Interview: Fabrizio Tavernelli

Chi ha vissuto con passione e ardore gli anni ’90 musicali italiani sicuramente non può non conoscere gli Acid Folk Alleanza, abbreviati in AFA. Eclettico e visionario gruppo che vide la propria carriera legata all’etichetta I Dischi Del Mulo. Fabrizio Tavernelli era la voce di quel gruppo e non ha mai smesso di muoversi in ambiti musicali anche dopo la fine degli AFA. Ambiti musicali ma, come leggerete da questa nostra chiacchierata, anche “antropologici”: un forte senso di ricerca lo muove da sempre e ha permeato anche la nascita di Fantacoscienza, il suo nuovo album uscito a fine aprile (dopo una riuscitissima campagna su Musicraiser). Una bellissima chiacchierata con un vero e proprio artista con la A maiuscola, che non si è mai tirato indietro e che merita assoluta attenzione e rispetto, per un passato indimenticabile e per un presente ancora ricco di entusiasmo e vitalità…

Ciao Fabrizio, come stai? Da Dove ci scrivi?
Il lavorare a nuova musica fa stare sempre bene, la musica quando è una cosa sola con la vita ti aiuta ad affrontare le difficoltà, i percorsi accidentati. Ridendo mi viene da dire che fare musica è una missione, non ci sarebbe nessun appiglio razionale per continuare, specialmente in Italia, specialmente quando non sei più giovanissimo e quando non hai i riflettori puntati. Però alla fine è il creare suoni e parole a darti le motivazioni. Buttare fuori, elaborare, sono ottimi antidoti e navicelle di sopravvivenza. Io scrivo e agisco sempre dal paese in cui sono nato, Correggio (Reggio Emilia) ed è da questa base che continuo a partire per i miei viaggi immateriali.

Nuovo album e prime recensioni positive. Possiamo tranquillamente definirti un veterano della musica italiana, ma come vivi ogni nuova uscita? C’è sempre un po’ di “timore” nello scoprire se il disco piacerà o se ci saranno recensioni positive o hai superato questa cosa?
Puoi dire anche un “vecchio”, visto che come dicevo in Italia, se non hai un successo conclamato e visibile , appari come un alieno e la musica pare essere soltanto una questione adolescenziale, ormonale. Essere veterani, avrebbe un significato di riconoscimento del lavoro fatto sino ad ora ma non sempre è così. Occorre conviverci con questo “vizio” insaziabile di produrre , cantare, ordire. Occorre valutare l’approdo delle nuove generazioni che possono avere diverse letture del tuo lavoro. Credo che però qualcosa ritorni sempre e diversi miei lavori del passato (vedi Nomade Psichico degli AFA segnalato come uno dei dischi più importanti della musica “altra” italiana nell’ultimo libro di Antonello Cresti Solchi Sperimentali Italia) sono oggetto di continua riscoperta e attenzione. Penso che non sono le recensioni a smuovere qualcosa di grosso o cambiarti la vita, sappiamo che in particolar modo le riviste cartacee sono roba per addetti al settore e il numero di copie vendute poche. Detto questo direi una bugia se dicessi che riesco ad essere impassibile e freddo di fronte ad una recensione bella o brutta. Mi permetto solo di dire che la qualità e la cultura, di nuove firme e critici musicali è senza dubbio inferiore alla preparazione di firme musicali di qualche tempo addietro. Vedo molto pressapochismo, improvvisazione e lacune, in chi scrive di musica oggi.

Mi ha molto colpito un articolo che hai postato sul tuo Facebook sul publico dei concerti. Articolo ricco di spunti, anche doloroso ovviamente. Di fronte al quale sembra non esserci speranza, eppure poi vai a vedere che il tuo disco su Musicraiser (piattaforma che avevi usato anche in passato) ha raggiunto oltre il 180%, allora viene da pensare che forse chi ama la musica ed è disposto a spenderci su dei soldi c’è ancora e va veramente oltre al semplice apparire. Che ne pensi?
In fondo in questo periodo di crisi totale della discografia ufficiale (o ufficiosa) si aprono poi tanti spazi e momenti in cui rilanciare. Certo occorre umilmente ritornare ad agire dal basso. Io ho notato un grande coinvolgimento della mia base di ascoltatori e non è importante che siano 10 o 10.000, la cosa importante è che chi ti segue con attenzione ti fornisca il propellente e il sostegno per continuare. Io ho vissuto positivamente , in particolare l’ultimo album, l’esperienza del crowdfunding. Chi ha partecipato è diventato un piccolo produttore, come in una sorta di azionariato popolare. Oggi anche artisti grandi, affermati, di grande successo cercano di avere un rapporto diretto con la propria fanbase, si cerca di azzerare la distanza tra pubblico ed artista. Tutti cercano un rapporto diretto e senza dubbio più reale, immediato, cercando di evitare o “mimetizzare” case discografiche, management, tutte quelle sovrastrutture che fanno sembrare una band o una artista come qualcosa di irraggiungibile.

