Interview: Drifting Mines

Guidati da Adalberto Correale, i romani Drifting Mines hanno recentemente pubblicato il loro secondo album ‘Comeback’, un concentrato di pura energia rock’n’roll. Li abbiamo contattati per toglierci qualche curiosità: ecco cosa ci ha risposto il leader del gruppo Correale.

I Drifting Mines sono una realtà musicale “nuova ma vecchia”, nel senso che ciò che proponete riprende grandi stili passati ma fortemente intrisi di innovazione. Partendo da questo presupposto, vi considerate più band “d’altri tempi”, nel senso che è solo di passato che volete “nutrirvi”, oppure questo è solo l’inizio verso direttive nuove?

Ci consideriamo il rock n roll del presente, l’ evoluzione del rock n roll. Nel disco trovi cottonfield blues una personale rielaborazione di cottonfield blues part 2, canzone del 1929 di Garfield Akers (considerata da molti la prima testimonianza registrata di rock n roll). Direttamente dal 1929 ed ora suona così, questo è il rock n roll del 2014, il nostro. Abbiamo suoni e mescoliamo elementi che prima non erano mai stati fatti in questo modo, nessuna band suona come noi, siamo unici. Mi nutro della musica del passato che più mi piace per creare la mia musica attuale.

L’idea di dare un titolo come ‘Comeback’ al vostro ultimo lavoro scaturisce proprio dal fatto di voler evocare atmosfere musicali leggermente dimenticate oppure è stata solo un’idea senza particolari motivazioni alla base?

‘Comeback’ significa semplicemente: Ritorno. Vuole dire: abbiamo fatto il primo album ora ritorniamo sulle scene con il secondo. Il nome è ispirato al 68’Comeback di Elvis, ovvero quando tornò a suonare live.

Al di là delle ispirazioni stilistiche generali di cui sopra, ci sono gruppi all’interno di esse che amate particolarmente? La loro influenza si sente anche nel disco?

Mi piace il delta blues viscerale, il rockabilly, gli artisti della Sun records, Hasil Adkins, Link Wray e tanti altri, band come i Rolling Stones, Creedence Clearwater Revival, Doors, Stooges, Gun Club. Nel disco c’è un omaggio a John Lee Hooker (puoi sentire il richiamo a boogie chillen’ nel riff di Like A Driftin’ Mine).

Lo stile che proponete è nato per caso o quando vi siete ritrovati a suonare insieme avevate le idee chiare su cosa avreste voluto proporre al pubblico?

E’ uno stile personale. A partire dalla formazione attuale a 3: chitarra, tastiera e batteria. Non abbiamo un bassista, ma a coprire quelle frequenze ci pensano gli intrecci di chitarra e tastiera (che in quasi tutti i pezzi suona le line di basso). Il tutto nasce molto semplicemente; compongo istintivamente una canzone con la chitarra, poi in sala prove la suono alla band che si accoda ed insieme facciamo l’ arrangiamento finale. Usiamo spesso suoni esotici.

Avreste preferito nascere, come band intendo, trent’anni fa, nel pieno del fervore che ha caratterizzato quegli anni ma che avrebbe sicuramente favorito la divulgazione della vostra musica, o vi “accontentate” di appartenere ai tempi odierni e preferite imporvi proprio per dimostrare che il vostro è un genere che vale?

Sarebbe stato divertente come band nascere ed imporsi negli anni 50 e 60.

Parlando in generale, secondo voi quali sono le affinità e le divergenze tra passato e presente nella musica che non ha a che vedere con il mainstream?

La sostanziale differenza ruota intorno ai soldi, alle mode e quindi nello specifico ai media; ad esempio una major con la pubblicità può far diventare improvvisamente mainstream e di moda un artista che fa musica alternativa.

Avete idea del perché attualmente ci sia quest’aura di indifferenza attorno alla scena musicale non commerciale? È attinente al fatto che “la gente non abbia neanche i soldi per comprare il pane, figuriamoci per i dischi” o questo disinteresse non è figlio di motivazioni economiche?

Alla fine è tutto relativo, i Rolling Stones non erano/sono esattamente quello che tu intendi per “commerciale” eppure eccoli lì. Tutto dipende dalla pubblicità che hai. Comunque la crisi economica c’è anche nella musica.

E voi come ascoltatori, come vedete la situazione odierna, in Italia e fuori? Si fa fatica a trovare cose valide oppure lo stato di salute della musica indipendente nel suo complesso è buono?

Qualcosa di buono c’è, ad esempio i Sacri Cuori, gli Spiritual Front, Winston & Keyra Gaz in Italia e Hank 3, Those Poor Bastards, Legendary shack shakers, Jam Messengers, Chicken Snake, Tito & Tarantula in America. Poi ci sono pezzi di storia come il grande Tav Falco con i suoi Panther Burns che ancora fanno grandi concerti e bei dischi.

Per quanto riguarda l’Italia, secondo voi è possibile descrivere in modo generale gli errori commessi da chi inizia a fare musica? Se sì, a cosa possono essere dovuti?

Forse la mancanza di un identità di uno stile e personalità proprie.

Grazie ai Drifting Mines!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *