Interview: Kublai

Kublai è il nuovo progetto di Teo Manzo, che ha pubblicato proprio oggi il suo primo singolo dal titolo Orfano e Creatore, tra psichedelia, cantautorato ed elettronica, uno dei progetti dell’underground milanesi più interessanti della scena. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui.

«Ho voluto musicare l’amicizia tra Kublai e Marco Polo per comunicare, indirettamente, con un amico in difficoltà. Perché il loro rapporto mi ricordava il nostro. L’orfano e il creatore, l’imperatore, prigioniero nel palazzo, e il viaggiatore, inquieto e visionario. Non so bene chi sia chi, dovrei stabilirlo con questo amico, ma purtroppo non c’è più. È però l’autore della sceneggiatura di questo video, realizzato da Elena Meneghetti, quindi, forse, se un’idea se l’era fatta, la si può trovare qui.»

Ciao Teo, partiamo dalle basi. Da dove arriva il nome Kublai e come sei entrato in contatto con questo personaggio storico? In che modo è simile a te?

Kublai è l’epigono del noto imperatore mongolo Gengis Khan, ed è un personaggio ambizioso, ma allo stesso tempo affaticato, intralciato da un’eredità ingombrante. Volendo cercare a tutti i costi un paragone, quella del tizio ambizioso che cerca di divincolarsi, è la storia del mio percorso artistico. Ma Kublai vorrebbe soprattutto essere il titolo del disco che verrà, e quindi, per naturale estensione, dell’intero progetto.

Com’è la situazione a Milano dal punto di vista musicale?
Esiste effettivamente una scena?

La scena, pure quando esiste, non esiste, è un’impressione, un colpo d’occhio in un determinato momento storico. Ora, dati i recenti avvenimenti, sono venuti meno alcuni luoghi (come Ohibò) che un po’ coinvolgevano la città nel circuito nazionale. Ne sorgeranno certamente altri, ma Milano rimane un luogo meticcio e poco ortodosso, e forse per questo mai veramente integrato col mare che la circonda. Non è per forza un male.

Questo è il debut di Kublai, ma prima effettivamente cosa c’era?

Prima di Kublai c’erano varie cose, ho fatto un disco solista qualche anno fa, mi sono occupato a lungo di cantautori italiani, sono stato una delle voci di De André 2.0, un progetto che ha avuto un bel riscontro un po’ ovunque. Mi piace cantare, lo faccio da sempre, quale che sia l’occasione.

Chi è Teo quando non suona?

Quando non canto scrivo, versi soprattutto. Non ho altre grandi passioni.

A chi ti associa a Thom Yorke (o magari ad un italico Pieralberto Valli), cosa rispondiamo?

Che sono lusingato da entrambi gli accostamenti, ma rimango agnostico. Ci sono senz’altro elementi che richiamano quei mondi: canto arioso, intenzione “mistica”, mix di elettronica e no. Però, ad esempio, la costruzione armonica in Kublai è di altra natura, non è quasi mai litania. Per non parlare dei testi che, se hanno padri, li hanno in altre tradizioni.

In definitiva, di cosa parla Orfano e Creatore?

Dovrei risponderti che una delle idee costitutive di Kublai è che la musica non “parli”, non riferisca, non descriva. Penso che in musica sia inadeguato chi, volendo indicare qualcosa agli altri, la nomini e basta. Vanifica e mortifica un po’ le potenzialità del mezzo. Ciò detto, si può dire che Orfano e Creatore, e tutto il disco che la contiene, è un dialogo, uno scambio tra due amici, Kublai e Marco Polo. Entrambi orfani di un amore, nella prima strofa. Entrambi creatori di un senso, nella seconda.

Prossimi passi?

Cantare, come sempre. Portare dal vivo questo progetto, che poi è il motivo per cui è nato.

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