Interview – Cardo

Cardo è un nome che non è affatto sconosciuto a noi di Indieroccia; il cantautore campano, dopo una lunga e prolifica militanza ne I Botanici, nel 2019 ha intrapreso la carriera solista prima con Futura Dischi (pubblicando “Un amaro, grazie”, diventato virale su Spotify nei primi mesi dall’uscita) e poi con Dischi Rurali.

E’ proprio con l’etichetta indipendente beneventana che Mirko ha cominciato a tirar fuori dal cilindro l’espressione più sfrontata e azzardata di sé: testi sfrontati, al limite della provocazione, ma intrisi di un retrogusto romantico che si fa sentire fin dal primo ascolto. Lui lo chiama “Cult Pop”, noi lo definiamo “sincero”. Abbiamo fatto qualche domanda all’artista:

Benvenuto su Indieroccia, Cardo. Partiamo dal nome: come mai proprio “Cardo”? 

In una stanza di un albergo in Scozia  ho iniziato a scrivere le mie canzoni e volevo in qualche modo creare un legame con quel periodo. Cardo perché è il fiore simbolo della Scozia.

La natura, oltre che essere presente nel tuo nome d’arte, si collega anche alla tua casa discografica. Dopo Garrincha Dischi (con I Botanici) e Futura Dischi (con “Un amaro grazie”) oggi arrivi alle porte del primo album da solista al fianco di Dischi Rurali. In cosa consiste tale “ruralità”, e sotto quali punti di vista Cardo si sente “rurale”?

Stare con Dischi Rurali è stato un ulteriore passo verso l’indipendenza e verso la libertà di espressione. La ruralità in Cardo sta nella sua autenticità e sincerità, le mie canzoni sono senza filtri, a volte non politicamente corrette tipo “Quanti te ne fai” o “Se insisti te lo do”, titoli che potrebbero sicuramente far storcere il naso al perbenista di turno. La mia ruralità sta proprio nel fare e dire quello che mi pare anche andando contro il pensiero comune.

Andiamo al tuo percorso musicale. Cominciano ad essere parecchi i singoli fin qui da te pubblicati; oggi, quello del disco, sembra un passo complicato da fare, complice un mercato sempre più interessato a pubblicazioni a breve termine. Il singolo, insomma, pare essere diventato il modus publicandi (non ce ne abbiano i latinisti) della musica italiana. Tu come ti relazioni a tale trasformazione, e cosa ne pensi di questa “frammentazione” del disco in più tranche da poche manciate di minuti? Non rischia di venire meno la coerenza dell’insieme?

Sì assolutamente, e sono d’accordo con te. Per evitare ciò infatti io preferisco sempre registrare i pezzi di un disco nello stesso periodo. I miei singoli anche se sono usciti a mesi di distanza sono stati registrati tutti nello stesso periodo con il chiaro scopo di far parte del medesimo disco e quindi avere la coerenza dell’insieme. Mi rendo conto però che quando si ragiona a singoli e non a disco fin dall’inizio questa coerenza può venir meno.

“Quanti te ne fai”, “Se insisti te lo do”, “Presto lo vedrai”… diversi tuoi brani giocano – seppur in modo molto elegante ed ironico – con l’argomento “sesso”. Dai brani del tuo nuovo corso sembra emergere una rabbia catartica che trasformi in “sbeffeggio”; vorrei chiederti che rapporto hai con i tabù, e se a volte non temi che la tua musica possa essere, dai meno attenti ed inesperti del tuo linguaggio, fraintesa. 

Certamente, e spesso lo è perché magari chi non mi segue con attenzione oppure è la prima volta che si trova davanti un brano come “Quanti te ne fai” chiaramente può storcere il naso. Io faccio ironia sull’amore in questo modo, sulle relazioni sociali, a volte ci puoi leggere doppi sensi ma sempre con molta eleganza come hai ben detto e senza cadere nel trash. Non ricerco il trash, cerco l’ironia e l’irriverenza.

“Quanti te ne fai”, nello specifico, risulta essere ben diretta. Ricorda forse più il mondo musicale di “Presto lo vedrai” che quello di “Domani”, o di “Se Insisti te lo do”. Anche se “Unità” rimane forse uno dei tuoi brani più emotivi. Esiste un filo rosso che collega il tutto? Che tipo di “discorso musicale” dobbiamo aspettarci dal tuo disco?

Certamente c’è una visione di insieme in tutte le canzoni e nel disco che uscirà a breve. Le mie canzoni sanno essere ironiche e irriverenti ma anche allo stesso tempo dolci, sentimentali, ingenue e malinconiche, è questo che permette loro di non apparire trash, non mi spingo in quel campo e non voglio andarci. Il mio disco sarà il manifesto del cult pop, estetica cult, sonorità pop e testi diretti e sfrontati.

I tempi non sono certo dei migliori, per chi fa musica. Sarebbe bello che chiosassi esprimendo un parere su ciò che sta accadendo al settore dello spettacolo, e – se ti va – spoilerandoci come intenderai promuovere il tuo disco d’esordio da solista, nell’estate delle restrizioni. 

Chiaro che non è un buon momento per la musica e per il settore dello spettacolo in generale. Lo spettacolo deve ripartire e deve farlo in sicurezza con più eventi, magari più piccoli ma più frequenti. Spero anche in un abbassamento dei grandi cachet visto che negli ultimi anni è esplosa una bolla e con questa situazione non sono sostenibili. Occorre ridimensionarsi. Per quanto riguarda la promozione del disco se si riuscirà a suonare anche in situazioni più piccole lo farò.

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