Teatro degli orrori, Bachi da Pietra @TPO, Bologna

In occasione dell’uscita dell’omonimo disco, è partito il carrarmatorock del Teatro degli orrori, che sta infiammando i palchi di mezza Italia.

Stasera, il rock potente ed irriverente del Teatro va in scena al TPO (Teatro polivalente occupato) di Bologna.

Lo sanno tutti che la storia non si fa con i se e con i ma…” canta Pierpaolo Capovilla, frontman del Teatro degli orrori. Senza se e senza ma, la “storia” che qui si narra ha come protagonisti musica, persone, passione.

Ad aprire le danze sono i Bachi da Pietra. Impressionano lapresenza, l’energia, la forza e violenza promanate dalla voce e dalla chitarra urlante di Succi, così come la martellante batteria di Dorella.

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Black metal is my folk combatti nel nome del rock ‘n roll: scorrono i brani dell’ultimissimo disco: Black metal is my folk, Fascite necroide, Slayer and the family stone. Non mancano pezzi dei precedenti album, uno per tutti, Paolo il tarlo. Duri come la pietra, i Bachi, col loro ritmo sostenuto e nervosissimo, colpiscono e feriscono a suon di riff taglienti; aguzzi come schegge di un minerale grezzo e lavorato al contempo. Come un tarlo che scava, insidioso, il sound del duo lombardo è erosivo. La loro potenza muscolare percuote il pubblico scatenatissimo.

Dopo circa un’ora di furia sonora, i Bachi abbandonano il palco, ringraziando i presenti.

E’ il momento del Teatro degli orrori.

Sappiamo già che la prima parte del live sarà dedicata ai pezzi del nuovo album. Sono trascorsi poco più di due mesi dall’uscita del disco, il tempo necessario per ascoltarlo; apprezzarlo o criticarlo, accettarlo o rifiutarlo.

La musica del Teatro degli orrori ed il personaggio carismatico di Capovilla sono da sempre controversi, hanno sempre diviso le persone e la critica, tra forti sostenitori e decisi detrattori.

In altre parole, il Teatro lo si ama oppure no. Non ci sono vie di mezzo. Non ci sono sfumature. Bianco o nero. Come la loro musica ed i loro testi.

Una cosa è certa: se siamo qui stasera, se il TPO è pieno, se il concerto è sold out, è perché questo disco ci è piaciuto (tanto) e siamo impazienti di sentirlo dal vivo.

Si spengono le luci, l’atmosfera si fa pesante. Si intravedono sagome raggiungere le rispettive postazioni e, improvvisamente, avviene l’esplosione: la formazione veneta picchia duro, ci dà dentro fin da subito.

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Eeeeeeeeeeehh, dai, vai, dai dai dai dai, e vai e vai! Ahahah: si parte con Disinteressati e indifferenti. Il particolare equilibrio capovilliano tra cantato, recitato e parlato è accompagnato da un muro sonoro sconvolgente, che giunge potentissimo, diffondendosi per tutto il locale e scuotendo corpo e mente.

Da considerare, infatti, che alla consolidata formazione Capovilla – Valente – Mirai – Favero, si sono aggiunti Marcello Batelli alla chitarra e Kole Laka alle tastiere, e quel che viene fuori è un Teatro degli orrori ruggente, cattivo, graffiante. La differenza c’è, si sente nel disco e, ancor di più, si vive sulla propria pelle durante il concerto.

Come un uragano che si scaglia violento, la musica del TDO diventa un turbine che trascina, impatta, schianta, devasta. Si prosegue con La paura, Lavorare stanca, Cazzotti e suppliche; eseguite senza interruzioni, con una furia inarrestabile. I pezzi del nuovo disco presentano una carica aggressiva elevatissima, nei testi e nei suoni.

A squarciagola si canta, si salta sopra e sotto il palco. Pogo e stage diving continuo, anche per Pierpaolo Capovilla, che non resiste a lanciarsi, più e più volte, sulla folla esaltata.

La brutalità sonora dei primi brani viene placata da Una donna, dolce e suggestiva; un brano evocativo e tormentato. Tensione ed emozione per Genova, “per non dimenticare la nostra storia” che dal vivo fa ancora più male.

Slint è splendidamente suonata. Le luci blu contribuiscono a creare un’atmosfera scura e sinistra, pesante e asfissiante. Momento meraviglioso.

Scorrono i pezzi, uno dopo l’altro, senza accorgersene. La temperatura è alta, altissima; tra le prime file si suda, e anche il Teatro gronda sudore, a dimostrazione del trasporto e della passione ardente impiegata. E’ un dare e avere reciproco: il pubblico vuole sentire questo rock viscerale, e il TDO è ben lieto di offrirlo, traendo dalla sua platea la sua linfa vitale, la sua irresistibile forza.

I toni si smorzano, l’aria diventa più leggera con Una giornata di sole, ottimista e raggiante.

Finisce così il primo atto dello spettacolo dedicato al nuovo album. Le aspettative di sentirlo dal vivo sono più che soddisfatte. Live rende bene, benissimo; forse anche meglio che su disco.

La band scompare, ma solo per pochi minuti; torna presto sul palco, acclamato più che mai per ricominciare con il secondo atto, quello dedicato al passato. E’ colpa mia, Non vedo l’ora, Compagna Teresa, Il turbamento della gelosia, si dimostrano veri e propri cavalli di battaglia, che vengono urlati e sentiti dal pubblico.

La grande forza del Teatro degli orrori risiede proprio nella loro naturale capacità di essere diretti ed immediati, nella musica e nelle parole. Pochi gruppi riescono a trascinare e coinvolgere così. E’ naturale, quindi, che certe canzoni siano destinate a diventare “brani storici”, in grado di emozionare sempre, oggi come ieri: A sangue freddo e La canzone di Tom ne sono degli esempi. È proprio con quest’ultima che lo spettacolo si conclude, cala il sipario, dopo più di due ore.

Non c’è che dire, il Teatro degli orrori dal vivo è un’autentica macchina da guerra. Provare per credere.

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