Interview: Ex-Otago
Alla vigilia del tour acutico intitolato Burrasca, abbiamo rivolto alcune domande via mail alla baand genovese per ripercorrere tutto l’ultimo periodo della loro carriera e capire che sbochi potrà avere in futuro il duro lavoro svolto in questi anni.
La pubblicazione del vostro ultimo disco, l’anno scorso, ha rappresentato un momento importante nel vostro percorso, visti gli importanti cambiamenti, sia a livello di formazione che di sound. A molti mesi di distanza da questa uscita possiamo dire tranquillamente che il bilancio è positivo. La gente è rimasta compatta al vostro fianco e anche la critica vi ha trattati bene. Come avete vissuto quel periodo? C’era un po’ di tensione, e conseguentemente ora c’è molta più serenità, oppure prevaleva comunque la convinzione di aver fatto le scelte giuste?
In realtà eravamo da subito convinti della strada intrapresa. Sicuramente possiamo dire che sia avvenuta un’evoluzione naturale da quando abbiamo iniziato a scrivere le prime canzoni di “In capo al mondo”.
In questi anni siamo estremamente cambiati, e crediamo che sia una cosa molto positiva, e con noi sono cambiate le persone che ci ascoltano. Alcuni hanno smesso di seguirci ma molti altri si sono riconosciuti più di prima nella nostra musica.
A proposito dei due ordini di cambiamento, sappiamo bene che la separazione dal Pernazza non ha mai riguardato la sfera dei rapporti umani e personali, quindi non penso che ci siano problemi da parte vostra nel parlarne. Vi chiedo solo: tra la svolta stilistica e la suddetta separazione, quale delle due è più la causa scatenante e quale invece è più la conseguenza? Immagino che non ci sia una demarcazione temporale precisa, però una delle due cose avrà iniziato a maturare prima dell’altra.
Indubbiamente le due cose sono maturate contemporaneamente; possiamo però dire che il cambiamento era già in corso nel momento in cui ci siamo lasciati con Albe. Non sappiamo dirlo con esattezza; a volte le cose semplicemente capitano e cercare di capirne le esatte dinamiche non è per noi di fondamentale importanza.
A proposito, invece, del rapporto con il pubblico, il momento del live è sempre stato centrale nel processo di solidificazione della complicità tra voi e i fan. Avete avuto la sensazione che, per chi vi segue, il vostro nuovo modo di proporvi abbia rappresentato una sorta di metafora dell’idea di rivedere un vecchio amico un po’ cambiato ma con cui in fondo si sta sempre bene come quando ci si frequentava prima?
Dire “vecchio amico” sembra sottintendere una certa carica di nostalgia. In realtà noi crediamo che il rapporto con il nostro pubblico sia sempre stato continuativo: loro stessi, infatti, hanno contribuito, tramite MusicRaiser, dopo il successo di “Anche io produco gli Ex-Otago”, alla realizzazione del nostro ultimo disco. Il fatto di essere una band autoprodotta ha sempre creato un rapporto più intimo con il pubblico, che sa di essere parte attiva del progetto.
Adesso vi presentate di nuovo al pubblico in veste acustica. Come nasce l’idea di indossare questa nuova veste? La vedete come un esperimento temporaneo o come un naturale sviluppo della svolta effettuata con l’ultimo disco?
Entrambe le cose. Dall’uscita di “In capo al mondo” abbiamo già suonato 2,3 o 4 volte nella stessa città. Ci sembra possa essere interessante sia per noi che per il nostro pubblico proporci in uno nuovo, quanto inedito, formato. Abbiamo riarrangiato notevolmente molte canzoni, aggiungendo alla scaletta alcuni estratti dal libro “Burrasca” pubblicato insieme all’album.
A proposito dell’ultima domanda apro una parentesi generale. Mi sembra che oggi, sempre più spesso, ciò che avviene sul palco influenzi moltissimo ciò che poi si ascolta nei dischi. Voglio dire, una volta il live era o la conseguenza del percorso evolutivo che avveniva nei dischi, oppure veniva visto come un capitolo a se stante che non influenzava le mosse successive in studio. Oggi invece, tra interviste che faccio e che leggo e confronto tra i concerti e i dischi successivi, mi sembra molto più frequente l’integrazione tra disco e live come un unico percorso. Cosa ne pensate?
Nel nostro caso non può che essere un unico percorso, dal momento che i brani nascono e crescono in saletta, per poi finire in studio e tornare infine in saletta; live e album corrono in parallelo senza, però, mai sovrapporsi. Siamo convinti che sia sempre interessante arrangiare i brani per proporli live con un gusto leggermente diverso; in tutti i casi non siamo affatto dei virtuosi e siamo abbastanza bravi a fare di necessità virtù.
Sono un grande fan dei Pagliaccio e mi piace moltissimo la canzone del loro nuovo disco in cui ci siete anche voi. Raccontatemi com’è nata la collaborazione e chi ha scritto cosa nella canzone.
Ci siamo conosciuti a Torino all’Hiroshima anni fa; in quel contesto suonavamo entrambi, in due sale diverse. Tra birre, opinioni, e punti di vista condivisi, ci siamo lasciati i contatti e promessi di collaborare prima o poi. Poi loro hanno contattato noi per collaborare su un loro brano che era in fase di scrittura; a noi, però, è piaciuto molto Amore Cieco, che avevano già quasi ultimato, e abbiamo deciso di lavorare insieme a testi e arrangiamento.
Altra parentesi generale: come chiedevo recentemente a Paletti, con cui anche voi avete fatto un Ep e un live insieme, mi sembra che finalmente ci sia molta più voglia di collaborare tra artisti nella scena indipendente italiana. Quando vado ai festival indipendenti all’estero noto che questa voglia è molto più sviluppata, ma mi sembra che negli ultimi mesi la tendenza stia prendendo piede anche qui. Siete d’accordo?
Sicuramente non crediamo nella competizione tra band; la collaborazione è sempre un’arricchimento. Non sappiamo in realtà dire se questa tendenza sia più comune che in precedenza o meno che all’estero. Per noi l’E.P. con Paletti è stata un’assoluta novità; è sempre stimolante confrontarsi con chi ha percorsi artistici e personali diversi; speriamo di avere nuovamente occasione di fare qualcosa del genere.
Parliamo di Genova, la vostra città. Ricordo che anni fa uscivano un sacco di gruppi nuovi, c’erano addirittura delle compilation che raccoglievano queste nuove realtà, ora o mi sto perdendo io qualcosa, oppure temo che siano molti di meno i gruppi che riescono a farsi notare. Cosa ne pensate?
Purtroppo, un po’ come accade in tutta Italia, le nuove generazioni stentano a imbracciare gli strumenti e a mettere su una band. Nella nostra città più che fare fatica ad emergere le giovani band si stanno estinguendo.
Scusate l’ultima domanda scontata ma ci tocca: avete già piani per il futuro dopo questo tour acustico?
Certamente! In estate torneremo a fare qualche concerto a formazione completa e scriveremo i brani.
Queste le date del tour:
2 Aprile – Roma @ Le Mura
3 Aprile – Latina @ Sottoscala
4 Aprile – Torre Annunziata (Na) @Debaser
9 Aprile – Milano @ Ohibò
10 Aprile – Crema (Cr) @ Il Paniere
11 Aprile – Torino @ El Barrio
18 Aprile – Sestri Levante, (Sp) @ Randal
26 Aprile – Bari SECRET SHOW
2 Maggio – Margarita (Cn) @ L’isola Condorito