Gli EP del mese: maggio 2016
L’EP è ormai un formato sempre più diffuso per la pubblicazione di nuove canzoni da parte delle band, italiane e non. Spesso, purtroppo, chi scrive di musica tende a privilegiare la trattazione degli album, e questo crea il rischio che lavori assolutamente validi non abbiano lo spazio che si meriterebbero. Da questa considerazione è nata la nostra scelta di raggruppare mensilmente una serie di recensioni brevi sugli EP usciti nel periodo di riferimento, così che i nostri lettori possano avere uno sguardo d’insieme anche su questo tipo di pubblicazioni.
Giungla – Camo (Factory Flaws)
Bastano quattro brani ad Emaunuela Drei ex bassita di His Clancyness, e voce dei Heike Has The Giggles, per catturare l’attenzione con il suo esordio da solista. Camo EP è un disco ricco di elementi e pattern sonori che combinandosi tra di loro ottengono un risultato sempre diverso e interessante. Un’identità forte, ma al tempo stesso sensibile, che si mostra sotto molteplici sfumature per nulla lineari. Cold pop, algida e aggressiva, Wrong con la sua ritmica ripetuta e l’attitudine da club , Sand calda e avvolta dai riverberi dream, Forest ruvida e industrial. Prodotto, registrato e mixato da Federico Dragogna dei Ministri Camo Ep è un groviglio di elementi naturali, sensazioni ed emozioni che si mescolano, estremi che si toccano e si allontanano per un esordio da tenere sott’occhio (Simona Ventrella)
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Verano – s/t (Garrincha)
Dopo la militanza in Intercity e L’Officina Della Camomilla, Anna Viganò ha messo in piedi il proprio progetto solista. Questo è il primo EP, prodotto da Paletti, al quale seguirà un’intensa attività live, per la quale Anna sarà accompagnata da Riccardo Della Casa (Wemen), Gaetano Polignano e Ilaria Baia Curioni (entrambi già con L’Officina della Camomilla). Queste 5 canzoni cercano di unire un impianto da canzone classica italiana con suoni, invece, attuali e internazionali. C’è quindi molta più somiglianza con gli Intercity che con l’Officina, ma il suono è molto più fresco e snello, pur non mancando di cura nei dettagli. È proprio l’aspetto sonoro a rappresentare il maggior punto di forza dell’EP, grazie a scelte in fase di produzione e di arrangiamento sempre efficaci ma mai banali, con un ottimo tessuto dato dall’incrocio di chitarre e elementi digitali, una cosa che fanno in molti ma in questo caso l’idea è declinata anche con una buona personalità. I testi e il timbro vocale hanno entrambi un tono di alto profilo e si innestano bene su un suono con il quale, teoricamente, dovrebbero far fatica a associarsi. Anche le melodie sono buone, e in definitiva la prima prova è superata brillantemente. L’appunto che si potrebbe fare è che quel modo di scrivere canzoni e di cantarle è già stato fatto da tanti altri, lei compresa, però è d’uopo ripetere che accompagnarle con quel tipo di suono è una cosa piuttosto nuova e vale la pena seguire questo percorso appena iniziato per vedere dove porterà (Stefano Bartolotta)
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Nobody Cried For Dinosaurs – Ten Billion Years Later (Dischi Mancini)
Alla ricerca di qualcosa di assolutamente disimpegnato e, se possibile, brioso e solare: i Nobody Cried For Dinosaurs ci portano sull’isoletta tropicale in cui i balli intorno al fuoco si fanno con chitarrine sbarazzine che guardano al funky e ai Vampire Weekend, mentre i synth che fanno capolino ci invitano a muovere anca e bacino che la festa sta per cominciare. Un bicchiere di Piña Colada (come ci suggerisce il titolo di un brano) può essere decisamente un buon inizio, ma i nostri sanno anche darci la colonna sonora anche per il post party, quando c’è bisogno di relax e di dolcezze dopo tanto ballare: Mexico fa adeguatamente il suo lavoro in questo senso. Promossi! (Riccardo Cavrioli)
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Foxhound – Camera Obscura (Sangue Disken/Groove And Art Record)
La band piemontese passa da quattro a tre membri e questa riduzione della lineup segna anche una svolta dal punto di vista dei contenuti. Dopo due album nei quali il riferimento principale erano i Rapture, o comunque il quartetto rivedeva a proprio modo il cosiddetto punk-funk, ora che sono in tre i Foxhound si sono tranquillizzati e queste quattro canzoni non sono certo adatte alla pista da ballo come quelle del passato. Non manca comunque la vitalità ritmica e la cosa più importante è che il livello si è alzato sotto tutti i punti di vista: ispirazione melodica, espressività vocale, efficacia e varietà del suono sono tutti aspetti nei quali il miglioramento è evidente. Probabilmente è stato importante essersi affidati a un produttore come Mario Conte, già al lavoro con Meg e Colapesce. Con questo lavoro, il percorso dei Foxhound si fa di colpo molto più interessante: se vogliamo, è la stessa strada che avevano tentato di prendere i mai troppo rimpianti Trabant, ma stavolta si spera che questo sia solo l’inizio di esplorazioni più ampie e soprattutto fruttuose (Stefano Bartolotta)
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Luca Dai – Sulla fronte della mia città (autoprodotto)
Dopo diversi anni di collaborazioni e apparizioni sia live che in studio il cantautore brianzolo Luca Dai si autoproduce quattro brani facendosi aiutare da, tra gli altri, Luca Bossi(basso, tastiere e piano per Edda).
Quattro brani scritti con la consapevolezza di chi ha veramente qualcosa da dire e suonati in modo magistrale. La voce di Luca è sempre intorno alle atmosfere evocative ed eteree, ma mai troppo definite tanto che può ricordare le atmosfere del Damien Jurado più intimo, oppure il Rino Gaetano più colorito. Nei primi due brani (Ultimo giro e Thay) i testi sono accessori alla musica e sembrano acquarelli più che storie in senso compiuto. Invece le due successive tracce (Ristorante sul dove vuoi e Come plastica) raccontano di momenti intimi ed eterei. Un pugno di brani molto maturi, ricco di suoni che mostra tutte le qualità compositive dell’autore. Una premessa che fa ben sperare per l’esordio su lunga distanza (Raffaele Concollato)
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Azimut – Resistenza (New Model Label)
Veicolano trame indie-pop rock filo britanniche i ragazzi di Borgomanero, in un biglietto da visita di 5 brani. Il guitar pop degli anni 2000, quello che lavora sul ritmo dei Franz Ferdinand ma che nello stesso tempo non disdegna riff robusti e sonici. Piace il lavoro di basso e batteria che incalzano decisamente bene, lavorando sugli stacchi e i cambi di tempo in modo egregio, mentre le melodie sanno essere ben congegnate. Sala D’attesa è ottimo esempio di quanto appena detto, con gli elementi che si amalgamano alla perfezione e la chitarra che fa sentire i suoi squilli in modo deciso, scintillando senza sosta per tutto il brano. Piccola Pausa mi riporta alla mente (non chiedetemi perché ma è così) So Alive di Ryan Adams quando si lancia nel ritornello, ma in realtà è una canzone che ci porta sulle montagne russe, con gli strumenti che dialogano ancora in modo mirabile. Abbraccio Vago punta al corettone da stadio e anche qui la missione è compiuta. Per ora un biglietto da visita più che interessante (Riccardo Cavrioli)
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