Thegiornalisti – Completamente Sold Out
GENERE: pop
PROTAGONISTI: Tommaso Paradiso, Marco Primavera, Marco Antonio Musella
SEGNI PARTICOLARI: quarto disco per la band romana, il primo per Carosello. Con questo lavoro, la popolarità del trio è cresciuta a dismisura, con tanto di apparizioni televisive nei programmi più seguiti e concerti in posti sempre più grandi.
INGREDIENTI: dopo che il precedente Fuoricampo aveva a sua volta dato alla band un bell’aumento di popolarità, era normale che Tommaso Paradiso e soci proseguissero su quella strada dal punto di vista del suono e del songwriting: infatti, le tastiere anni Ottanta sono ancora lì a dominare, e le melodie sono parimenti rotonde e di grande immediatezza. Non si deve, però, pensare a una copia di quanto fatto nel 2014: ci sono molti più dettagli e strutturazioni per quanto riguarda la produzione artistica, mentre dal punto di vista del timbro vocale, Paradiso vira verso il suo tanto amato Vasco Rossi, quello degli anni Ottanta che ancora non cantava come la caricatura di se stesso; inoltre, i testi sono più personali e intimisti, con un punto di vista molto focalizzato su quanto situazioni e stati d’animo scomodi possano al contempo fungere da linfa vitale.
DENSITÀ DI QUALITÀ: Paradiso e i suoi sodali sono riusciti in un’impresa che sognano in tanti: realizzare un disco formalmente impeccabile e che ha l’appeal giusto per piacere davvero a tutti. È inutile star qui a parlare di indie contro mainstream, perché queste canzoni hanno dei punti di forza sui quali è difficile discutere se si vuole analizzare il disco in modo critico e razionale. Dal punto di vista melodico, il disco è catchy dal primo all’ultimo secondo, sia nelle melodie principali che in quelle dei giri strumentali che le accompagnano; le armonie sonore aumentano questo capacità di acchiappare l’attenzione dell’ascoltatore; il timbro vocale è quello giusto per dare ulteriore concretezza al risultato finale e i testi mettono in mostra sincerità e realismo senza eccessiva retorica. Il problema di questo album è, appunto, l’essere un album, che in quanto tale è composto da un buon numero di canzoni, e ascoltarle tutte e 11 una in fila all’altra può risultare difficile, proprio per via dello scopo principale del disco, che, come detto, è quello di acchiappare l’attenzione dell’ascoltatore. Quando la ragione di essere di un disco intero è questa, e pertanto necessariamente la band forza un po’ la mano, la piacevolezza dell’ascolto può affievolirsi man mano e la descritta impeccabilità formale rischia di trasformarsi in un boomerang. Più si va avanti con queste melodie così volutamente precise, questi suoni così intenzionalmente levigati, questa voce così perfettamente studiata e questi testi con gli stati d’animo così ostentatamente esposti, la reazione che si può scatenare nell’ascoltatore può riassumersi con la semplice espressione “anche meno”. Il pop dovrebbe metter voglia di essere ascoltato per ore, non rischiare di dare una sensazione di sovraccarico dopo nemmeno metà disco.
VELOCITÀ: media.
IL TESTO: “Oh, ciao Matilde, è tardissimo, sto tornando a casa e ti volevo dire che sono completamente fatto. Fatto di te” l’ormai celebre nota vocale che segna l’incipit di Fatto Di Te è il momento che ha le maggiori possibilità di suscitare l’”anche meno” di cui sopra.
LA DICHIARAZIONE:“Volevo scrivere un disco estremamente pop: tutte canzoni sing-along con il ritornellone e le strofone. Abbiamo usato il Juno, un synth tipico anni ’80 che oggi piace un sacco a gruppi come Beach House, Future Islands, M83”, da un’intervista a Rolling Stone.