Interview: Mare Culturale Urbano

Mare Culturale Urbano “è un centro di produzione artistica che arriva nella zona ovest di Milano per costruire un nuovo modello di sviluppo territoriale delle periferie”. Così questo nuovo progetto nato a Milano presenta se stesso sul proprio sito ufficiale. Dopo essermi recato alla serata inaugurale di Raster, la loro rassegna dedicata all’indie italiano, ho voluto approfondire il più possibile tutto ciò che fa parte di questa realtà, così sono tornato da loro e ho parlato con uno dei fondatori, Paolo Aniello. Le sue risposte rivelano quanto queste persone stiano pensando in grande e allo stesso tempo abbiano principi e idee ben solidi su cui poggiare la loro ambizione.

Ho letto che, da quando è nata la start-up a quando avete preso questo spazio in seguito al bando del Comune è passato un po’ di tempo, quindi non so se vuoi fare una piccola storia.
In realtà sono due storie che diventano una. Abbiamo vinto un bando del Comune nel 2014, contrattualizzato nel 2015, ma non relativo a questa cascina, bensì a un terreno di 3000 mq in Via Novara 75, e su esso andremo a costruire un nuovo edificio multifunzione dedicato alla creazione artistica. Qui, nella Cascina Torrette, invece, siamo arrivati conoscendo il territorio sul quale era posizionato il terreno del bando comunale, e gestiamo la Cascina sulla base di una trattativa privata con Investire e con la Fondazione Housing Sociale che sono i gestori di questa area concessa da parte sempre del Comune per questo intervento che si chiama Cenni Di Cambiamento.

Quindi voi state lavorando nell’ambito di questo intervento.
Sì, il nostro progetto ha trovato in questo intervento un’opportunità per cominciare a radicarsi sul territorio e sviluppare una serie di opportunità che proseguiranno e si amplieranno in Via Novara. Qui abbiamo iniziato da fine maggio 2016, c’è stata un’attività estiva intensissima e molto partecipata, servita anche a dare i segni fondamentali di quello che ci interessa in termini di lavoro, di coniugare quella che è la proposta artistica con la concezione di spazi di aggregazione, di incontro.

La cosa che subito mi ha colpito è che vi presentate come un progetto di produzione artistica e scambio con il territorio attraverso iniziative culturali, e la musica, che spesso non è vista né come arte, né come cultura, è invece importante nel vostro progetto. Questo è già un messaggio forte da far passare.
Assolutamente, per noi è centrale, soprattutto il fatto di non creare solo momenti comunque importanti come i concerti, ma soprattutto un ambiente, un luogo. In questo caso in Cascina si può venire a provare, ci sono due ottime, piccole ma ben fatte, sale prove, ci sono diverse opportunità di lavoro musicale, e ancora di più ci saranno opportunità in Via Novara, dato che a queste cose si affiancherà la possibilità di ospitalità di musicisti, che potranno creare e trovare uno spazio di lavoro ampliato anche dalla presenza di studi di registrazione. La musica è centrale ed è centrale coniugare con essa territorio, internazionalità e apertura. Ci piace, in tutte le arti su cui stiamo lavorando (teatro, musica, arti visive, lavoro sul territorio), mettere in campo tutte le nostre esperienze lavorative, anche a livello internazionale, ma concentrandole su questa area dove stiamo vivendo e lavorando.

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Adesso, al momento, dal punto di vista della musica dal vivo, ci sono due rassegne, una sulla musica indipendente e una sul jazz. Ho visto che per entrambe avete dei curatori. Voi, come Mare, avete semplicemente detto a queste persone di scegliere pure loro chi far suonare, oppure avete dato delle linee guida su come effettuare la scelta?
Sono situazioni diverse. Tendenzialmente, ci piace garantire a tutti, che siano giovanissimi o molto esperti, una libertà di scelta, cioè ci fidiamo delle capacità da parte dei curatori di immaginare dei percorsi. Più che dire qual è la caratteristica del concerto, ci piace dire quel è lo spirito complessivo su cui costruire una proposta artistica. Quando capiamo che le persone lo comprendono, lì siamo sicuri, e infatti sta succedendo, che la proposta segua questo spirito. Oltre al jazz e all’indie, devo ricordare altre due linee: quella dell’ascolto dei classici su vinile con Luca De Gennaro, che è iniziata in modo splendido e proseguirà una volta al mese fino a maggio, e i concerti che realizziamo grazie alla collaborazione con Yamaha, che per esempio propone un master di concerti con Cesare Picco. Sono proposte catalogate in maniera diversa, ma credo che il concetto di senso e di qualità tecnica sia presente in tutto quello che stiamo facendo.

