Scusate il ritardo – dicembre 2016

Portare avanti una webzine amatoriale di musica indipendente non è assolutamente facile. Lo si deve fare nel tempo libero, nei ritagli di tempo dopo il lavoro o lo studio, e lo si fa unicamente per passione. È capitato dunque – e continuerà a capitare specie in realtà come le nostre – che durante il corso dell’anno si siano trascurati dischi particolarmente ben riusciti per pura mancanza di tempo. Con questo articolo cerchiamo dunque di rimediare ad alcune nostre mancanze, consapevoli del fatto che molto è ancora da fare.

Gli Sportivi – Fuzz Days (2016, autoprodotto)
Secondo LP per questo duo veneziano attivo dal 2009. Il titolo dice molto sul suono di queste 11 canzoni, molto basato, appunto, sul fuzz, ma è necessario l’ascolto per cogliere la natura multiforme del disco, che punta moltissimo sulla varietà. Intanto, 5 degli 11 brani sono strumentali, e soprattutto, non si segue mai la forma canzone tradizionale, ma il tutto suona più come una serie di composizioni a schema libero, con possibilità, quindi, di spaziare sia dal punto di vista ritmico, che melodico, che sonoro. Il rischio, per un lavoro come questo, è quello di suonare come un mero esercizio di stile, e invece è sempre tutto perfettamente a fuoco e questi 28 minuti scorrono via che è un piacere. Un bel modo di creare qualcosa di nuovo e interessante con sonorità non certo innovative (Stefano Bartolotta)
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Ornaments – Drama (2016, INRI/Tannen Records)
Tornano a far parlare di sé gli Ornaments, a tre anni di distanza dal loro ultimo lavoro in studio (Pneumologic, 2013) rientrano in scena con un concept a tutto tondo. Drama nasce con alla base una necessità narrativa specifica che nei precedenti step non compare, quella di raccontare l’affascinante ma tragico Prometeo Incatenato, tratto dall’Eschilo, con il supporto del non casuale ordine della tracklist che ripercorre con minuzia il filo logico di ciò che viene raccontato. La delizia del racconto proviene, paradossalmente, anche dalle parti che nella tragedia non compaiono, passaggi, cioè, che la band ha architettato al fine di rendere la narrazione meno pedissequa e certamente più personale (come avviene in Efesto, i suoni rendono plausibile quello che Prometeo potrebbe sentirsi dire dal fratello nel momento in cui viene incatenato in prossimità di una rupe; o ancora in Oceano, qui l’immaginazione si fa ancora più fervida se si considera che la suadente voce femminile di Lili Refrain personifica il coro delle voci delle sorelle del protagonista, le Oceanine). È un disco che senza dubbio rappresenta un ulteriore passo in avanti per questi ragazzi provenienti chi da Mantova, chi da Carpi e chi da Bologna, uno di quei passi di cui facilmente ci si può infatuare. Che dire, ne attendiamo tanti altri (Andrea Martella)
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Murubutu – L’uomo che viaggiava nel vento (2016, Irma Records)
Di Alessio Mariani, a.k.a. Murubutu, diremo da subito che, oltre ad essere uno dei nomi più validi dell’hip-hop italiano, fondatore e voce del collettivo reggiano La Kattiveria, di professione fa l’insegnante di filosofia e storia. L’informazione, che di per sé è una curiosità come un’altra, in realtà riesce a dare un’idea di quella che è la natura dei suoi lavori, un rap pieno di poetica e riferimenti storici e letterari. Se da un punto di vista stilistico il suo quarto lavoro solista segue appieno questa linea, da un punto di vista tematico L’uomo che viaggiava nel vento è un concept album che mette, al centro della scena, il vento. Quest’ultimo si fa termine di paragone nelle storie di personaggi “comuni” e senza tempo, come in Scirocco, brano mozzafiato che si avvale della collaborazione di Rancore, o Grecale, sulle note di River flows in you di Yiruma; fa da sfondo in eventi storici, come ne L’armata perduta di Re Cambise, che andrebbe ascoltata sui banchi di scuola; funge da protagonista laddove la potenza descrittiva delle parole è talmente ben utilizzata da far passare le storie in secondo piano, come in Bora, che mette in risalto tutta l’abilità cantautorale di Mariani. La cura per il dettaglio è altissima e si nota a tutti i livelli. Un lavoro non trascurabile che rompe la distinzione tra i generi musicali, apprezzabile anche da parte di chi, pur non essendo particolarmente legato al rap, cerca un album di qualità e spessore, musicale e culturale (Marianna Bottiglieri)
