Interview: Guignol
Ci piace Abile Labile, il disco che segna il ritorno di Pier Adduce e dei suoi Guignol. Ancora una volta, la sua forza magnetica nel tratteggiare personaggi e situazioni sempre al limite, con sguardo critico e ironico, è rafforzata dalla sensibilità musicale che spazia dal rock a tinte scure, al garage al cantautoriale. Chiacchierare con Pier è sempre fonte di ottimi spunti e interessanti nozioni, ecco perchè, in occasione del nuovo album, non ci siamo fatti scappare la possibilità di mandargli via mail qualche domanda…
Ciao Pierfrancesco, come stai? Da dove ci scrivi? Nuovo album per i Guignol: inizierei dalla formazione che vede dei nuovi ingressi. Ho sempre visto la tua band più come un “progetto tuo” che una vera e propria band, ora, con questi nuovi arrivi è sempre così?
Non c’è male, grazie. Vi scrivo da un paese della Brianza in cui mi sono trasferito 2 anni e mezzo fa. I Guignol sono da sempre una mia creatura, con tutti i pregi e i limiti del caso.
Dopodiché, in tutti questi anni , molti compagni di viaggio hanno contribuito e lasciato qualcosa in questo progetto, in misura diversa e a titolo diverso.
Sostanzialmente la situazione è identica, restando io il “propulsore” del gruppo e l’autore e ispiratore di tutti i brani dei Guignol ma con un distinguo da farsi: con gli inserimenti attuali, da Enrico Berton (con me da quasi 4 anni,) a Paolo Libutti, fino a Raffaele Renne, i Guignol hanno acquistato una fisionomia e un equlibrio di gruppo come forse mai in passato.
Dopo sei album si potrebbe pensare che la spinta ad andare avanti possa, fisicamente, esaurirsi invece nel L’uomo senza qualità parli di un uomo disposto a ripartire da zero, pronto a trasformarsi, e rimettersi in gioco con nuovo vigore. Il tuo fuoco non accenna a spegnersi…
Ne L’uomo senza qualità la rigenerazione del soggetto in questione risponde più a una pulsione distruttiva, di rivalsa e affermazione di sé, magari in un ideale in cui riconoscersi, in un moto quasi isterico e forsennato, da praticarsi a qualsiasi prezzo, cosa che non corrisponde ad una vera e approfondita trasformazione o messa in gioco di sé stessi. Tutt’altro. Il “fuoco” a cui alludi tu è quello invece legato al procedere della mia vita o allo sguardo che metto sulle cose, forse…Fino a quando le canzoni e la musica mi aiuteranno a veicolare tutto questo e fino a quando la cosa mi darà piacere, il fuoco credo (e temo) resterà vivo.
Le figure che tracci nei tuoi testi, sia dal punto di vista umano ma anche nelle descrizioni della realtà urbana, sono sempre memorabili, di quelle che lasciano il segno. Dopo così tanti anni, hai un segreto per riuscire a cogliere così bene luci ed ombre di chi (o cosa) ti circonda?
Nessun particolare segreto. Sono curioso, osservo e vado toccando con mano. Mi appassiona la “commedia umana”, mi elettrizza e mi inorridisce insieme. Dopodiché ci sprofondo dentro, spesso, e non è sempre divertente o confortevole o rinfrancante ritrovarcisi, fino al collo, tutti i giorni.
Scrivere pero’ mi ha sempre aiutato a esorcizzare e a distanziare un po’ le cose e il circo folle che ogni tanto mi attraversa 🙂
Abile Labile vive di molte anime: quelle più rabbiose, pulsanti, ma anche squarci malinconici, sofferenti e colmi d’amarezza. Eppure le tinte sono sempre grige, scure. Trovi che in questo disco le luci si siano fatte ancora più cupe che in passato?
No, non credo. Ho cercato di rendere delle immagini e delle figure capaci, forse, di cose straordinarie cosi’ come di cose aberranti, perché è nei contrasti e nei conflitti che spesso andiamo a trovare un’essenza, si spera, priva di moralismi e pregiudizi. Abile Labile è un disco a tinte spesso forti e con sentimenti poco mediati…. Per indole, personalmente, tendo spesso a pescare in un immaginario di questo tipo, dopodiché la realtà che riflettiamo oggi, su ogni fronte, in questo senso, pare andare di gran lunga oltre ogni possibile immaginazione. Poi, a onor del vero, va detto che tante volte, c’è banalmente quello che c’è, e spesso questa cosa ha il sapore di un vuoto inaccettabile: grigio, torbido, ambiguo e poco definito, sospeso e irrisolto… e nella maggior parte dei casi si accompagna a un senso di perplessità e stagnazione delle cose, a un galleggiare mediocre. Questo tipo di “luce” o “sfumatura” è molto più difficile da rendere, tanto più in una forma espressiva breve come è quella di una canzone. Non di meno bisogna provare a farci i conti.
