Interview – Bombay
Titolare di un progetto musicale singolare, Bombay ha appena pubblicato il quinto capitolo di una carriera sottotraccia ma non per questo meno significativa. “Canzonissime” fa il verso agli anni Sessanta, ma poi all’interno suona contemporaneo e molto quotidiano, soprattutto in testi che sembrano parlare di tutti. Gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Come si arriva al quinto album della carriera facendo sempre quasi tutto da soli?
Facile! Ci vuole pazienza e un po’ di fortuna (cit.). E anche molta cazzimma. In realtà, per me, scrivere canzoni è un divertimento, pertanto, lo faccio con l’attitudine del dopolavorista. Poi tutto è facilitato dagli amici che mi circondano, che mi aiutano con le copertine, le registrazioni, le foto, i live, gli arrangiamenti senza di loro sarebbe forse impossibile, sicuramente più noioso. È anche vero che oggi si può fare tutto da soli, non c’è bisogno per forza delle etichette discografiche, certo il risultato è meno studiato, meno patinato e sbrilluccicante ma se uno non è interessato al giro grosso, al mainstream allora va più che bene.
Titolo e copertina suggeriscono una forte nostalgia per la musica anni ’60, ma poi ascoltando le canzoni non è proprio così. Non è che stavolta hai esagerato con lo spiazzare l’ascoltatore?
Non credo. Anzi ho chiamato il disco Canzonissime proprio perché è una raccolta di canzoni, non è un concept album. Ogni brano può essere preso e ascoltato individualmente e infatti sto notando che ognuno prende un brano diverso da aggiungere alle proprie playlist. Questo è lo spirito giusto.
Non volevo fare un disco strano ma neanche banale: è pur sempre un disco di Bombay.
Qual è il significato dietro il brano “Pensami Sopra una Nave”?
Mio cognato lavora nei cantieri navali, costruisce le grandi navi da crociera, si occupa degli impianti audio ed entertainment, e sta spesso fuori casa. La canzone parla della sua vita lontano dagli affetti e dagli amici per lunghi mesi, e di come immagino si senta. Poi davvero un giorno gli è caduta una cassa audio sul piede e gli ha frantumato un dito. Ho preso spunto dalla sua storia per allargarla e fonderla con la mia nella parte del papà che aspetta l’uscita del figlio fuori dalla scuola e osserva il comportamento degli altri genitori. Ho immaginato come possa sentirsi un padre che per lavoro è costretto a non vedere per lunghi periodi i propri figli, la propria compagnia e le incomprensioni che ne possono derivare. Come sempre c’è un po’ di vero e un po’ di fiction.
Presentando il disco racconti di un sound più asciutto e minimale: che cosa ti ha spinto a questa scelta?
La decisione è stata di Riccardo (Pasquarella, arrangiatore produttore e spirito guida del disco) lui ha detto che voleva dare maggior presenza alla voce rispetto agli strumenti più bassi. Io non ho capito cosa volesse dire ma ho detto sì. Effettivamente alcuni brani del disco sono molto crudi e minimali. Penso ad esempio a Oggi mi sono Buttato al mare che è praticamente voce e chitarra con un minimo di piano.
Qual è stata la tua reazione quando hai ascoltato per la prima volta l’album completato?
Ero contento! Ancora adesso lo sto piano piano scoprendo, ascoltandolo, e ci sono dei momenti bellissimi e delle canzoni che mi emozionano tipo Odore di canna che è nata per ultima perché sul disco inizialmente doveva esserci un altro brano ma effettivamente era venuto malissimo. Sentire il proprio disco finito è un’emozione speciale.
Qual è il brano che hai trovato più difficile da scrivere e perché?
Meduse. È stato difficilissimo finire il testo, non capisco il perché, normalmente la mia è una scrittura veloce, imprecisa e istintiva, efficiente. Invece con Meduse avrò riscritto il testo 10 volte e alcune versioni erano completamente un’altra canzone, infatti, ad un certo punto mi sono dovuto fermare a riflettere perché il testo aveva preso una strada che non seguivo più. Perciò sono tornato alla primissima versione, quella che stava nelle note del telefono e ho sistemato quella: ho fatto un giro lunghissimo per tornare al punto di partenza. Top!
Hai avuto qualche momento di blocco creativo durante la creazione di “Canzonissime”? Come hai superato questo ostacolo?
No nessuno, io non ho mai blocchi perché se una canzone non mi viene o non mi piace la lascio stare subito e ne inizio un’altra. Tra l’altro la cosa che preferisco dello scrivere canzoni sono i primi momenti, quelli in cui un brano nasce e c’è quella voglia di suonarlo all’infinito, sussurrando le parole, la melodia, trovando le giuste metriche e le immagini che lo accompagneranno. Poi una volta impostato lo lascio perdere e penso a un nuovo brano per riprovare quella sensazione di magia che dà l’ispirazione.