Le scelte dello staff: Marianna Bottiglieri
Anno atipico, per quanto mi riguarda, pieno di delusioni guardando ai lavori attesi, anche da parte di musicisti che mi avevano convinta particolarmente in precedenza. Per dirne un paio, ad esempio, cito Cosmo, di cui avevo da subito molto apprezzato l’esordio da solista, e i Perturbazione, che hanno risentito moltissimo del cambio di formazione come mai avrei voluto, visto che sono probabilmente tra le mie band preferite di sempre. Per di più non ho mai amato le svolte orecchiabili di band indie che arrivano al grande pubblico, non perché non mi faccia piacere il fatto che siano più seguite, ma perché vedo nella maggior parte dei casi, come conseguenza, una visibile carenza di ricerca musicale, fatto che mi rende nostalgica ai limiti della sopportazione e che non riesco proprio ad ignorare.
Preferisco il contrario, quando cioè, una band o un autore molto seguiti decidono di rischiare con un lavoro di livello. Quest’anno, secondo me, Niccolò Fabi è colui che ci è riuscito meglio. Non rientra tra i miei primi dieci per pochissimo, ma merita una menzione.
Ciò che c’è stato di positivo in tutto questo, è che per poter pensare a una classifica finale ho dovuto ascoltare molto e bene una marea di altri lavori anche di generi molto diversi. Questo ha reso il 2016 un anno molto ricco, musicalmente parlando (e solo musicalmente!) e forse, tra le classifiche stilate finora, questa è quella più “ragionata” e varia.
Come l’anno scorso, mi piace buttar giù due righe “informali” (un modo carino per dire “flusso di coscienza a caso”) riguardanti ogni album che ho incluso, più una playlist di 20 brani, 10 degli album di cui parlerò di seguito, altri 10 che ho apprezzato moltissimo, seppure di altri lavori, in ordine sparso.
10) Motta – La fine dei vent’anni
Per quanto mi riguarda, uno dei pochi che meritasse in pieno tutto l’hype che lo ha accompagnato. Un curriculum di tutto rispetto, ottima produzione, arrangiamenti non scontati, testi molto ben costruiti. Un lavoro orecchiabile ma mai, mai, mai banale. Da sentire assolutamente.
9) Fabio Cinti – Forze elastiche
Perché quest’anno la mia passione per il cantautorato ha trovato in questo lavoro un degno rappresentante. L’elettronica degli arrangiamenti alla Battiato, i testi dal taglio riflessivo e sarcastico che poco badano al politicamente corretto, senza disdegnare la dolcezza in molti episodi. La mano di Paolo Benvegnù si sente tutta e piace così.
8) Sorge – La guerra di domani
Perché Emidio Clementi con la voce ti catapulta dentro le cose da prospettive che non avresti mai guardato. E qui lo fa sui binari scarni, freddi e ripetitivi di un elettronica che scandisce il tempo e aiuta a focalizzare le cose. Un colpo all’anima.
7) Murubutu – L’uomo che viaggiava nel vento (e altri racconti di brezze e correnti)
Perché di rado a me piace il rap, lo devo ammettere. Invece questo album l’ho consumato. Murubutu ha tutta la maestria di chi fa musica e poco importa quale. Lontano da stereotipi e cliché che affliggono moltissimi lavori dello stesso genere, pure molto riusciti, gioca con le parole come pochi in Italia e lo fa in modo colto. Chapeau.
6) His Clancyness – Isolation Culture
Perché è un lavoro senza tempo, costruito come si faceva negli anni ’90 con le innovazioni di vent’anni dopo. E’ forse la cosa più vicina all’ “indie” per come lo intendo io, tra tutte le cose che ho ascoltato. Lo so che sono discorsi strani, ma insomma, che lo si ascolti, per capire!
5) Giorgio Tuma – This life denied me your love
Perché chiamatela suggestione natalizia, ma il pop orchestrale di questo album, pure con la riuscitissima collaborazione con Matilde Davoli, è in grado di catapultarmi sotto la neve del Nord Europa. Quando parte con la sua dolcezza e la sua completezza il tempo si ferma e arrivederci a tutti.
4) Leland did it – Tempo
Perché è la piega che prende l’elettronica quando le influenze new wave superano quelle pop ed è tutto amalgamato alla grande. Che tradotto, suona più o meno come “una bomba”. E’ ciò che avrebbero dovuto diventare i Bloc Party nel mio mondo ideale.
3) Soviet Soviet – Endless
Perché è, secondo me, la band italiana che meglio interpreta il post-punk e questo lavoro lo conferma. Atmosfere cupe, profonde, e le parti melodiche ben equilibrate, cosa non sempre scontata in lavori dello stesso genere. Il loro sound è subito riconoscibile e si fa fatica a trovare un pezzo non riuscito.
2) Nosound – Scintilla
Perché se nel 2016 una band italiana riesce a suonare un prog di tutto rispetto in giro per l’Europa e il mondo producendo lavori meravigliosi e in Italia la conoscono in pochissimi, allora abbiamo sbagliato qualcosa. Perle musicali che connettono la mente e il cuore. Sentire per redimersi.
1) Klimt 1918 – Sentimentale Jugend
Perché, uscito il 2 Dicembre, rischiavo di non sentirlo prima di stilare la classifica. Un giorno ho deciso di togliermi la curiosità per scrupolo. Era il mio album del 2016, del 2015 ed anche del 2014. E’ un viaggio che inizia e il più delle volte di fa fatica persino ad accorgersi del passaggio da un brano all’altro, perché, semplicemente, non importa. Shoegaze che quest’anno vince a man bassa senza nulla togliere agli altri meravigliosi lavori.