Spesso mi chiedo se la musica possa esorcizzare i demoni, se abbia una funzione terapeutica durevole. Ascoltando i Guignol penso che per te possa avere questa funzione, ma volevo sapere se e quanto è una cosa durevole, se, ad esempio, dopo aver scritto un pezzo come Rifugio dei Peccatori, ti senti “meglio” e quanto dura questa “influenza positiva” della scrittura?
Se non fosse anche terapeutica, nel mio caso credo che avrei qualche problema di disadattamento, se non di peggio:) Sulla durevolezza invece ho dei dubbi… Mi sento meglio giusto il tempo di vederla scritta e finita, ma poi è il suonarla a renderla davvero viva… a renderla una cosa altra da te. Quindi, spero risulti essere altrettanto per chi la ascolta perché è solo la situazione “live” a renderti davvero il risultato “terapeutico”. L’energia condivisa che passa e si libera, buona o cattiva che sia. L’abbandonarsi.
I Guignol e Piero Ciampi: come mai la scelta di proporre una sua cover?
Il Merlo di Ciampi l’abbiamo suonata spesso, rifatta completamente a modo nostro, ai nostri concerti. Mi piace da sempre e sono un fan di Ciampi. Questa canzone l’ho sempre trovata molto esemplificativa della sua figura di uomo e artista, con le sue contraddizioni, la sua ironia, la sua coerenza e la sua fragilità. Ho pensato che sarebbe stata perfetta per questo disco.
Milano, città così tante volte cantata e omaggiata in musica. Eppure tu questa volta parli del “suo” cielo. E’ il segnale che sei riuscito a trovare il tempo di “leggerlo” questo cielo. Sono contento che tu abbia potuto dare una tua fotografia di questo cielo, perchè non credo che la gente oggi giorno abbia il tempo (o la voglia?) di guardarlo il cielo. Che ne pensi?
Per forza non si ha voglia di leggerlo, aggiungo io! Il cielo su Milano è pressoché illeggibile, salvo in rarissime giornate. Non so. E’ che io vivo spesso – e soffro anche – molto l’aspetto proprio meteorologico di Milano. Ho utilizzato il suo cielo, tipicamente indefinibile, l’aria ferma e stagnante (come molte altre cose) per parlare di un luogo a cui sono legato da un rapporto di amore-odio.
E’ una cosa che realizzo meglio (chiaramente), ogni volta che mi trovo a viaggiare e ad allontanarmi da Milano, con l’influenza che questo ha sull’umore, sulle sensazioni a pelle, comprensive di vista e olfatto. Avevo in testa questo brano da un sacco di tempo e l’ho scritto quasi di getto, nel momento in cui hanno iniziato a suonarmi un paio di versi in testa. Chiaramente ho poi utilizzato il cielo e i suoi elementi come metafore di una realtà
con cui sono spesso in conflitto…
Sora Gemma e il Crocifisso è magnifica. Una delle vostre canzoni più belle a mio avviso. Mi puoi dire come è nato questo brano?
Avevo in mente una figura iconoclasta, un po’ “mariana” e un po’ Maddalena. Nella nuova casa in cui sono entrato nel 2013 era rimasto un crocifisso appeso dagli anziani vecchi proprietari. Sulla mia scrivania, sotto la parete, c’erano invece alcune vecchie illustrazioni di bordelli degli anni ’20-’30. Avevo poi rivisitato alcuni cenni storici e alcuni testi riguardanti la Grande Guerra e il ‘900 fino al fascismo (argomenti che ho trattato anche per un progetto sulla Grande Guerra, col gruppo Cabaret Schengen) così è nato il personaggio di Gemma, donna di vita. Una maitresse a suo modo devota, non più giovanissima ma dotata di spirito, nonostante il grande vuoto di un figlio scomparso in guerra (o altrove) la cui foto è tenuta sempre affianco ad un crocifisso. Sacro e profano insieme.
Con così tanti dischi alle spalle inizia anche ad essere corposo il bagaglio di brani. Per i live che farete per promuovere il disco seguirai qualche criterio nella scelta dei brani più vecchi da eseguire?
Suoneremo tutti i brani di Abile Labile piu’ 6/7 pezzi pescati dai precedenti dischi, in particolare un paio da Ore Piccole (2014), da Addio cane! (2012) da Rosa dalla faccia scura (2008) e da Una risata ci seppellirà (2010).
Grazie ancora Pierfrancesco per la tua disponibilità. Con quale brano potremmo chiudere la nostra chiacchierata?
Con Salvatore Tuttofare magari, brano per cui realizzeremo anche un video clip. Salvatore, vittima sacrificale di un sistema che ci forgia come automi votati al sacrificio di sé stessi, all’indottrinamento del “lavoro” come sola possibile ragione d’essere e unica premessa attestante una dignità ( assieme alla famiglia, intesa come nucleo di consumatori )
Salvatore è anche la vittima delle infinite, possibili “catene di montaggio” culturali a cui andiamo soggetti… Uno dei tanti poveri Cristi mandati al macello, travolti da un sistema ingiusto e disumanizzante.