Giardini di Mirò @ Parco del Cavaticcio, Bologna, 11/06/2019

Chi l’ha detto che la poesia può essere solo espressa attraverso le parole? Chi ne è convinto non ha mai ascoltato i Giardini di Mirò. Qualcuno ha detto “la prima volta non si scorda mai”. La mia prima volta fu al Covo Club di Bologna – ottobre 2016 – per il tour dedicato all’anniversario di Rise and Fall of Accademic Drifting. Fu un’esperienza intensa, potente come poche.

Sul finire del 2018, il ritorno della band con il nuovo disco Different Times; probabilmente la migliore uscita italiana dell’anno. Non potevo certamente perdere l’occasione di rinnovare quel ricordo – ancora lucido – al Locomotiv Club, qui, nel capoluogo emiliano. Una scaletta straordinaria, che proponeva i pezzi inediti, ma non dimenticava comunque il passato.

Con l’arrivo della bella stagione i Giardini sono nuovamente in viaggio, e il Different Times Tour fa tappa a Bologna. Il contesto è quello del Parco del Cavaticcio; l’occasione è la consueta rassegna di eventi musicali collegata al Biografim festival, che la settimana prima aveva ospitato sullo stesso palco i mitici fratelli Winstons.

Tutto pronto per l’arrivo dei Giardini di Mirò: poco prima delle 22,00 si spengono le luci, la scritta Different times appare luminosa sullo sfondo.

Si parte proprio con Different Times. In men che non si dica l’atmosfera si fa rarefatta: ci sono la quiete e la tempesta, il sole e le nuvole, la notte e il giorno che convivono in questi dieci minuti di pura poesia strumentale. Il suono arriva potente e deciso al pubblico, che rimane travolto e sconvolto da una ondata straordinaria di energia e di magia. Dolcemente devastante. Le chitarre iniziali di Hold on sono tiepide carezze che scaldano il cuore; ma si tramutano in un abbraccio caloroso assumendo toni shoegaze.

L’emozione è destinata a crescere con Broken by, uno dei miei pezzi preferiti. Riesce sempre a creare quello stato di turbamento misto a non so cosa. Dal vivo, mi commuove e mi fa tornare adolescente. Con Pearl Harbor e Pet life saver: ogni pensiero svanisce e diventa nebbia, si precipita in uno stato di catarsi e purificazione dei sensi. Per un attimo rinvengo da questa condizione di alienazione, e mi rendo conto che non sono sola. Dopotutto è questo quello che dovrebbe fare la musica: suscitare emozioni forti, diverse e contrastanti, e quella dei GDM riesce a farlo benissimo.

Sul palco tutto questo è estremamente amplificato, complice il fatto di vedere e sentire sotto pelle e sulla pelle quell’architettura musicale strabiliante, costruita da chitarre, violino, trombe, basso, batteria, piano, che si incastrano alla perfezione. Il tempo scivola via senza che il pubblico se ne renda conto, e si giunge al termine. I Giardini di Mirò ci salutano con Don’t Lie e A new start. Io torno a casa pensando che “la prima volta non si scorda mai” è una menzogna. Ogni volta è sempre memorabile.

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