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Violacida – La Migliore Età ( 2016, Maciste Dischi )
Dopo tre anni di assenza, La Milgiore Età segna il ritorno del quartetto lucchese dei Violacida. Un ritorno caratterizzato da una maturazione e crescita visibile sia nella scrittura sia nelle tematiche. Se nel precedente Storie Mancate la spensieratezza e l’adolescenza erano in primo piano, in questo nuovo lavoro si evince una maggiore consapevolezza e attenzione verso il tempo che scorre, l’inevitabilità delle cose e del mondo, che senza interpellarci continua a muoversi e imporsi nelle nostre vite. Uno sguardo critico, ma al tempo stesso carico di disillusione e amarezza. Questo senso malinconico, viene espresso attraverso un pop leggero e melodico che ricorda molto I Verdena, soprattutto in brani come Canzone Della Sera e Cos’è Una Distrazione, ma non mancano gli episodi più veloci e ritmanti come Temporale e Varanasi e i brani che si vestono di suoni vintage e psichedelici come Monte Blu e Occhi Chiusi. La Migliore Età è un disco con qualcosa da raccontare fatto di leggere e poliedriche melodie pop, che rivestono a dovere testi ricchi di emotività e sensibilità (Simona Ventrella)
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Isterica – Pensieri Parole Opere Omissioni (2016, autoprodotto)
Gira in questo finale di anno un disco a suo modo imperdibile ed eccellente per costruzione e impatto, pur se discontinuo in un paio di passaggi. Pensieri parole opere omissioni è l’album d’esordio del trio composto da Vania Comignani, Gino Russo e Damiano Bosica. Se cercate un disco che si distacchi dalla vena cantautorale contemporanea per affondare nel post punk – offrendo una lucida immagine di quegli anni – allora questo è l’album che fa per voi. Apre Il disco in maniera spensierata Barabba, spianando la strada a L’Università, un brano dotato di maggior spessore e consistenza nel testo. Il miglior estratto dall’album ci sembra essere Uomo, un pezzo che si erge a monito contro la violenza sulle donne, usando un mood che ricorda molto da vicino i Prozac+ di Testa plastica come fanno peraltro anche le precedenti due tracce e altri episodi del disco. Uno dei valori aggiunto degli Isterica risiede nel fatto che Damiano Bosica agisce anche da voce principale come fa nel pezzo Claudio, coadiuvato da Vania Comignani nei cori. Migranti, Rive Gauche e l’omonima Isterica sono pezzi che si ricordano favorevolmente. Eroi, in parte stridente con il resto dell’album, è piacevole e originale nella composizione, tanto da far pensare che potrebbe costituire le fondamenta su cui costruire il futuro degli Isterica. Il primo video ufficiale reso pubblico dalla band è stato Adrenalina, cover di Giuni Russo e abbastanza in linea con il pezzo originale pur se con una dichiarata vena punk che ne rende l’impatto sull’ascoltatore immediato (Marco Zuccaccia)
Guarda il video di Adrenalina su YouTube

Liede – Stare Bravi (2016, Costello’s)
Disco di debutto per il 27enne Francesco Roccati, di Torino. Il suo è un cantautorato squisitamente pop, con un suono pulito e leggero, basato molto più sui synth che non sulle chitarre, melodie ben definite e di facile ascolto e un timbro vocale che riprende tutte le caratteristiche ora specificate. È il classico disco che vuole risultare prima di tutto accattivante, grazie sia all’immediatezza che a un sottile equilibrio tra positività e attitudine da dandy decadente. Queste intenzioni sono concretizzate ottimamente e queste 9 canzoni per 30 minuti hanno tutto per catturare subito le attenzioni dell’ascoltatore, perché le scelte sono sempre azzeccate, sotto tutti i punti di vista, dal songwriting alla produzione artistica, al cantato, ai testi. Un bell’esempio di pop contemporaneo, capace di rappresentare il mondo dell’autore con realismo, in modo che vi si possano identificare in tanti (Stefano Bartolotta)
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