Una cosa che ho adorato, e non sono certo l’unico, è l’orario di inizio e fine dei concerti. Il fatto che, quando sono venuto qui, il concerto sia finito alle 22.20, con gruppo spalla alle 20.45 e gruppo principale alle 21.30, per me è stato un sogno. Però, sembra che questa cosa in Italia faccia fatica a passare.
È una questione di abitudine, in realtà, vedendo come sta andando la partecipazione, sembra che questo venga accolto in maniera positiva. Devo dire che c’è stato un pensiero rispetto a quello che sono i ritmi delle persone, e abbiamo fatto un ragionamento libero da orari precostituiti. Poi è vero che in altre parti d’Europa, io ho vissuto per molti anni in Olanda, questi sono gli orari abituali, ma poi questo dà lo spazio per vedere il concerto e, visto che li facciamo in giorni infrasettimanali, la mattina dopo si deve andare a lavorare, quindi abbiamo voluto mettere insieme la possibilità di passare una bella serata, mangiando e bevendo tanto o poco per quello che sia voglia, e potersela gestire dopo la fine del lavoro, senza dover dire “caspita, domani sarò morto”.

Adesso avete queste rassegne, ma in futuro siete aperti a richieste di spazio singole, magari anche facendo suonare artisti internazionali e non solo italiani, oppure preferite un discorso più ampio?
Preferiamo, anche per le dimensioni e la caratteristiche della cascina, cercare di costruire dei percorsi. Però essi non si costruiscono solo a tavolino, ma anche facendo delle prove, ad esempio abbiamo avuto una collaborazione con Electropark a settembre, è stata una giornata sfortunata perché diluviava, però la qualità della proposta, che in questo caso era di musica elettronica, ci è piaciuta e stiamo pensando che potrebbe essere interessante provare a costruire un percorso. Ci dev’essere un feeling di rispetto nei confronti del senso che ha questo posto, quindi, se vuoi sapere se qui potrebbe succedere che in futuro prevarranno le situazioni spot, la risposta è no.

In Via Novara si suonerà dal vivo?
Sì, e anche tanto. La musica per noi è una parte fondamentale, perché banalmente parla a tutti ed è una delle espressioni più meravigliose che ci possano essere, quindi anche più aperta, popolare e diversificata. Non credo che ci caratterizzeremo con un genere, ci piace l’idea di poter affrontare e percorrere territori molto diversi. Ci piace l’idea che possa essere un posto dove, soprattutto, il pubblico viene e vede e sente bene, e gli artisti si trovano bene nel suonare lì, tecnicamente e come contesto, che possano incontrare altri artisti che nel frattempo stanno lavorando in altre arti e, banalmente, mangino assieme. Ci piace pensare che sarà un posto dove è bello venire ad ascoltare musica.

Sul vostro sito ho letto questa frase: “un dramaturg ha il compito di favorire l’interazione e la contaminazione”. Come funziona, in pratica?
Questo è il meccanismo di funzionamento della cura artistica. Ovviamente, è un percorso verso il quale stiamo andando e nel quale crediamo molto. La figura del dramaturg, in questo caso, va interpretata nella versione originale tedesca, e usiamo il termine tedesco proprio per questo motivo. Non è, all’italiana, una persona che scrive, ma è una persona che, di fatto, racconta una storia. La figura che noi vediamo è una parte integrante di Mare, che siede con gli esperti musicali, di teatro, di danza, di arti visive, di cinema, del ristorante, del lavoro sul territorio. Stiamo cercando, e abbiamo già individuato alcune persone, che non siano esclusiviste nel loro settore. Il suo ruolo è quello di fare in modo che le proposte che nasceranno, poi diventino un discorso unico, sulla base di una linea generale di lavoro artistico che noi forniamo. Vorremmo che ci sia una narrazione che abbia una sua coerenza, che i curatori siano stimolati a determinati percorsi, a dialogare tra di loro, ad andare sempre più a fondo su cosa significa sviluppare le relazioni con il territorio in maniera concreta, con le persone che abitano questo territorio e con quelle che fanno parte del mondo musicale o cinematografico milanese. È un ruolo importantissimo, fondamentale, che va inteso in questo senso.

