Interview: Casa Del Mirto
Abbiamo incontrato dal vivo i Casa Del Mirto al completo (Marco Ricci, Luigi Segnana, Raffaele Ricci), per fare il punto su com’è andato il loro 2014 con la pubblicazione del nuovo disco e per parlare di un po’ di cose relarive alla vita della band e all’evoluzione del suo percorso.
Ho letto che Marco porta avanti il progetto Casa Del Mirto fin dal 2005, ma che nella sua versione attuale il gruppo c’è dal 2011. Ho letto anche che a Marco ormai il nome non piace più da un po’ di tempo ma ormai è quello e non lo cambia. Mi chiedo, non potevate cambiarlo quando avete iniziato il gruppo com’è ora?
Marco: no, perché comunque il nome era già conosciuto, il nostro primo disco ha fatto letteralmente il giro del mondo. Quindi ho comunque voluto sfruttare un qualcosa che aveva già seguito, io ero anche andato a suonare dal vivo in Germania e le date erano andate benissimo. Io mi ero poi staccato dal progetto per formare una band garage, che comunque esiste tuttora; suonavo come batterista ma poi mi sono stufato e mi sono rimesso a fare l’elettronica.
Ormai siete insieme da qualche anno quindi.
Marco: io e Luigi sì, il terzo elemento è cambiato almeno tre volte.
Raffaele: io ci sono da giugno.
Marco: ci serviva un badante che seguisse noi due rimasti soli…
In questi anni è cambiato il processo creativo o seguite sempre le stesse linee fin dall’inizio?
Luigi: funziona più o meno sempre allo stesso modo fin dall’inizio: l’idea base arriva da Marco e poi ci si lavora un po’ assieme, però è cambiato il modo di affrontare la musica. In ogni disco vogliamo cambiare un po’ le sonorità e migliorare dal punto di vista non tanto tecnico ma nell’abilità di riuscire a esprimere noi stessi in maniera diversa. Ogni disco, quindi, ha il proprio percorso, pur mantenendo il processo creativo di base, la filiera è sempre quella, cambia solo il modo di esprimersi.
Quindi Raffaele è arrivato a disco già ultimato e sta partecipando, per il momento, solo ai live?
Raffaele: sì esatto, vado ai live con loro e basta per ora, mi hanno detto cosa fare e lo faccio.
Marco: lui comunque suona meglio di noi.
Pensi che continuerai a farti dire da loro cosa fare o più avanti ci metterai del tuo?
Raffaele: più avanti penso proprio di sì, che ci metterò anche del mio.
Marco: un’altra cosa che è sempre rimasta è che ci siamo resi conto che riusciamo a fare dischi solo quando siamo nel mood giusto. Per esempio l’ultimo album, ‘Still’, è stato pubblicato nella sua quarta versione. La prima purtroppo l’abbiamo persa per un crash del computer il giorno successivo al completamento del disco, eravamo in una baita, noi di solito incidiamo in baite, per isolarci. Secondo me quella versione era una bomba, una traccia collegata all’altra, suonava un po’ come i Factory Floor.
Luigi: purtroppo tornati dalla baita il computer ci ha detto ciao ciao e quel disco è perso per sempre. Così ci abbiamo provato altre due volte però non eravamo soddisfatti, avevamo dato retta a qualcuno che ci chiedeva di tornare alle origini ma poi il risultato non ci convinceva. Allora abbiamo lasciato passare qualche mese, poi ci siamo ritrovati ed è uscito il disco com’è ora.
Rispetto alle vostre cose precedenti, qui si nota una maggior presenza di ritmo. Volevo chiedervi in che momento era nata questa novità ma mi sembra che abbiate già risposto. Io non sono un ascoltatore abituale del tipo di musica che fate voi, però ho il mio triangolo, nel senso che oltre a voi apprezzo M+A e Welcome Back Sailors. Mi sembra che ognuno di questi gruppi nei propri ultimi lavori abbia messo più ritmo e vorrei chiedervi se secondo voi può esserci un motivo.
