuovo singolo del songwriter Milo Scaglioni: un nuovo capitolo che ci accompagnerà alla pubblicazione del suo secondo album in uscita questa primavera, a sei anni di distanza dal precedente disco di debutto “Simple Present“.

Locked in a circle” è un brano che, pur mantenendo l’inevitabile matrice britannica che già conoscevamo, in parte abbandona l’oscurità e la nostalgia psichedelica in cui ci aveva fatto condotto Milo Scaglioni, concedendoci qui un nuovo loop musicale che esplora sentimenti quali lo smarrimento di fronte all’amore, e la paura di perderlo, e descrive la gabbia quotidiana in cui ci rinchiudiamo, lasciandoci con un messaggio tuttavia positivo: “out of the circle/ made your escape/make it better every day”. Questo brano è la prefazione del nuovo (secondo) romanzo di formazione musicale firmato dal menestrello che ama la psichedelia (come lo ha definito XL Repubblica nel 2017): “Port Nuveau, questo il titolo del nuovo album in uscita all’inizio della primavera del 2023 per l’etichetta parigina Another Music Recordings.

Lo abbiamo intervistato e abbiamo scoperto che il suo colore preferito (oggi almeno) è il blu di Prussia, che sta per uscire un nuovo disco che è nato da melodie appuntate sul telefono, e che la vita in tour non è poi un gran che. Ecco com’è andata!

  1. C’è qualcosa tra le tue influenze musicali che proprio non potremo mai aspettarci? E qual è? 

Ascolto di tutto e a volte non ascolto niente. Però le mie influenze musicali non sono necessariamente musicali. Mi piace leggere e mi piace visitare i musei. Mi piace molto la natura, fare lunghe camminate in montagna, dormire nei boschi. Mi piace il rumore delle ruote dei tram che stridono nei binari in città. Mi piace moltissimo il rumore del vento tra glia alberi e quello delle navi che entrano in porto. In questo momento sto ascoltando Lou Harrison, un compositore che ha scritto musica classica contemporanea bellissima, magari questo è più difficile da immaginare.

  1. E più in particolare, quali sono gli aspetti “nuovi” che sono arrivati in “Port Nuveau”, il tuo nuovo album in uscita? 

Le canzoni di Port Nuveau sono nate in modo non dissimile da quelle di Simple Present, melodie appuntate sul telefono, stralci di appunti presi in momenti diversi (magari su scontrini della spesa o appuntate sul telefono a orari improbabili della notte tornando a casa) , che magari hanno finito per essere l’incipit di canzoni. Però, fin dall’inizio, ho voluto non ripetere quello che avevo già fatto, volevo fare un disco che fosse coerente con chi ero nel momento in cui lo scrivevo. Credo l’aspetto nuovo più evidente sia a livello timbrico, che dipenda quindi dagli strumenti utilizzati, in primis la chitarra elettrica e vari sintetizzatori. Collaborando in studio con il mio produttore, Angelo Di Mino, abbiamo cercato di creare strutture armoniche interessanti e più ambiziose rispetto al primo disco. Angelo ha scritto delle bellissime parti di archi, in primis su Paris to Amsterdam, che danno un colore diverso all’album. C’è anche dell’elettronica, come in Beautiful Daughter e in It’s Not Over. C’è anche un riappacificamento con influenze che avevo volontariamente evitato nel primo disco. L’influenza di una band come i Verve, per esempio, che ho amato alla follia in passato,  si palesa su Shaking.

Su Port Nuveau ho lavorato a briglia sciolta e la palette di colori è più vasta rispetto al passato.

3)    Tra le tue collaborazioni anche quella con Jim Noir, i Jennifer Gentle, Dellera, Thee Elephant e Sonic Jesus. Cosa ti manca di più della vita in tour? Dove ti vedremo prossimamente e cosa puoi anticiparci a riguardo? Sappiamo dei Baustelle, ovviamente 😀

So che non dico nulla di nuovo, ma andare in tour è molto meno glam di quanto si possa pensare. E’ un lavoro vero, non è per tutti e non perdona, se fai schifo sul palco, per tutte le tue belle foto sui social, fai schifo sul palco. Proprio per questo ciò che più mi manca è quella bolla in cui entri quando sei in giro a suonare, mi manca la sensazione del palco, di avere qualcosa di importante da fare, il senso di amore e responsabilità verso gli altri musicisti e verso il pubblico. Mi manca quella sensazione di avventura e di essere “tutti sulla stessa barca” che si crea con i compagni. Questo è vero quando sei in tour con altri musicisti e tecnici. Essere in tour da solo è completamente diverso, lì hai più la sensazione di essere libero, hai più tempo per pensare, magari anche per scrivere. Andare in tour da solo è più difficile emotivamente, ma la sensazione di libertà e di avere una missione da compiere non può che essere maggiore, poggia tutto su di te.

  1. E come hai vissuto lo stop forzato dei concerti dovuto alla pandemia, e in generale quel periodo dal punto di vista musicale? 

Da questo punto di vista non ho vissuto la pandemia come una tragedia ma come un’occasione per riposare. Se tutti i tuoi amici sono in giro a suonare e dai social ti arriva l’idea che stiano spaccando il mondo, tu che magari sei a casa, e che per campare magari devi fare un altro lavoro, provi molta frustrazione, ti chiedi se sei all’altezza e se non sia il caso di fare altro. Se invece sei a casa come tutti gli altri, perché nessuno ha il permesso di andare in giro a suonare, ti godi quel forzato stop e lo prendi per quello che è.

Questo è stato vero per me. 

Ho diversi amici che avevano dischi pronti per uscire o che avevano già tour programmati, tour che sono stati ovviamente cancellati, vanificando il lavoro magari di anni, finendo con l’intaccare il loro  entusiasmo. Per loro credo si sia trattato davvero di un colpo basso, difficile da digerire senza dolore. Credo che l’entusiasmo sia l’ingrediente fondamentale per continuare in un mondo pieno di avversità come quello del musicista in Italia (e non solo qui).

 Quale domanda avrei assolutamente dovuto farti, ma non ti ho fatto? Quale invece la risposta? 

Non mi hai chiesto il mio colore preferito, oggi ti avrei risposto il blu di Prussia.

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