Colapesce @ Teatro Franco Parenti, Milano
Noi appassionati di musica siamo prima di tutto dei fan e, in quanto tali, le gerarchie di chi ci piace di più o di meno sono dettate da motivazioni non sempre razionali. Poi, però, capita di trovarsi di fronte a ceti artisti e a certi spettacoli che mettono tanta voglia di sovvertirle, queste gerarchie, e di mettere in cima a esse chi è stato in grado, nel giro di pochi mesi, di realizzare un disco e due diverse performance da urlo. Alla fine è giusto che ognuno mantenga le proprie preferenze stabilite in base a input che poco hanno a che fare con la critica, però è anche bello ogni tanto cercare di essere obiettivi nello stabilire chi sia il migliore in qualcosa. Dopo lo splendido disco uscito lo scorso febbraio e i due diversi spettacoli di Milano, mi sento di dire che attualmente, in Italia, Colapesce è il migliore per quanto riguarda la realizzazione di canzoni nel senso più classico del termine.
Sui meriti dell’artista siciliano per quanto riguarda il suo lavoro su disco, abbiamo già un’esauriente recensione che spiega bene tutto. Qui mi concentro, quindi, sull’aspetto live, declinato in due forme diversa distanza di poche ore nella stessa location teatrale. Nel tardo pomeriggio c’è stato un set acustico, poi, dopo circa tre ore, Colapesce e la sua band si sono riproposti in elettrico. In totale il Nostro e i suoi musicisti hanno suonato per circa due ore e mezza, con tante canzoni in comune tra le due performance ma con una fantasia interpretativa davvero fervida che non solo ha tenuto costantemente altissimo l’interesse dei numerosi ascoltatori, molti dei quali hanno fatto la doppietta, ma ha dato loro una sorta di senso di stupore bambino, nel senso che sembrava di essere degli esseri umani puri di cuore e di animo che si trovano di fronte alle meraviglie della vita e non sanno come reagire.
Il set acustico era una sorta di esperimento, condotto con maestria dall’interprete principale e dai suoi scudieri. La band che accompagna Colapesce è formata da quattro musicisti, ma in questa prima parte di spettacolo la lineup sul palco era in continuo divenire, così poteva capitare che ci fosse solo una tastiera oppure un violino ad accompagnare la voce, oppure che ci fossero anche delle chitarre e che gli strumenti si moltiplicassero. È stato un continuo plasmare la parte musicale a seconda di ciò che richiedeva il brano, che fosse una versione più o meno fedele a quella su disco, oppure un qualcosa di completamente diverso che lo trasformasse quasi in una canzone nuova. Accanto a versioni ottimamente riuscite ma che potrebbero essere semplicemente descritte come una rilettura “stripped down” dei brani come li conosciamo, ci sono stati tanti altri momenti di snaturamento totale del lavoro in studio, e ogni volta era tutto molto stimolante, appagante e stupefacente, nel senso descritto sopra. A far sì che queste nuove suggestioni fossero ancora più ricche e intense, c’è stato il lavoro di Alessandro Baronciani, che disegnava in diretta acquerelli che fossero in tema con il titolo della canzone e con quanto viene rappresentato dal testo. Alcuni momenti sono stati davvero indescrivibili, su tutti Egomostro, Sottocoperta e Foglie Appese, proprio per il sincronismo perfetto tra il lato musicale che già di suo era fantastico e quello artistico-visivo che sembrava proprio la rappresentazione plastica di come si formano le sensazioni nell’animo umano. Come in tutti gli esperimenti, alcuni passaggi meno riusciti ci sono stati, ma i picchi sono stati così alti che davvero la magia di questa performance non è stata assolutamente inficiata da quel paio di piccoli passaggi sotto uno standard davvero elevatissimo.
Il set elettrico era invece decisamente consolidato, visto che era quello che la band sta portando in giro attualmente. Questo comunque non significa che qui il live sia semplicemente una trasposizione sul palco di quanto è presente sui dischi, poiché anche in questo caso le variazioni non sono mancate. Certo, il carattere molto terreno e poco onirico di questo set non ha portato l’ascoltatore alle altezze quasi spirituali della parte acustica, però l’impatto non è mancato e anche qui i cambiamenti rispetto a quanto noto sono stati sempre azzeccatissimi e capaci di trascinare e emozionare, con l’ulteriore vantaggi oche qui di momenti sotto media non si può proprio parlare, ma tutto era perfettamente a fuoco. Anche in questo caso c’è stato un po’ di attenzione all’aspetto visivo, grazie al completo rosa davvero bello indossato da quasi tutti i musicisti e al momento in cui il tastierista si è allontanato dalla sua postazione per avvicinarsi al leader suonando quella sorta di tastierina con manico resa famosa da Sandy Marton. È stato molto bravo Colapesce verso la fine a giocare un po’ col pubblico e con la sua voglia di cantare i ritornelli delle canzoni più celebrate e poi a far accendere le luci in sala, intonando senza amplificazione con solo la sua chitarra e il violino una cover di Summer On A Solitary Beach per il compleanno di Franco Battiato.
Insomma, chi è stato al Franco Parenti è senz’altro tornato a casa con la convinzione che ognuno può benissimo avere le proprie preferenze personali, ma se si vuole essere un minimo obiettivi, nessuno al momento è bravo quanto Colapesce nel fare quello che fa.
Quest’ultima foto è di Marianna Bottiglieri