Interview: DiMeglio
Oggi siamo qui per presentarvi Duilio Di Meglio, in arte semplicemente DiMeglio, cantautore venticinquenne che lo scorso 4 dicembre ha pubblicato un bellissimo pezzo intitolato Tanto ormai.
DiMeglio non è nuovo al mondo della musica, infatti ha già pubblicato diversi singoli (tra cui Palinuro, grazie al quale è entrato nella playlist Scuola Indie di Spotify) e ha preso parte ad importanti festival come il Woodoo Fest e il Meeting del Mare, dove ha aperto l’esibizione di Franco126.
Con Tanto ormai, il cantautore lombardo si propone di parlare, con autenticità e franchezza, della condizione dei giovani d’oggi, sospesi in una dimensione in cui non vi sono certezze per il futuro, ma anche di comunicare un messaggio si forza e resilienza.
Abbiamo scambiato qualche parola con DiMeglio per saperne qualcosa di più.
- Ciao e benvenuto su Indie-Roccia! Cominciamo dalle presentazioni: racconta chi è DiMeglio a chi sente parlare di te per la prima volta.
Ciao, e grazie per il benvenuto! Allora, mi chiamo Duilio, ho 25 anni ancora per poco e banalmente scrivo canzoni e non solo. È sempre difficile descriversi, perché si cerca di dare una bella impressione e io non spenso di essere uno dà ottime prime impressioni. Per chi sente parlare di me per la prima volta, lo invito a scavare più a fondo, a guardare meglio dentro le canzoni che, bene o male, c’è tutto quello che serve, e magari anche qualcosa da portarsi a casa.
- Sappiamo che hai cominciato a scrivere i tuoi brani già da giovanissimo. Cosa scrivevi all’epoca e in che modo senti di essere evoluto nel corso del tempo?
Mah, la mia prima canzone da cantautore italiano l’ho scritta a 17 anni, si chiamava Negativo, una canzone d’amore per una mia ex che mi aveva tradito. Mentre le primissime canzoni le scrivevo in inglese. Ho iniziato a 14/15 anni quando ancora avevo la cover band dei Blink182. Ci credi che non mi ricordo né una parola né una melodia? Sicuramente parlavo di amore anche al tempo, che è pur sempre un sottofondo importante alle mie tematiche. Si cambia crescendo, leggendo, suonando, vivendo degli amori, bevendo. Si cambia aggiustando la mira e le parole. È così che ho sentito cambiare i miei testi e le mie melodie.
- Tanto ormai è un brano che parla delle difficoltà che i giovani d’oggi sono costretti ad affrontare, tra precariato, ansia del fallimento e i costanti paragoni con le generazioni precedenti. Immaginiamo che sia una situazione che tu stesso vivi in prima persona, hai voglia di raccontarci in che modo la affronti?
Personalmente ho iniziato ad andare dallo psicologo, da un annetto. Lo consiglio a tutti i giovani che si trovano nella mia stessa situazione. Delle volte ci si vergogna di essere considerati pazzi, io in primis pensavo di non aver bisogno di uno “strizzacervelli” e invece è una scelta che riconfermerei altre centomila volte per combattere l’ansia. Abbiamo tutto in mano e a portata di mano, e spesso e volentieri perdiamo gli obiettivi, la motivazione, nel marasma di questa vita, che non sappiamo mai dove ci porta. Ma cazzo, ci credo che stiamo male. Io quello che consiglio, e che provo anche a consigliare a me stesso, è di non perdere il focus. Se ti senti bravo in qualcosa (ma devi essere obiettivo) picchia duro, persisti, ce la fai.
- Dal punto di vista creativo, invece, come è nato Tanto ormai? E in generale, qual è il modus operandi che porta alla nascita di un pezzo di DiMeglio?
Il mio modus operandi? Come direbbe René Ferretti di Boris: “Un po’ alla caxxo di cane”. Ovviamente nell’accezione positiva, ma io sono veramente un disastro. Seppellisco una frase nelle note dell’iphone e la riprendo dopo mesi perché me la chiama un accordo o solo perché sento che quel giorno è il momento giusto per parlare di quella cosa. È tutto molto confuso, ma alla fine tiro insieme un brano. A volte invece sento la necessità di vomitare tutto, e le canzoni escono tutte d’un fiato, testo e musica, un vero e proprio parto. Mi cospargo di brividi. È davvero una sensazione inimitabile, un goal al novantesimo minuto. Per Tanto ormai è stato così, attacco d’arte nella mia cameretta. Come direbbe Maradona: “L’ha fatto Dio”. Lui magari esagerava, ma sai, entri in uno status in cui quasi non ti senti te stesso, come se fossi guidato da una forza trascendentale. O probabilmente avevo solo fumato una canna.
- Ci hai raccontato di essere appassionato della musica italiana degli anni ’70. Cosa accomuna il tuo modo di fare musica con i pezzi di quegli anni?
Penso che la cosa che più ci accomuni sia la verità, la voglia di ricordare e raccontare emozioni, momenti, flash. Secondo me c’era più condivisione e sensibilità. Rivalsa sociale.
- Passiamo ai consigli musicali: elenca cinque brani italiani degli anni ‘70 che secondo te non dovrebbero mancare in nessuna playlist.
Io in realtà sono più legato a quelli di fine ‘70 inizio ‘80, però bene o male:
Prendila così di Lucio Battisti
Quale allegria di Lucio Dalla (solo perché dire Come profondo è il mare è troppo banale, ma comunque quel disco lì insomma)
Je sto vicino a te di Pino Daniele
Via di Claudio Baglioni
Pensiero stupendo di Patty Pravo.
- Hai voglia di raccontarci il ricordo più bello di un tuo live?
Il ricordo più bello di un mio live è sicuramente quello che ho del “Meeting del mare”, un bellissimo festival che si tiene a Marina di Camerota, in Cilento, terra alla quale sono molto legato. Ho partecipato nel 2019, è stato pazzesco calcare un palco così professionale ed importante e suonare poco prima di un artista del calibro di Franco126. È stato tutto molto bello, a partire dal lungo viaggio che ho fatto con la band per arrivare giù a suonare, fino all’incontro con diverse personalità della musica (artisti, giornalisti, promoter, organizzatori). Davvero una sensazione inimitabile vivere un’esperienza del genere. Sì, ci siamo fatti più di mille chilometri per un solo live. Sì, il palco ha fatto tanta paura. Ma che soddisfazione!
- Buoni propositi per l’anno nuovo?
I buoni propositi per l’anno nuovo sono quelli di far uscire tanta nuova musica. Ho in mano un disco che si chiama Il mio divano che uscirà in primavera e che cercherò di portare in più case possibili, e soprattutto su più palchi possibili. Il live è sopra ogni cosa per il musicista, stiamo tutti attendendo che ce li riportino indietro, perché non possiamo lavorare senza.