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Ho notato che non vi limitate a un discorso meramente culturale, che già sarebbe tantissimo, ma spingete l’idea di avere rapporti con la cittadinanza anche andando su tematiche più di attualità, ad esempio ho letto che ci sarà un dibattito sul prossimo referendum costituzionale.
Dopo che ciascuno di noi ha lavorato per tanto tempo in un determinato ambito, io ad esempio ho lavorato quasi tutta la mia vita nel teatro, sentiamo la necessità che, affinché la parola “cultura” esca da una visione passivamente elitaria, non perché lo sia in sé, ma perché così viene vista troppo spesso in Italia, i luoghi che propongono arte e cultura siano i più aperti, accoglienti, abbraccianti possibile che ci siano nelle città. Devono essere luoghi per i quali non solo si viene e ci si ritrova perché c’è l’arte, ma il concetto di spazi di aggregazione che è alla base del nostro progetto riguarda lo sporcarsi le mani, nel senso più bello del termine, con tutto quello che è la realtà, che è anche la nostra. Non viviamo in un mondo diverso, siamo qui in mezzo e con questa realtà ci vogliamo confrontare a tutti i livelli.

Una cosa che mi fa piacere che sia qui, perché ne sono molto appassionato, è l’attenzione alla cultura birraria. Terrete anche un festival a breve (28-29-30 ottobre, qui il programma) e, in generale, questa cultura ha sempre più appassionati e Milano è in forte crescita dal punto di vista degli spazi in cui usufruire di birre come si deve.
Nel ragionare su che tipo di caratterizzazione potesse avere il nostro spazio bar, il concetto della birreria artigianale si riferisce all’idea di cibo popolare e, per certi aspetti, molto artigianale anch’esso, in termini di semplicità. Poi la birra è anche molto legata alla musica, e poi soprattutto c’era l’idea di dare uno spazio a questa cultura, che in Italia esisteva già e adesso è fenomenale, con tutto questo mondo di birre artigianali. Tra l’altro sappiamo che c’è un mondo ancora più grande dietro i birrifici che ora stiamo ospitando e stiamo indagando su queste nicchie.

Sì, adesso avete birrifici tra i più noti.
Esattamente, ma stiamo già provando altre cose. Settimana scorsa è arrivata una birra da San Girolamo, buonissima, e stiamo iniziando a ampliare la selezione dei birrifici da portare, poi l’idea è di capire quali sono le 4-5 birre che piacciono di più a chi viene qui e tenerle fisse, mentre per le altre spine (in totale ne abbiamo 14), fare una rotazione ampia. Questo festival che faremo sarà anche l’occasione di incontrare tanti produttori che presto vogliamo presentare con i loro prodotti. Inoltre, a breve, c’è in programma di iniziare anche con il mondo artigianale delle birre inglesi.

In conclusione, ti chiedo com’è il rapporto con le istituzioni. Questo spazio e quello di Via Novara sono stati concessi tramite bandi del Comune, ma una volta che avete iniziato, mantenete i contatti, non dico con Palazzo Marino, ma almeno con un Assessorato, o con il Consiglio di Zona?
Assolutamente sì, e in una modalità molto partecipata e attiva, infatti siamo molto felici di questo. Va detto che noi, all’amministrazione comunale, quando abbiamo presentato il progetto, abbiamo chiesto soprattutto di lavorare insieme e che loro ci dessero un aiuto in determinati percorsi, sia quelli interni burocratici, che per esempio quelli necessari per la costruzione di reti. Questo progetto nasce con una forte vocazione indubbiamente pubblica, per quanto sia un’iniziativa privata, visto che stiamo parlando della rigenerazione di un’area e della creazione di spazi di aggregazione, e volevamo che questa vocazione pubblica venisse riconosciuta. Devo dire, con molta onestà, che questo sta avvenendo nei termini che dicevamo.

Le foto sono di Luca Chiaudano

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