Marco: secondo me, dopo che fai un disco con un mood rilassato e lo porti dal vivo, dopo un po’ ti rompi le scatole e hai bisogno di un po’ di adrenalina.
Luigi: più suoni live, più, anche inconsciamente, sei portato a volere più pezzi da live. Vuoi più partecipazione da parte del pubblico, vuoi che si crei un insieme tra il pubblico e te. Sono molto belli i pezzi di atmosfera nei quali la gente viaggia e si perde, però poi puù suoni e più ti resta dentro questa cosa.
A proposito del fatto che ascolto poca musica che sia in qualche modo collegabile alla vostra, ditemi altri gruppi che potrebbero piacermi, a me come a altri che magari conoscono poco come me.
Marco e Luigi: ovviamente Hello Again, che è un nostro progetto parallelo che facciamo con Fabio Nirta, più orientato sulla chill-wave, dopodiché è un po’ fuori genere ma ci è piaciuto molto Yakamoto Kotzuga, poi direi i To You Mom, che tra poco usciranno per la nostra stessa etichetta, poi i Flowers Or Razorwire che sono un po’ i cugini di Casa Del Mirto insieme ai Welcome Back Sailors.
Quanta cura c’è per i testi nella musica che fate? Io ammetto che di solito, quando ascolto musica nella lingua che non è la mia, tendo più a far caso al suono delle parole piuttosto che a ciò che dice il testo.
Luigi: anche noi, il suono della voce fa parte dell’arrangiamento della musica, lo utilizziamo per esprimere il nostro mood e anche i testi hanno lo stesso scopo.
Marco: però in ‘Still’ i testi sono un po’ più curati rispetto al passato, ammetto che se penso al passato, ci sono alcuni testi che se rileggo non so assolutamente di cosa parlano, però sono sicuro che quel giorno in cui li ho scritti un significato l’avevano.
Voi suonate anche tanto dal vivo, com’è il vostro live? Siete voi tre e…?
Raffaele: io sono al sintetizzatore, Luigi al basso, Marco alla voce e a un altro synth, ed è tutto arrangiato diversamente rispetto al disco.
Luigi: come dicevo prima, vogliamo che il suono sia più dinamico dal vivo.
Ci sono più elementi suonati dal vivo o c’è anche molto aiuto di sample o cose varie?
Luigi: è molto suonato dal vivo perché abbiamo i due synth che fanno un arrangiamento e il basso che ne fa un altro però certo, dei campionamenti presi direttamente dal disco li usiamo, ad esempio le percussioni dal vivo non le abbiamo. È un’elettronica con una bella spinta live.
Marco: anche la voce è stata effettata per essere più simile a com’è nelle varie canzoni del disco, infatti in molti ci dicevano che suonava come il disco e noi non lo prendevamo come un complimento, però poi abbiamo ascoltato le registrazioni e ci siamo resi conto che ce lo dicevano nel senso positivo dell’espressione, anche la voce è equalizzata nel modo giusto, con tre delay diversi.
Avete notato differenze nella partecipazione del pubblico ora che avete puntato su un suono più adatto da questo punto di vista?
Luigi: sì, la gente è molto partecipe, anche i report che sono usciti sono molto positivi, siamo davvero soddisfatti. Prima usavamo la chitarra dal vivo, invece questa impostazione di ora con due synth è un basso è ancora più apprezzata, dà un senso di avvolgimento maggiore.
Di solito, per gruppi come voi, si dice che “guardano al mercato internazionale”. Ma in realtò, voi ci pensate veramente o fate questa cosa solo perché vi piace farla e non avete nelle vostre corde altri tipi di musica più adatti al mercato italiano?
Luigi: in realtà io non so bene cosa significhi guardare al mercato internazionale…
Infatti anche a me è sempre sembrata una frase buttata lì, per quello chiedo a voi.