La fantascienza da sempre ci spinge a guardare oltre i nostri confini e i nostri occhi (almeno è l’idea che emerge dentro di me), la fantacoscienza invece chiede invece lo sforzo a chi ascolta di guardare dentro di sè: sai che credo che per molti sia un procedimento al limite dell’impossibile?
Infatti è un viaggio ai limiti del possibile. E’ un viaggio pericoloso, non piacevole. Meglio fuggire fuori che guardarsi dentro. Anche perchè in questo viaggio interiore c’è il costante rischio di perdersi, di essere risucchiati in buchi neri esistenziali, di scoprire che dentro c’è il vuoto siderale. La domanda centrale della fantascienza è: c’è vita su altri pianeti, c’è vita su Marte? La domanda della fantacoscienza è invece: c’è vita dentro me, c’è traccia di coscienza dentro me? In fondo questa è la metafora di certi film o letteratura di fantascienza interiore che hanno trasposto il viaggio verso altri universi in chiave interiore, in viaggi nel proprio subconscio. Questa è anche la chiave della migliore musica di ricerca, della musica psichedelica, della aperture delle porte di percezione, della scrittura surrealista, della scrittura automatica, delle forme d’arte borderline che andavano a svelare altri piani di realtà.

Sei sempre stato artista “mai contento”, in senso buono ovviamente, fin dagli AFA: sempre voglioso di sporcare la melodia, di mescolare suoni e umori, per non parlare dei tuoi testi dove sei antropologo vero e proprio del quotidiano, incapace di “non scavare”. Ma dopo tanti anni di “ricerca” arriverà un momento in cui anche tu troverai “il tuo mondo ideale” e ci resterai?
Questa continua ricerca, curiosità e fame onnivora non credo si placherà mai. Preferisco spiazzare, cambiare direzione e al limite anche sconcertare o spiazzare (e qui ci può stare anche la delusione, non mi piacciono i percorsi di artisti univoci e senza sorprese, fedeli soltanto a se stessi). Dopo anni di progetti, esperimenti, tentativi, di strade prese e poi lasciate, passando da generi e atmosfere, credo che il contenitore principale su cui continuerò a muovermi sia quello del formato canzone. E’ dentro questa griglia che mi piace inserire elementi obliqui, estranei, diversi, ma allo stesso tempo non posso fare a meno di usare questi elementi dissonanti per sporcare quella che in fondo è la ricerca di una melodia (e per melodia non si intende soltanto il bel canto o l’armonia a tutti i costi).

Distorta Gestalt mi porta agli anni ’90: pare di stare in un disco con dei RHCP ispiratissimi o i Faith No More! Sbaglio?
Mah non era questo il mio pensiero. Diciamo che un cantato più ritmico e sincopato, come nel brano che citi, porta la mente a quel periodo. In verità, per me, si tratta di un testo automatico che sgorga come un flusso di coscienza. Mi piacerebbe piuttosto parlare di spoken word, di filastrocca allucinata, di seduta psicanalitica o psichiatrica su come la nostra percezione del mondo sia corrotta, alterata e irrecuperabile. Con i primi dischi degli AFA, prima di Nomade Psichico, è vero che tra i vari elementi musicali, c’erano anche influenze crossover, non lo nego, diciamo che sono giunto ad uno stato in cui lascio uscire quello che viene e non mi interessa se quello che sgorga è per forza attuale o alla moda, vado oltre, non mi interessa. Non ci sono cose più nobili o fighe di altre. In fondo tutto quello che sta uscendo è pura citazione orizzontare di decadi passate mescolate tra di loro. Che sia più cool un decennio piuttosto che un altro è una snobberia che lascio ai trendisti del momento.

La “popedelia”, quando i ritmi si fanno più morbidi, mi pare giochi un ruolo importante nel tuo disco, penso ad esempio alla canzone che da il titolo al disco o alla meravigliosa Infinite Combinazioni: forse la psichedelia musicale è una via privilegiata per la fantacoscienza, che ne pensi?
Assolutamente sì e hai centrato il fulcro dell’album. D’altra parte la psichedelia è stata ed è esplorazione, viaggio psichico, scoperta di stati di alterazione e trasfigurazione del reale. Al di là del periodo storico sociale in cui la psichedelia si è espansa in contemporanea alla scoperta di sostanze psicotrope, pernso che sia una categoria, un approccio, una visione atemporale che si sviluppa dall’arcaicità al futuro. E’ un bisogno dell’uomo, una ricerca, una tensione ad andare oltre. Oltre l’umano, oltre il divino, oltre la conoscenza. Si può dare tranquillamente una lettura lisergica all’album.

