Interview: Matsby
Abbiamo intervistato un giovanissimo artista da tenere assolutamente sott’occhio, il suo nome è Matsby ed incarna tutto ciò che dovrebbe essere la musica oggi. Un concentrato di contenuti di spessore, diretti, senza fronzoli e freschezza. Di seguito la nostra chiacchierata.
Ciao, parlami un po’ di te e del tuo progetto.
Ciao a te! Mi chiamo Matteo, in arte Matsby e ho scritto un disco che si chiama POST-TEENAGER, perché non esiste una via di mezzo tra adolescenza ed età adulta e io mi trovo esattamente lì. Volevo dare un nome a questa fase di vita.
Un giorno ero dalla psicologa e le ho detto “mi è venuta una crisi post-adolescenziale”, di solito si dice adolescenziale ma a me è venuto istintivo dirle così. Poi ci ho pensato bene e dentro di me dicevo “cavolo non sono più un adolescente, quindi vuol dire che sono un adulto, ma io non mi sento un adulto.. cosa sono quindi?”. Non c’era una risposta e quindi l’ho inventata io: sono un post-teenager.
Ho compiuto trent’anni quest’anno e devo pensarci sempre un pochino prima di non sbagliare l’età quando qualcuno me la chiede, quand’è che mi ci abituerò?
Qui si entra in un terreno ampissimo in cui avrei tante cose da dire. Esiste effettivamente una pressione sociale sull’età, dai 20 in poi. Io ne ho 23, vado per i 24 e già per l’industria musicale è come se non fossi più un giovanissimo, perché ci sono artisti che esplodono a 18 anni. Fuori dalla musica poi ci sono gli stereotipi classici, come quelli che immaginano una persona di 30 anni sistemata, con l’orizzonte di vita già definito, sicuro e scolpito sulla pietra. Questa per me è una follia. A parte che a qualsiasi età non c’è mai niente di sicuro – guarda quello che è successo a livello mondiale negli ultimi 2 anni – cambiamo ogni giorno, ci si reinventa sempre e spesso succedono delle cose fuori dal nostro controllo; ma poi io sono convinto che avere un’età rispetto a un’altra non dovrebbe automaticamente definire una patente di alcun tipo, così come una posizione nel mondo o uno status sociale.
L’età dice poco di una persona e le categorie che abbiamo inventato per dare un ordine al mondo sono convenzioni sociali, che cambiano anche nel tempo tra l’altro: nel XX secolo non esistevano gli adolescenti, mia nonna andava a lavorare a 13 anni.
Questo poi ha risvolti importanti per mille altre cose, ad esempio per il dialogo e la comunicazione tra generazioni diverse.. quanto spesso si sente generalizzare su adulti e giovani cadendo in stereotipi che hanno come effetti immediati la chiusura a riccio nelle proprie convinzioni e tanti insulti sull’altra generazione. Adulti che non ascoltano i figli perché tanto “non capirebbero” o “sei troppo giovane”.. Insomma, che tu parli a un ragazzino di 13 anni o a una persona di 40, bisogna sempre esercitare l’ascolto senza pensare che il primo sia a priori stupido e immaturo e il secondo un boomer bacchettone (difficile ma non impossibile).
Solo così si può creare una società più serena ed elastica, per me.
Come ti approcci alla scrittura di un brano? Come è stato lavorare a “Post-Teenager”?
Guarda in realtà non è nata a priori l’idea di un disco. Da agosto 2020 fino a ottobre 2021 ho scritto tanti, ma veramente tanti, pezzi. Al tempo stesso non stavo pubblicando niente perché ero concentrato a laurearmi il prima possibile, quindi mi sono ritrovato con decine di pezzi e ho notato questo fil rouge del POST-TEENAGER. Ho selezionato quelli più aderenti al concept e ho deciso di fare un disco. Se vuoi, discograficamente parlando, non è la scelta migliore da fare per un emergente, ma avevo un’urgenza così forte di pubblicare un manifesto di chi sono che me ne sono un po’ fregato.
Per quanto riguarda l’approccio alla scrittura dipende tanto dalla mia urgenza di plasmare sotto forma di canzone sentimenti e sensazioni che ho dentro. Tutti i pezzi sono nati quando non riuscivo più a tenermi dentro certe cose e dovevo quindi dargli la forma concreta di una canzone.
Ascoltando i pezzi del disco, no spoiler, si notano molte contaminazioni pop, da dove arrivano?
Non so quanto siano consapevoli o meno queste contaminazioni pop. Di sicuro c’è da dire che sono un fan della bella melodia, quella che solo ascoltandola ti trasmette qualcosa indipendentemente dal testo. Nel tempo ho ascoltato tanto cantautorato italiano e quindi di riflesso penso di aver interiorizzato alcune cose che fanno parte della mia formazione.
Mia sorella poi, più grande di me, quando ero piccolo mi ha drogato di tanta musica dallo stereo e dall’mp3, dal pop italiano mainstream come Elisa e gli 883 alle più grandi star del rock mondiale come i Red Hot Chili Peppers, quindi penso inconsciamente di aver assorbito tutto ciò.
Dai primi esordi nel 2017, come ti senti adesso ad aver pubblicato il tuo nuovo album?
Sono veramente contento perché sento che questo disco sia la carta di identità di chi sono in questo momento, quindi sono molto fiero. Penso a chi inizierà a conoscermi adesso e non vedo l’ora, perché il concept che c’è dietro a POST-TEENAGER è chiaro, conciso e penso che possa parlare a molte persone. Sono gasato.
Cosa ti aspetti dal domani? Sì, forse è un po’ da boomer citare una canzone dei Lunapop
ma la domanda vale lo stesso.
Beh, colgo la palla al balzo e ti dico..un giorno migliore! Scherzi a parte, mi aspetto di capire sempre meglio che direzione voglio che prenda la mia vita. Voglio passare da post-teenager a essere una persona adulta, indipendente, soprattutto economicamente. Approfondire ancora di più se e cosa voglio dire con la mia musica, perché non riesco a fare musica tanto per farla, c’è alla base l’urgenza di dare forma al caos che ho dentro.
Comunque in linea generale mi godo questa uscita di cui vado tanto fiero, per ora.
Grazie per l’intervista <3
https://www.facebook.com/matsbyy