Luigi: noi facciamo la musica che ci piace fare, che ovviamente deriva dai nostri ascolti e noi di musica in italiano non ne ascoltiamo. Poi se parliamo solo di livello internazionale senza mettere di mezzo la parola mercato, noi abbiamo tanti ascolti all’estero, il nostro primo EP ad esempio era stato inserito in qualche classifica in Australia tra i 30 migliori dischi dell’anno.
Marco: l’Italia ha iniziato a parlare di noi solo i riflesso, prima siamo arrivati in America, dopo qui. Tra l’altro una persona fondamentale per la nostra promozione in Italia è stato Enrico Veronese (meglio conosciuto come Enver), che ci ha ascoltati e senza volere nulla in cambio, da amico, si è impegnato a fare passaparola il più possibile. Gli dobbiamo molto.
Anche per i concerti andate spesso fuori, a parte quelle date in Germania di cui mi dicevate prima?
Marco: secondo me lì nessuno si ricorda di quelle date, sono state tanti anni fa. All’estero abbiamo molte richieste, ma una data sarebbe in un posto e un’altra in un altro posto completamente diverso e così è difficile, bisognerebbe riuscire a organizzare un vero e proprio tour.
Luigi: ma noi non siamo bravi a organizzare niente… Ci scrivono dalla Romania, o dalla Svezia, però come facciamo a andar lì a suonare una data sola…
Marco: stavamo per partire per un tour americano una volta, però poi all’ultimo momento chi ce l’aveva organizzato ha avuto un’offerta di lavoro irrinunciabile e non riusciva più a starci dietro.
Il disco esce per Ghost Records. Ora, nel 2014, io che sono un appassionato di musica, nella mia testa ho l’idea che il disco lo ascolto quando arriva lo streaming sul sito di turno e poi su spotify e lo compro al concerto. Immagino che in tanti faranno così, quindi qual è il senso di uscire con un’etichetta?
Marco: che non si spendono i soldi nella stampa del disco, intanto.
Luigi: loro sul tuo disco ci investono e poi un’etichetta come Ghost che lavora da anni ti permette di lavorare meglio anche a te come gruppo, soprattutto in modo molto più organizzato, ad esempio oggi c’è il promo day, invece prima la nostra promozione era molto più disorganizzata. Loro lavorano da esterni sul tuo progetto ed è molto meglio.
Marco: Ghost Records è un’etichetta seria, mentre Mashhh Records era fatta da due persone che non sanno assolutamente gestire un’etichetta, però avevano delle ottime intuizioni. Tra l’altro diciamo qui che a dicembre la nostra etichetta chiuderà. In generale quello che facevamo noi era molto di pancia.
Voi siete uno di quei gruppi che non si ferma mai nello scrivere canzoni o adesso che il disco è finito e pubblicato non state scrivendo?
Marco: abbiamo un sacco di progetti in giro…
Luigi: però poi quando dobbiamo fare un disco nuovo lo ragioniamo in uno spazio di tempo limitato.
Marco: in realtà il prossimo disco ce l’abbiamo già in testa, anzi, nel abbiamo due.
Luigi: abbiamo delle idee ma non è che scriviamo un pezzo e lo mettiamo da parte, ci teniamo le idee dentro di noi e poi quando dobbiamo fare il disco, le idee escono.
Marco: una cosa che abbiamo imparato è non avere fretta, non strafare, farlo solo quando serve e quando c’è un’intenzione onesta. Se no, quando ho semplicemente voglia di fare musica a casa, inizio altri progetti musicali. Ad esempio Won, che è uscito per l’etichetta dei Cornershop, oppure la nostra ultima produzione Mashhh sarà un’altra produzione, che si chiama Cat Cat Cat, e abbiamo tante altre cose ancora e non usciamo per tutte queste cose il nome Casa Del Mirto.
Anche perché hai detto che non ti piace!