Il Tradimento mi mette la pelle d’oca, muscalmente spartana e ipnotica e un testo che trasmette pessimismo. Mi piacerebbe sapere la genesi di questo brano…
Ho scelto un mood ipnotico e scuro per questo brano, con un piano abbandonato, malandato e scordato per dare il senso di qualcosa che si ripete ma senza l’armonia e intonazione. Il tradimento è un brano che ho scritto pensando agli ideali, alle utopie tradite specialmente qui nel mio territorio. Sono stato per 10 anni presidente dell’Anpi qui a Correggio e la mia domanda è se ci sia stato un tradimento degli ideali, delle speranze, della morale e dell’etica della Resistenza. Io credo di sì, perchè intorno è un posticcio marketing di immagine, mentre nella realtà dei fatti c’è stata una deriva sociale e politica qui in Emilia, rappresentata dall’infiltrazione mafiosa nelle amministrazioni e nelle politica. Quello del tradimento e delle derive sociali-politiche-antropologiche è un tema che ritorna in altri brani , vedi Il ponte di Calatrava nell’album precedente (“Volare Basso“) o nel mio primo libro “Provincia Exotica

Il tuo Facebook è una fucina di ottimi spunti musicali: ultimamente mi hai “erudito” su Brian Eno. Sembra proprio essere un tuo faro guida…
Ascolto ancora tantissima musica (forse troppa…) e cerco di stare aggiornato sulle cose nuove e sui suoni attuali. Ma quando guardo indietro, Bowie, Eno, Fripp, Cale, LouReed, Velvet, David Byrne, David Sylvian, Robert Wyatt, Scott Walker, il kraut rock, la psichedelia, la prima elettronica, Silver Apples, le sperimentazioni dei 70, il minimalismo e le avanguardie, il post-punk, Nick Cave, l’etno-music, Canterbury sound, la no-wave….ecco trovo che sia difficile tornare a quel pionierismo. Eno sì in particolare è un faro, sia per il suo modo di intendere la musica come manipolazione, come strategie, come ambientazione. In fondo la sua presenza come musicista o produttore è una costante nei dischi che ho assimilato : dalla trilogia berlinese con Bowie, ai suoi dischi solisti, dai Roxy Music, alle collaborazioni con i corrieri cosmici Cluster e Harmonia, dai dischi in coppia con Robert Fripp, all’invenzione della ambient music, dalle produzioni di Devo, Talking Heads a quella pietra miliare che è My life in the Bush of Ghosts. La mano di Eno la senti sempre : nel trattamento dei suoni, nelle textures che si muovono sotto, dal certosino lavoro sui cori e sulle armonie, dalla ricerca di profondità e spazialità. Anche nelle sue collaborazioni più mainstream il tocco di Eno fa la differenza, vedi U2, Coldplay e le ultime collaborazioni con Damon Albarn e James Blake.

Vent’anni fa usciva Nomade Psichico degli AFA, il tempo vola. Un disco che a suo tempo ho adorato. C’è qualcosa di quel disco, nella sua realizzazione o nel tour che ti è rimasto impresso?
Quell’album è sempre un riferimento. Il disco a cui sono più affezionato e che ha , credo, trovato una buona formula e alchimia tra canzone e sperimentazione. Certe intuizioni e tematiche le ritrovo nell’ultimo Fantacoscienza. Certo che all’epoca eravamo in pieno fenomeno di scoppio dell’electronica, del trip-hop, del drum’n’bass e di etichette quali Warp, Ninja Tune, MoWax ….e quindi risentivano di quelle sonorità. Oggi il suono si è fatto più organico, è senza dubbio più suonato ma un filo lega questo ultimo mio lavoro a “Nomade Psichico” e a dimostrazione di ciò, dal vivo ripresento con arrangiamenti diversi alcune cose come Nomade Psichico e Fossili.

Grazie ancora per la tua disponibiltà Fabrizio. Con che canzone potremmo chiudere questa nostra chiacchierata?
Starei sulla title-track e sul verso finale del testo che dice “Per capire fino dove arrivare e sapere cosa resta alla fine…“. Ecco spero che questo mio ultimo lavoro possa portare a questo tipo di interrogativi esistenziali. Grazie a te per le domande accurate e per il coinvolgimento emotivo.

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