Interview – Kensho
Kenshō significa “momento fugace di illuminazione improvvisa”: è da qui che prende il via una band giovanissima. Quattro ragazzi che hanno messo insieme le proprie esperienze per pubblicare un ep, “Rotta del diavolo”, che riserva particolari sorprese.
Kenshō è anche un modo, per la band, per esprimere la propria interiorità tramite parole e soprattutto suoni, arrivare alle persone cercando di creare in ognuno sensazioni, emozioni, ricordi. Li abbiamo intervistati.

Ciao, ci raccontate la storia della vostra giovanissima band?
Ci siamo incontrati per la prima volta nel 2019 e abbiamo iniziato come cover band, suonando insieme per qualche mese. Ci siamo rivisti solo a febbraio 2023, ad una jam session, e si è riaccesa in noi la voglia di suonare insieme. Abbiamo iniziato a vederci per suonare, prima in casa, poi in alcune sale prove fino a quando non abbiamo trovato un fondo nostro dove poter essere liberi e non avere orari. Abbiamo partecipato a diversi contest nella nostra zona e durante l’estate 2023 abbiamo iniziato a suonare in diversi locali per farci conoscere. Di recente sono iniziate le prime esperienze in radio, con Universal Web Radio, Radio Nostalgia e Radio Omega. Abbiamo già pronti tanti progetti e sorprese per il futuro.
Quali influenze musicali hanno ispirato le canzoni di “Rotta del Diavolo”?
John Bonham, la voce e la sonorità di Matthew Bellamy, Jimmy Page, Mick Mars.
C’è una canzone in particolare che sentite rappresenti al meglio il vostro messaggio in questo momento della vostra carriera?
Probabilmente “Zarathustra”, perché ci dà la spinta per andare avanti nei momenti difficili, ed è per noi come “una lanterna” che “illumina il buio del giorno”. Il testo infatti parla del filosofo Nietzsche e di come dal crollo delle certezze, dalla “morte di dio”, si possa trovare dentro se stessi quella spinta per ricostruirsi, per reinventarsi. È sia un modo di affrontare la vita, che il nostro approccio alla carriera musicale: da ogni sconfitta o esperienza andata male, cerchiamo di trarre insegnamenti o momenti positivi di crescita insieme.
Il vostro stile peculiare affonda le radici in un sound non appartenente a questa epoca. Attraverso quali ascolti siete arrivati a plasmarlo?
Tutto il Rock anni ‘70, ‘80 e ‘90 e influenze dei grandi classici italiani. Ci teniamo ad avere una visione sulla musica il più possibile ampia, infatti soprattutto ultimamente ci stiamo impegnando ad ascoltare i più disparati generi musicali, sia passati che attuali, per aggiornare sempre il nostro bagaglio culturale.
In che modo il significato di “KENSHŌ” influisce sul vostro approccio alla creazione musicale?
“Kenshō” significa letteralmente “momento fugace di illuminazione improvvisa”, e questa sorta di epifania è la scintilla che scaturisce la creazione dei nostri brani: parte tutto da un’idea, un’immagine, un concetto, in modo spontaneo e viene poi elaborato attraverso uno studio attento delle armonizzazioni e dei suoni. La scrittura per noi più che passione è un bisogno, quasi fisico, sia per sfogarci, che per esprimere noi stessi e conoscerci, che per comunicare al mondo quello che abbiamo da dire.
Qual è il messaggio che sperate che gli ascoltatori ricevano dalla vostra musica?
Speriamo di regalare un’esperienza di fugace illuminazione anche agli ascoltatori, attraverso sensazioni, ricordi, e riflessioni. Il nostro intento è di scrivere brani che hanno più livelli di interpretazione, per poter arrivare a tutti, essere musicalmente piacevoli ma allo stesso tempo portare concetti intensi e profondi.