Interview – Alessandro Fedrigo

Esce venerdì 28 ottobre 2022 “Onda M“, il nuovo album solista di Alessandro Fedrigo, fuori da venerdì 28 ottobre per l’etichetta Record Y. Un nuovo capitolo per il poliedrico compositore e musicista che, a partire da suoni quotidiani e nascosti su strati di normalità, ci regala nuove composizioni e improvvisazioni elettroniche qui raccolte.

Del disco, Alessandro racconta “Ad un certo punto ho iniziato a registrare i suoni che stavano attorno a me, spesso rumori casalinghi o conversazioni, momenti di vita, e li inserivo all’interno di composizioni e improvvisazioni elettroniche. É straordinario scoprire nuovi mondi sonori utilizzando software e field recordings e poi visitarli ed improvvisarci col suono del mio basso. La mia ricerca sonora in questo ambito è all’inizio ma vedo territori sconfinati con potenzialità tecnologiche e di suggestione straordinarie.

– Quali sono le tue influenze musicali? C’è qualcosa che non ci aspetteremmo mai? 

Credo che il jazz sia la mia influenza più importante, non tanto come stile musicale ma per l’approccio creativo, almeno questo è il mio modo di intendere la parola jazz. Nel mio percorso musicale ho fatto tante cose, ho incontrato tanti musicisti in situazioni anche molto diverse, dall’accompagnamento dei matrimoni, all’improvvisazione libera, alla sperimentazione, alla musica più rigorosa e composta. Sicuramente XYQuartet è la formazione con cui ho suonato di più e alla quale ho contribuito in modo decisivo. Ma ogni collaborazione ha lasciato qualche traccia creativa, da Urina Power a Robert Wyatt, da Amir ElSaffar a Ricky Gianco.

– Esiste una scena musicale a Treviso? Chi ne fa parte attualmente? 

A Treviso ci sono molti musicisti, come ovunque. Forse non c’è un luogo catalizzatore e dunque ognuno fa la sua musica con un piccolo gruppo di persone o in cameretta. Ecco forse i luoghi geografici sono stati sostituiti da luoghi virtuali nei quali le persone si incontrano, si sotengono, scambiano. Mi sembra una prospettiva molto interessante, anche se la musica dal vivo ha un sapore differente.

– Hai suonato in diversi paesi Europei e non. Che differenze hai notato rispetto ai palchi italiani? 

In Polonia il pubblico è molto caloroso, in Estonia c’è grande attenzione per la musica, in Finlandia c’è grande attenzione ma le reazioni sono piuttosto fredde, ogni paese ha le sue caratteristiche e poi ci sono le esperienze personali che sono soggettive. In Italia mi sembra che ci sia un po’ di distrazione, un pubblico stanco e forse poco curioso. Ma forse lo sono solo i direttori artistici. O forse l’erba del vicino è sempre più verde.

– Qual è la connessione tra jazz ed elettronica, e cosa ti porta da una parte o dall’altra? 

Come dicevo il jazz non riesco a concepirlo come uno stile, e anche la parola elettronica non rappresenta uno stile per me. Ci sono strumenti diversi, dunque è vero che tra un software e una sassofono ci sono delle differenze, ma credo che il punto sia la voglia di esplorare e di mettersi in gioco creativamente. Mi interessa l’improvvisazione, questo album è nato su albeton live che trovo uno strumento molto interessante, che sto studiando e che mi stimola moltissimo. Ecco credo che la lezione dei maestri del jazz (ma forse di tutti gli artisti interessanti) sia di percorrere la propria traiettoria guidati dalla creatività, dalla curiosità e da uno spirito sincero di ricerca. Cerco di fare questo, che poi la musica sia jazz, sperimentale, acustica, elettrica o elettronica è più un problema di etichettatura che ha un senso legato al posizionamento su uno scaffale, reale o virtuale che sia. 

– Quale domanda avrei assolutamente dovuto farti e non ti ho fatto? Quale invece la risposta? 

La domanda è: che musica stai ascoltando mentre scrivi? SLa risposta è: to ascoltando”Prophecy of the Beetle” di Natalia Beylis ed è una bellissima scoperta, l’ho trovato tra le uscite del giorno su bandcamp.

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